UN PONTIFICATO DIVERSO, GIOVANE, VIGOROSO, EVANGELICO

Prima di continuare la mia ricerca studio su San Giovanni Paolo II, è opportuno fare una precisazione, che riprendo dalla biografia su Giovanni Paolo II di Andrea Riccardi, dove faceva sue le parole del grande pensatore russo Pavel Florenskij: “scrivo e so di disperdermi, perché non posso dire in una volta sola tutto ciò che si affolla nella mia coscienza”. Riccardi faceva questa citazione per giustificare la sua inadeguatezza di fronte alla complessità della vicenda di Karol Wojtyla e chiaramente anche il mio studio non può che essere selettivo ed estremamente parziale. “Una volta eletto papa, nel 1978, si è misurato con la crisi del cattolicesimo, con un Occidente secolarizzato e con un marxismo dai tanti volti. Tutti ricordano il suo primo messaggio, modellato sull’espressione evangelica: ‘Non abbiate paura!’” (A. Riccardi, Giovanni Paolo II. La biografia, San Paolo, 2010). “Per più di dieci anni Giovanni Paolo II si è misurato con il comunismo, sino alla caduta del Muro. E’ stato un papa ‘vincitore’ nel confronto con l’impero sovietico a cui, negli anni settanta e ottanta, la maggior parte degli osservatori attribuiva una lunga vita. Quindi un papa politico? – si domanda Riccardi – Chi ha presente la dimensione spirituale, l’aspetto mistico e la preghiera di papa Wojtyla non può affermare il contrario: la fede è stato il cuore del pontificato incentrato essenzialmente nella comunicazione del messaggio del Vangelo su tutte le latitudini”. Karol Wojtyla era convinto che il cristianesimo rappresentasse una “forza di liberazione dell’uomo e dei popoli”, poteva trasformare in qualche modo non solo le persone, ma anche la storia delle nazioni. “Questa è stata anche la vicenda della ‘liberazione’ della Polonia dal comunismo, in cui il papa ha giocato un ruolo di primo piano”. Per molti anni Wojtyla ha rappresentato per i cristiani e anche per quelli che non lo erano, la “forza di sperare”. Giovanni Paolo II, era convinto, che “tutto può cambiare. Dipende da ciascuno di noi. Ognuno può sviluppare in se stesso il proprio potenziale di fede”. Queste parole, sono vere anche per il nostro momento di buio storico che stiamo vivendo, dove sembra che tutto è perduto. Ritornando alla monumentale biografia del teologo americano George Weigel, il papa venuto da un paese lontano, si sentì a suo agio nel suo nuovo ruolo fin dal primo giorno, non si può dire la stessa cosa per gli ecclesiastici della Curia romana. “La stampa internazionale, i dirigenti sovietici e il collegio cardinalizio furono tutti scossi, ciascuno in modo diverso, dall’elezione di Giovanni Paolo II – Scrive Weigel – Ma i più sconvolti di tutti furono i preti, i vescovi e i cardinali italiani della curia”. Fin dal primo momento Giovanni Paolo II dimostrò di non essere un uomo che si sarebbe lasciato guidare. Lo aveva attestato a Cracovia dove controllava tutto lui.“Wojtyla era totalmente estraneo agli intrighi burocratici e ad altre inezie istituzionali, e perciò poteva ignorare molte delle cose che agitavano, o addirittura ossessionavano, alcuni dei suoi collaboratori”. Pertanto il Pontefice invece di consumare le sue energie nella lotta contro la curia, ha scelto di guidare la Chiesa incarnando un modello nuovo di pontificato per incidere sul piano pastorale ed evangelico. Non chiese mai a nessuno il permesso di continuare a fare quello che aveva fatto nella cattedra di Stanislao. Il suo primo e definitivo dovere, disse ai cardinali, era dare completa esecuzione alle norme del Concilio Vaticano II, che costituiva “una pietra miliare nella storia millenaria della Chiesa”. Pertanto bisognava che tutti il clero riprendesse “in mano la ‘magna charta’ conciliare, che è la Costituzione dogmatica sulla Chiesa, per una rinnovata e corroborante meditazione sulla natura e sulla funzione, sul modo di essere e di operare della Chiesa”. Era una strategia che aveva discusso con l’allora cardinale Ratzinger: la proposta della Chiesa al mondo moderno doveva avere carattere prettamente cattolico e cristiano se la Chiesa voleva adempiere alla sua missione unica al mondo. Successivamente Giovanni Paolo II si dedicò alla grande causa dell’unità dei cristiani, alla costruzione della pace e della giustizia fra le nazioni, con particolare riferimento alla libertà religiosa. Un tema sempre attuale, viste le ultime dolorose notizie che provengono dalla Siria e dalla Nigeria, dove i cristiani subiscono un vero e proprio genocidio. Per Giovanni Paolo II, la vera e unica cartina di tornasole per una società giusta, è quella della libertà religiosa. Sono belle le paroleche il giovane papa polacco una settimana dopo la sua elezione, rivolge al primate di Polonia, cardinale Wyszynski: “(…)Non ci sarebbe sulla cattedra di Pietro questo Papa polacco, che oggi, pieno di timore di Dio, ma anche di fiducia, inizia un nuovo pontificato, se non ci fosse la tua fede che non ha indietreggiato dinanzi al carcere e alle sofferenze”. Wyszynski tentò anche questa volta di genuflettersi e di baciare l’anello al Santo Padre, e anche questa volta Giovanni Paolo II si chinò e lo strinse in un lungo abbraccio. In soli quattro mesi il papa polacco aveva dato nuovo impulso alla più antica istituzione del mondo e aveva affermato, non solo a parole ma anche con i fatti, “che gli obiettivi prioritari della sua missione pastorale erano l’evangelizzazione e la rievangelizzazione”. Scrive Weigel: “Aveva dimostrato che intendeva esercitare il suo ufficio di ‘Vescovo di Roma’ e di ‘primate d’Italia’ in modo molto più diretto dei suoi predecessori. Aveva comunicato ai giovani di tutto il mondo che essi erano i suoi prediletti e la sua grande speranza. Aveva palesato la sua reverenza e sollecitudine per il matrimonio e la famiglia”. Non credo di sbagliare ma è quello che sta facendo papa Francesco in questo momento nella Chiesa. “Giovanni Paolo II non solo faceva cose che nessun Papa aveva mai fatto prima, – scrive Weigel – ma a un ritmo che, se misurato con il metro abituale del contesto istituzionale in cui operava, era vertiginoso”. Veramente negli ultimi anni la Chiesa Cattolica, attraverso i suoi pontefici, ha dimostrato di essere all’avanguardia per quanto riguarda la rapidità nel prendere certe decisioni, quello che non stanno facendo invece nella politica i nostri parlamenti italiani. “Bastarono poche settimane perché Giovanni Paolo II, con la sua giovinezza, vigore e fiducia nel messaggio evangelico, paresse a molti un Papa di nuovo stampo. In realtà egli non aveva fatto altro che recuperare l’antica concezione della missione episcopale che aveva caratterizzato il primo millennio del cristianesimo, quando, come disse uno studioso, ‘molti dei Padri erano insieme vescovi, predicatori, pastori di anime, teologi e guide spirituali…Ciascuna sfaccettatura della loro personalità e del loro operato interagiva con tutte le altre, arricchendole”. Certo il suo approccio evangelico e apostolico appariva davvero rivoluzionario.
Alla prossima puntata, dovrei trattare del ritorno di papa Wojtyla nel suo Paese, “i nove giorni che cambiarono il mondo”.

DOMENICO BONVEGNA