ARRIVA IL NATALE, CHE SIA UNA FESTA DI SPERANZA

di ANDREA FILLORAMO

Il Natale è alle porte, un Natale totalmente diverso da quelli precedenti, in conseguenza della pandemia che ancora ci assale e per i limiti imposti che stravolgono le nostre abitudini, la nostra vita individuale, sociale e familiare.

Oggi ancora è come se fossimo in guerra, ma con la differenza che il nostro nemico è un nemico invisibile, ancora non totalmente conosciuto, universale.

Viviamo in un mondo supertecnologico, dove tutto avviene in un batter d’occhio, ci sentiamo gli assoluti padroni della terra, capaci di fare ogni cosa, di andare ovunque, di recarci ancora una volta sulla luna, di esplorare Marte, di costruire e disfare ogni cosa, ma quella onnipotenza che ci accompagna nella vita di tutti i giorni, vacilla, deve ricredersi, deve rivedere quell’orizzonte che credeva senza confini.

È bastato, infatti, un qualcosa di infinitesimale, impalpabile, invisibile, un minuscolo virus, una molecola proteica, per mettere in ginocchio l’intera umanità e per minacciare di estinzione un’intera generazione di “anziani”, che silenziosa, senza rintocchi di campane, senza le preghiere dei morti, senza gli addii laici. rischia di andarsene.

Già tanti sono morti, senza un fiore sulla tomba e senza gli affetti dell’ultima ora
e spesso, per la confusone o l’incuria dei luoghi che li ospitavano o degli ospedali, molti non hanno avuto un nome che ne conservasse l’identità e le bare si sono ammonticchiate ovunque, in attesa di trovare posto nei cimiteri.

L’unica arma che, fino ad oggi abbiamo, in attesa che si renda operativo il vaccino, o di accedere ad efficaci terapie, che stando a voci circolanti, sono riservate, dato il costo enorme, soltanto ai ricchi, è quella della difesa dai contagi, che, su decisione del governo, si realizza osservando vari “divieti”, contenuti nei DPDC, l’ultimo dei quali concerne le festività natalizie.

Sono convinto che tali divieti, non possano farci disperdere i valori umani e cristiani che le tradizioni natalizie ci hanno trasmesso o che ci vietino di festeggiare, anche se con il rigore imposto, all’interno delle nostre famiglie, il ricordo dell’avvenimento più importante della storia: la nascita di Gesù, che anche per i non credenti, è stato colui che ha cambiato l’orizzonte della civiltà.

Festeggiare, dunque, il Natale, così come possiamo o ci è permesso di fare assieme ai nostri cari ma con tutta la solennità e la ritualità possibile, è sicuramente da considerare un antidoto contro la depressione, un’arma per combattere la tristezza e l’ansia da pandemia, una possibilità per rinsaldare i legami forse logorati fra i membri della famiglia, che non ci lascia andare all’apatia o alla rabbia, non ci fa  immalinconire, non ci fa sentire orfani, senza amici o privi di un rifugio sicuro in cui stare.

Festeggiare il Natale 2020, però – e questa è una positiva e paradossale conseguenza del Covid-19 –  a causa della povertà che si sta diffondendo e che obbliga tutti alla sobrietà, non può e non deve essere accompagnato, come è stato negli ultimi decenni, a tutto il suo carico reale o soltanto agognato di consumismo, al suo marketing aggressivo, all’acquisto compulsivo, senza freni né misure, al suo pretesto dei regali, dei saldi, dietro cui si cela il bisogno di mettere in moto l’economia che langue, in cui la carità e l’eguaglianza passano in secondo piano, surclassati dalla psicosi dell’acquistare in nome e per conto di una festa svuotata del suo messaggio originale.

Il Natale – diciamolo chiaramente – non è un baccanale dei vizi, dell’appagamento dei sensi, che celebra la vittoria dell’etica del “consumo al ogni costo” sulla morale di Gesù Cristo, che – ed è questo l’aspetto religioso del Natale, da tenere ben presente –  con la sua nascita in una povera grotta di Betlemme, ancor oggi, dopo 2000 anni, invita a stare pronti e non lasciarsi catturare dalle preoccupazioni immediate del presente, dal bisogno spesso indotto del possesso, mito che contribuisce notevolmente a creare diseguaglianze e squilibri tra chi ha e può e quanti invece sprofondano sempre più nella miseria e nel disagio.

Il Natale è la festa della speranza: siamo incamminati verso una salvezza, verso un futuro di pace, di armonia, di fratellanza e di tutto quello che di più bello umanamente vogliamo. Ma questo futuro lo possiamo anche “perdere” se non impostiamo già il nostro presente in sintonia con questa speranza. Se il presente ci sembra un diluvio universale di disgrazie e di male, dobbiamo pensare che c’è un‘arca di salvezza e che alla fine questo diluvio lascerà il posto a un arcobaleno e a una nuova terra.

Se siamo troppo distratti o non cogliamo l’opportunità che la stessa pandemia ci offre, però, questo futuro ci rimane sconosciuto e rischiamo per davvero di non raggiungerlo e di precipitare nell’abisso del dolore e della disperazione.