
Stiamo riprendendo lentamente il ritmo dei nostri impegni comunitari, in un momento particolarmente delicato per l’intera umanità.
Come ben sappiamo, per il 7 settembre u.s., Papa Francesco ha lanciato la proposta di una giornata di preghiera e di digiuno per chiedere il dono della pace per il mondo intero, soprattutto le zone calde della Siria e del medio Oriente.
Se ricordate, a maggio ci siamo soffermati sulla figura di Padre Pino Puglisi (“3P”). Ora desidero tratteggiare quelli che mi sembrano i pilastri necessari sui quali costruire la pace. Si tratta di “5P”: pazienza, povertà, presenza, preghiera, perdono.
Ogni mese proporrò una breve riflessione biblica e pastorale su ciascuno di questi fondamenti.
Comincio con la “pazienza”, intesa come “longanimità”, perché poggia sulla pazienza di Dio che per un certo tempo trattiene la sua ira e vuol dare la possibilità agli uomini di convertirsi e sfuggire così alla sua punizione e avere la salvezza.
Per rendersi conto di questa dimensione basta leggere la prima Lettera di S. Pietro (1 Pt 3,20 ) ove l’apostolo afferma che Dio aspettò con longanimità prima del diluvio. Anche nella seconda lettera (2Pt 3,9.15), il pescatore di Galilea afferma che il giudizio di Dio pazienta ancora un po’ perché Dio è longanime e desidera che gli uomini si convertano, che siano senza peccato e possano così essere salvati.
Se Dio agisce in questo modo, anche l’uomo deve conformarsi al suo stile. Nella parabola del servo spietato (Mt 18, 26.29) ci viene ricordato che poiché i debitori non possono pagare il loro debito, chiedono ai creditori di aver pazienza, cioè li pregano di non punirli subito ma di concedere loro di avere un po’ di tempo per rimborsare la somma.
È tremenda la reazione del Signore verso il secondo servo che non ascolta la stessa preghiera (“abbi pazienza con me…”) che lui ha fatto al padrone.
Perché non riusciamo ad avere gli stessi sentimenti verso i nostri “debitori” quando pretendiamo che i nostri “creditori” abbiano con noi molta pazienza?
Forse perché pensiamo di non avere “debiti”? Eppure S. Paolo ricorda di non avere “alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole” (Rm 13,8). Secondo questa ipotesi amare gli altri è un debito, e i debiti si pagano… chiedendo ai creditori di avere pazienza con noi ma usando la stessa nei confronti dei nostri debitori….
Fuori metafora, cerchiamo di applicare questa metodologia alla pace.
Se non siamo longanimi nei confronti degli altri (vicini e lontani) non riusciremo mai a costruire la pace, perché pretenderemo di vedere subito i frutti dei nostri interventi. Dobbiamo imitare quanto scrive S. Giacomo nella sua Lettera (5,7) ove ci esorta a “guardare l’agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d’autunno e le piogge di primavera”.
Per alcuni questa attesa potrebbe essere un alibi per continuare a vivere nella “guerra”, ma noi continuiamo a credere – magari contro ogni speranza – perché coscienti che” la prova della (nostra) fede produce la pazienza” (Gc 1,3), la quale “confonderà” i progetti di guerra, di potere e di violenza dei grandi della terra, così pure dei piccoli che vogliono ascendere alle alte sfere dell’ordinamento politico, sociale ed ecclesiale.
Noi cristiani abbiamo il dovere di presentare al mondo uno stile di vita alternativo a quello della sopraffazione, della tracotanza, del dominio della menzogna…cose tutte che generano guerre e disordini.
Cominciamo dal nostro piccolo, ricordano il debito dell’amore contratto con i nostri fratelli e per il quale bisogna pur prevedere un piano di rientro.
In questa direzione, ci verrà offerta una mano d’aiuto dalla tre giorni sul tema “Il coraggio della profezia” che faremo a Letojanni e della quale potrete prendere visione sia dal sito della parrocchia, sia dalle locandine affisse in parrocchia.
Un caro augurio di ogni bene a tutti voi
Ettore Sentimentale