La cartina della felicità: Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi i messaggeri…

di Ettore Sentimentale

Dopo aver intensamente celebrato i giorni della passione, morte e risurrezione del Signore, siamo adesso chiamati a prolungare nel tempo e nello spazio l’incontro con il Cristo risorto che ci invia nel mondo a essere portatori di speranza.

In questa breve lettera, desidero condividere con voi un’esperienza particolare che ho vissuto durante la settimana santa, quando ho accolto un gruppo di scout della nostra città che in quel periodo viveva la “route di pasqua”.

Oggetto del dialogo è stato l’impegno del cristiano nella politica, come attuazione della dimensione profetica ricevuta nel battesimo. Riprendo alcuni filoni che mi sembrano vitali anche per noi.

Gli scout avevano degli appunti di viaggio (in fotocopia) con i quali si confrontavano e nei quali venivano riportati passi significativi di don Lorenzo Milani, dom Hélder Câmara, don Primo Mazzolari…tutti profeti contemporanei, che nel loro ministero hanno attinto forza e motivazioni dal “profeta” Gesù.

È dunque inevitabile rifarsi all’esperienza del Maestro, secondo Lc 4, 25: “In verità vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria”.

Gesù pronuncia queste parole nel villaggio di Nazaret, dopo un intervento dirompente nella sinagoga. È inquietante e sorprendente vedere che pure il giovane profeta – come tanti altri prima di lui – non sia stato accolto dai suoi (cfr. Gv 1,11). Soprattutto Gesù fa l’esperienza del rifiuto che si tramuterà in commoventi lacrime alla vista della città santa: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi i messaggeri che ti sono inviati!” (Lc 13.34).

Perché avviene questo? La risposta è semplice e immediata: i profeti si espongono perché predicano la liberazione e non la rassegnazione. Vengono uccisi perché portano con sé la novità che fa paura e che mette sotto sopra. E dire che loro non legiferano, ma aprono un avvenire ridestando le libertà attraverso la rivolta delle coscienze. E hanno l’audacia di affermare che i più diseredati sono i preferiti di Dio.

Davanti a questo quadro (sintetico) dell’attività profetica, è categorica la reazione di coloro che stanno al potere, i quali vedono nei profeti una minaccia al sistema e iniziano una campagna mediatica denigratoria condita di sospetti, fino alla totale emarginazione dei “messaggeri”.

In questo anno pastorale dedicato alle “periferie” mi pare che nei documenti e nelle iniziative proposte, manchi un pur minimo accenno ai profeti, sempre più emarginati nelle più recondite periferie.

E dire che oggi più che mai, visto anche il nuovo impulso dato da papa Francesco, si reclamano profeti. Non vi è alcun dubbio che lo Spirito Santo continui a suscitarli fra noi.

Esistono anche oggi donne e uomini abitati dal soffio di libertà e portatori di una parola nuova. Noi dobbiamo accoglierli e ascoltarli, anche se l’istituzione (civile e religiosa) si premura a farli tacere o a circoscrivere il loro raggio di azione.

Il Signore risorto invita noi suoi discepoli a non avere paura ad aprire le porte dei nostri ambienti per una reciproca comunicazione con il mondo.

Osiamo varcare la soglia del “sacro” per offrire agli uomini incontrati lungo le strade di ogni giorno un orizzonte di speranza; permettiamo ai profeti di entrare nel “recinto ecclesiale” per lanciare la loro provocazione che un altro mondo è divenuto indispensabile e "una Chiesa altra" è ancora possibile.