IL MITO DI GARIBALDI TRA UNITà E RISORGIMENTO

Ho appena finito di leggere il libro di Francesco Pappalardo, “Il Mito di Garibaldi. Una religione civile per la nuova Italia”, Sugarcoedizioni (Milano 2010, pp.234, e 18,50). Il testo di Pappalardo, tra i tanti libri che ho letto sulla storia del Risorgimento e sui cosiddetti “padri della Patria”, mi sembra il più scientifico e più ricco di documenti. Il testo non si limita a raccontare la vita più o meno eroica di Giuseppe Maria Garibaldi, ma va a fondo per scoprire la cultura filosofica che sta dietro la figura del nizzardo e a tutte le altre figure che hanno segnato la storia dell’Ottocento. E soprattutto il libro mette in luce quella “liturgia civile”, nata dall’opera garibaldina, totalmente svincolata dalla tradizione religiosa del nostro paese. Il libro amplia il campo d’indagine con un arricchimento bibliografico e documentale della precedente pubblicazione per conto dell’edizione Piemme del 2002. Il “Mito di Garibaldi” si apre con una Presentazione (pp. 7-10) di Alfredo Mantovano, ex sottosegretario agli interni, che critica certe interpretazioni riduttive delle celebrazioni del 150° anniversario dell’unità italiana, si dovrebbe “evitare il duplice errore di un’apologia acritica e di una svalutazione preconcetta. Occorre invece evidenziare che l’Italia, già prima del 1861, aveva una precisa identità, risultato del lascito culturale greco-romano inverato nel cristianesimo in un contesto politico policentrico, e rinsaldata dalla plurisecolare resistenza ai nemici esterni”. Pertanto il tentativo di stravolgere l’identità italiana ha provocato: la nascita della ‘questione cattolica’, frutto della rivoluzione risorgimentale, che voleva ‘rifare gli italiani’. l’origine della ‘questione meridionale’, causata dal modo violento di annessione del Regno delle due Sicilie, con“la dispersione significativa delle ricchezze culturali del regno”. Infine la distruzione d’innumerevoli istituzioni. Indubbiamente nelle celebrazioni del 150° si è perso l’ulteriore occasione di una vera riflessione critica del cosiddetto processo risorgimentale e la verità sulle modalità di raggiungimento dell’unità del Paese. Nell’introduzione, la nascita del mito (pp. 11-27), l’autore affronta l’argomento della nascita del mito di Garibaldi e soprattutto evidenzia come con la rivoluzione risorgimentale è stata costruita una leggenda anticattolica, con caratteristiche ben precise che si può parlare di una vera e propria “religione civile”, di cui Garibaldi è l’icona più duratura. Garibaldi, eroe romantico, diventa “protagonista di quella religione civile che avrebbe dovuto cementare lo spirito del nascente Stato italiano”.Questa nuova religione operata dalla lotta dei “patrioti”, doveva porre fine alla decadenza italiana prodotta dalla Controriforma. Ogni aspetto della vita di Garibaldi viene enfatizzato come le imprese in Sudamerica (corsaro e guerrigliero) o l’incontro con Ana Maria Jesus Ribeiro, detta Anita. Nascondendo la realtà sul matrimonio e la morte, “tuttora avvolta da un alone di mistero”. Tra l’altro, l’autopsia del cadavere, dimostra che la morte è avvenuta per strangolamento.
I discorsi, i proclami, gli abiti e i comportamenti sono accuratamente studiati; gli oggetti a lui appartenuti diventano reliquie; le sue biografie e le memorie sono "rivisitate" e prontamente stampate; non è trascurata neanche l’arte fotografica, allora ai primordi; e nella ritrattistica Garibaldi assume perfino le sembianze di Cristo Salvatore. E’ stata creata un’immagine ad arte attraverso la trasformazione fantasiosa della sua personalità e, spesso, dei fatti che lo hanno visto protagonista. Si tratta di un’opera di trasformazione “promozionale”, sponsorizzata e procurata nei salotti buoni inglesi, senz’altro la più grande e più incisiva di tutto l’Ottocento. Il ritiro a Caprera, è l’apoteosi della leggenda: è un novello Cincinnato, che si estranea dall’agone politico e militare in povertà. A partire dal 1870, il mito è già una realtà cristallizzata, "pietrificata", che trova un riscontro nella "moltiplicazione di lapidi, monumenti ed epigrafi" (p. 26). Il primo capitolo, La formazione politica e militare di Garibaldi (pp. 29-70), Pappalardo descrive l’ambiente familiare e la formazione ideologica del giovane nizzardo, con riferimento al contesto storico sociale e politico dell’Europa, e della Restaurazione. Il libro di Pappalardo dà uno sguardo panoramico all’epoca storica, caratterizzata dal ritorno dei legittimi sovrani dopo l’uragano napoleonico. Più che restaurazione si è trattato di una “ristrutturazione”, ci si “accontenta di riportare la calma in superficie, nell’illusione di disarmare le idee rivoluzionarie con una politica di conciliazione”. Metternich cerca di conciliare i principi dell’assolutismo illuminato del secolo XVIII, con le novità politiche dell’età napoleonica, per creare un sistema di governo accentratore, con un potere statale a scapito della società. Per giunta con la restaurazione scompaiono le antiche repubbliche aristocratiche di Genova e di Venezia, assorbite dal Regno di Sardegna e dall’Impero d’Austria. Sostanzialmente le nuove monarchie amministrative, intrise di forte statalismo, finiscono“per scontentare tutti: nostalgici dell’antico regime, cripto-liberali, epigoni della Rivoluzione”. In questo periodo nasce la corrente filosofica letteraria del Romanticismo, che Galli della Loggia chiama, “la prima grande moda di massa, quella che potremmo davvero definire il Sessantotto dell’Ottocento”. A questa cultura si agganciano gli eredi della tradizione giacobina e napoleonica, che si riorganizzano in numerose società segrete, che generano nuove forme di aggregazione sociale, quali i club, i caffè, i salotti e le redazioni dei giornali. Il romanticismo agisce sui singoli, nella sfera privata, trasformandoli in soggetti passionali, impulsivi, insoddisfatti del mondo, propensi alla malinconia. “Non è un caso che fra i protagonisti del Risorgimento solo pochi godono di una regolare vita matrimoniale”. Come reazione all’universalismo della Chiesa cattolica dell’Impero d’Austria, nasce l’ideologia astratta del nazionalismo che intende distruggere entrambi. Tuttavia sempre in questo periodo in Italia, operano attivamente alcune organizzazione laiche e religiose in difesa della propagazione della fede, che intendono dare un carattere di maggiore profondità e incisività alla restaurazione. Sono esemplari le opere del gesuita bernese Nikolaus Albert von Diessbach, il venerabile Pio Bruno Lanteri, dell’Amicizia Cristiana, a Napoli il teatino palermitano Gioacchino Ventura di Raulica, e poi il ministro di polizia napoletano Antonio Capece Minutolo, principe di Canosa, passato alla storia ufficiale come un bieco reazionario.

DOMENICO BONVEGNA
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