Non dimentichiamo il massacro di Tienanmen

di Domenico Bonvegna

Vent’anni fa tra la notte del 3 e del 4 giugno 1989 la massiccia protesta giovanile dei giovani studenti cinesi veniva soffocata nel sangue dai carri armati dell’esercito "per la liberazione del Popolo". Secondo organizzazioni internazionali (Croce Rossa e Amnesty International) oltre 2600 persone sono state uccise quella notte nella piazza Tienanmen e nelle vie adiacenti di Pechino e almeno 20 mila persone sono state arrestate nei giorni seguenti, mettendo fine al "sogno della democrazia". Il movimento non violento – scrive Asianews – chiedeva "più democrazia e meno corruzione"al Partito comunista che, avendo intrapreso alcune modernizzazioni economiche, resisteva ad attuare le riforme politiche. Per settimane giovani da tutta la Cina hanno sostato nella piazza più grande del mondo, sostenuti dalla popolazione di Pechino e attendendo un’apertura e il dialogo con la leadership. Il leader del Partito comunista cinese Deng Xiaoping, temendo una rivoluzione giovanile, ordinò il massacro. Da allora, il Partito ha cercato di cancellare la memoria del massacro, giustificandolo talvolta come "il male minore", il prezzo pagato per garantire la "stabilità"e raggiungere lo sviluppo economico che ne è seguito. Ogni anno il 4 giugno il silenzio è d’obbligo in Cina, il governo comunista fa di tutto per non ricordare, i dissidenti vengono messi agli arresti e i controlli vengono aumentati. Ma non dimenticano, soprattutto i genitori che hanno avuto i figli falcidiati dall’esercito, raccolti in un’associazione chiamata "Madri di Tiananmen" domandano al Partito di conoscere la verità sul bagno di sangue, su chi ha dato l’ordine, sul perché.
Hanno ricordato il massacro di Tienanmen oltre 8 mila persone a Hong Kong, fra i dimostranti vi era anche XiongYan, uno dei leader del movimento di 20 anni fa, che oggi vive negli Usa come cappellano dell’esercito. Fra gli slogan scanditi lungo il percorso vi è uno che diceva: "Passa la torcia, trasmetti il messaggio della democrazia a quelli che vengono dopo di noi". Ogni anno a Hong Kong, il 4 giugno, si celebra una grande veglia a ricordo degli uccisi di Tiananmen. Nel Victoria Park, dove ha luogo, si radunano decine di migliaia di persone. Negli anni in cui il card. Joseph Zen è stato vescovo di Hong Kong egli ha sempre partecipato in prima persona alla veglia di preghiera che precedeva il grande raduno Il prossimo anno spero che saremo qui a celebrare una vittoria – ha detto il cardinale – ovvero il riconoscimento del valore dei martiri di Tiananmen come eroi patriottici e dell’errore commesso da governo nel sopprimerli.
Da qualche giorno il sito Asianews ben diretto da padre Bernardo Cervellera, per aiutare i giovani di tutto il mondo – anche i cinesi – a conoscere cosa è il "massacro di Tiananmen", senza farsi manipolare dalle invenzioni del potere, presenta una serie di testimonianze offerte dai protagonisti di quei giorni. La memoria del passato serve a non ripetere gli errori nel futuro – Scrive Cervellera – Purtroppo la Cina sembra dirigersi in modi molto pericolosi verso una ripetizione amplificata di quel massacro. Questa volta le vittime sono operai, contadini, studenti, lavoratori migranti che a centinaia di milioni non godono del benessere creato dall’attuale sviluppo economico, segnato – proprio come 20 anni fa – dalla corruzione dei membri del Partito e dalla mancanza di democrazia e di dialogo.
Asianews inizia a presentare la storia di Lu Decheng, YuZhijan, YuDongyue, nella notte del massacro i tre si trovavano già in carcere, avevano imbrattato il grande ritratto di Mao Zedong che sovrasta l’entrata del Palazzo imperiale. Era la prima volta che veniva "offesa"la memoria del dittatore che aveva decretato la morte di decine di milioni di cinesi. Ma il giovane che tutto il mondo ricorda è WangWeiming, l’omino in bianco e neroche ha fermato la colonna dei tanknon sappiamo se è vivo o morto – afferma Lu – Mi auguro sempre che qualcuno si mobiliti e si venga a sapere la verità su di lui, anche se è difficile perché quella immagine non fa vedere il suo volto. Inoltre l’esule cinese si augura che la comunità internazionale non perda d’occhio la Cina: solo se si risolve la questione cinese, allora ci sarà la pace nel mondo. Faccio presente che il Partito comunista cinese sostiene la dittatura della Corea del Nord, il Vietnam, il Venezuela, il Sudan, il Pakistan e quindi è collegato anche con il fondamentalismo islamico.

2 giugno 2009