Sulle orme del Vangelo: Sì, sì, No, no; il di più viene dal Maligno

Sintesi di Mt 5,17-37

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: “Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: "Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti". Ma io vi dico: non giurate affatto. Sia invece il vostro parlare: "Sì, sì", "No, no"; il di più viene dal Maligno.

La prima nota riguarda i versetti del brano in questione. Si tratta, come potete ben leggere, di una sintesi dell’intera pericope (vv. 17-37) che la liturgia propone come vangelo della domenica 16 febbraio. Vi invito tuttavia a leggere personalmente nella vostra bibbia l’intero brano.
Il primo versetto (la giustizia dei cristiani superiore a quella degli scribi e dei farisei) offre la chiave di lettura di quanto viene espresso dopo. Mi soffermo quindi soprattutto sulla provocazione di Gesù verso i suoi discepoli, perché se riuscissimo a ben comprenderla le cose cambierebbero… a cominciare da noi. La “giustizia” di cui parla Matteo in questo contesto, consiste nell’accogliere la buona notizia del Vangelo e nel lasciarsi coinvolgere nel progetto circa il Regno di Dio che Gesù ha precedentemente indicato nelle beatitudini (“Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia… Beati i perseguitati per la giustizia”). Se applichiamo tale passaggio al nostro brano, allora comprendiamo bene che la “giustizia” dei cristiani non consiste in una novità esteriore, cioè nel fare altre o più cose rispetto ai farisei e agli scribi, ma in un atteggiamento nuovo a livello interiore, cioè nel fare diversamente e addirittura nel modificare il modo di comportarsi di ogni cristiano. Per rendersi conto di tale assunto, basta rivedere il costante passaggio dall’esteriore all’interiore, in tutta la modulazione del discorso di Gesù: “vi fu detto, ma io vi dico”. Ogni volta (nel nostro brano per ben tre volte compare questo modo antitetico di parlare del Maestro), Gesù – come in un crescendo musicale – punta a un traguardo più alto, a un gesto più interiore, più radicale. Così, sulla scia del decalogo (5°, 6°, 8° comandamento), Gesù propone un cambio di vedute che va al cuore delle singole situazioni. Non si uccide solamente quando si elimina fisicamente una persona, ma la si uccide già quando dentro cova la collera contro di lei; l’adulterio non è tanto la consumazione di un rapporto sessuale con un partner diverso da quello ufficiale, ma il semplice sguardo carico di cupidigia per possederlo; non si tratta più di evitare il falso giuramento, quanto piuttosto evitare di coinvolgere Dio nelle beghe umane con la pretesa di pilotare il suo impegno legato al giuramento… Questa cadenza ben ritmata di Gesù (“vi fu detto, ma io vi dico”), ci introduce laddove il Maestro vuol condurre noi suoi discepoli: l’integrità della persona. A tal proposito il brano si chiude con una formula chiara e decisiva: “Quanto dite sì che sia un sì, quando dite un no, che sia un no”. Non vi può essere spazio al conflitto fra interno ed esterno. Non ci resta che chiederci: come possiamo abitare questo “luogo interiore” che Gesù individua e designa come desiderabile? Per rispondere a tale domanda, mi rifaccio a un aneddoto riportato da un gesuita, p. Jean- LucFabre. A un consigliere del papa che chiedeva a Ignazio (di Loyola) cosa il papa avrebbe dovuto fare per la riforma della Chiesa, Ignazio rispondeva: il papa cominci a cambiare se stesso, provi in seguito a cambiare il suo palazzo e infine tenti di cambiare Roma….

Ettore Sentimentale