12 SETTEMBRE 1683 L’EUROPA VIENE SALVATA DA UN CAPPUCCINO

Per ricordare la grande vittoria degli eserciti cristiani a Vienna il 12 settembre 1683 presento un documentato e interessante studio: “Marco d’Aviano e Innocenzo XI. In difesa della Cristianità”, scritto a quattro mani da padre Venanzio Renier e dalla giornalista freelance Giuliana V. Fantuz, pubblicato da Edizioni Segno, nel 2006. Tra l’altro, guardando su internet, ho scoperto che il saggio è stato ripubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana e già è un evento visto l’argomento politicamente scorretto.

Comunque sia il testo oltre a far luce sulla grande spiritualità di padre Marco e del Papa Innocenzo XI, fa emergere soprattutto anche l’aspetto politico e diplomatico dei due protagonisti di questo grande episodio, peraltro evidenziato nella presentazione dal cardinale Christoph Schonborn. 

Il libro non intende nascondere nulla del grande evento di trecentotrentasette anni fa. Il 12 settembre 1683 a Vienna è stata liberata l’Europa, dal grave pericolo turco che stava incombendo come un incubo sulla cristianità. Il merito di questa liberazione va ascritto a papa Innocenzo XI e al cappuccino Marco d’Aviano, che era legato pontificio con speciali poteri. In particolare, grazie a padre Marco si riuscì a mettere d’accordo tutti i potenti di allora, a cominciare dal re Sobieski di Polonia.

Prima di descrivere la grande battaglia, è doveroso soffermarsi sui due protagonisti

di questa straordinaria e fondamentale vittoria, paladini della cristianità del XVII secolo: il cappuccino Carlo Domenico Cristofori, chiamato Marco D’Aviano e il papa Innocenzo XI. Prima di giungere alla straordinaria vittoria, si sviluppò un lungo processo diplomatico in Europa, ma soprattutto ci fu un’intensa opera di sensibilizzazione guidata da Marco D’Aviano, che attraversò mezza Europa, predicando intensamente in tante città, in particolare in Germania, in Olanda, diventando famoso per numerosi miracoli.

Lo storico Ludwig von Pastor, nella sua “Storia dei Papi”, descrive così Benedetto Odescalchi:“Il significato storico-universale del suo pontificato, di gran lunga il più importante e glorioso nella seconda metà del secolo XVII…consiste nella sua politica, mantenuta ferma sino all’ultimo respiro, di unire le potenze cristiane contro l’attacco violento dell’islam”.

Innocenzo XI si fidò unicamente del soccorso del Cielo, “In sola spe gratiae coelestis”. Si è occupato della riforma dei costumi, soprattutto in riguardo allo stato spirituale degli ecclesiastici. In particolare, si scagliò contro il lusso che regnava tra i vescovi e cardinali dell’epoca. Nella sua camera e nel suo studio non si videro mai oggetti di lusso, ma solo la figura di Cristo risorto. “Era tale la compassione che Innocenzo XI provava per i poveri, che si tenne la stessa veste per tutta la durata del pontificato: mai la volle cambiare, nemmeno quando divenne logora e quasi inutilizzabile […]”.

Il programma di Papa Innocenzo XI si concentrò soprattutto nella difesa della fede cattolica, lavorando alacremente per la conversione dei miscredenti. Importante il documento della “capitolazione”, un sunto biografico di 12 punti di promesse di riforma della Chiesa del suo tempo. In quel tempo c’era grande ignoranza, pertanto il papa, “compilò un programma d’insegnamento e arruolò un corpo di maestre, chiamate dalla gente, ’Maestre Odescalchi”, deputate a insegnare alle ragazze a leggere la dottrina cattolica e compiere lavori femminili utili a procurare loro lavoro […] di propria borsa il Pontefice dava sussidi affinchè potessero entrare nella vita religiosa o sposarsi”. Si preoccupò sempre di far apprendere la religione a tutti, per questo pretendeva dai parroci un estremo impegno nel catechizzare il popolo a loro affidato. Non mancò di far controllare l’operato dei sacerdoti. Auspicava da tutti una vita religiosa perfetta. “Lo stesso fervore pose nell’illuminare i predicatori affinchè non proclamassero se stessi, ma Gesù crocefisso. Per lui, le migliori omelie sono quelle dei padri della Chiesa: pure, vigorose, apostoliche, ricche di pensieri sacri ed esempi che illuminano sui misteri della fede, e sulla bruttezza del peccato e del vizio”.

Inoltre, gli autori del libro segnalano che il beato Innocenzo XI, un’attenzione particolare la dedicava agli ammalati degli ospedali. “Infatti,“stabilì che ogni ordine religioso, ogni giorno, inviasse due dei propri membri ad assistere ai moribondi, a sostenere spiritualmente gli altri degenti, a consolare gli afflitti e istruire gli incolti che si trovavano nei luoghi di cura”. Naturalmente l’impegno più importante per cui sarà ricordato per sempre è la liberazione di Vienna dall’assedio degli Ottomani nel 1683.

L’altro instancabile protagonista di quegli anni fu il frate cappuccino Marco D’Aviano, in pieno Seicento scrivono padre Renier e Giuliana Fantuz, “fece riudire la parola tutta impeto e ardore evangelico propria di Sant’Antonio da Padova o di San Bernardino da Siena. Nel convento trascorreva un’esistenza austera e isolata, dormiva solo tre per notte su un letto di foglie secche, per il resto pregava e leggeva. Mangiava pochissimo, mai carne, uova e formaggio, la sua dieta era poco latte e poi frutta e verdura. Cercò sempre di rispettare scrupolosamente le regole dell’Ordine francescano. Sostanzialmente condusse una “vita intensa e spirito di preghiera; devozione e contemplazione; pratica radicale dell’altissima povertà interiore es esteriore […] grande ardore nella predicazione e apostolato ricondotto alla semplicità e umiltà evangeliche; carità concreta e prontezza nel servire ogni fratello bisognoso; spirito ecclesiale nella sottomissione e totale docilità al Pontefice romano e alla Chiesa gerarchica: queste erano le linee fondamentali della spiritualità ‘cappuccina’ che adottò il frate di Aviano”.

Il testo di padre Venanzio e della Fantuz racconta dettagliatamente i viaggi (in particolare il primo e il secondo) del frate cappuccino, il clamore che suscitavano le predicazioni, le benedizioni alle innumerevoli folle. Il riferimento all’itinerario del frate nelle Fiandre, le cifre delle folle sono veramente eccezionali. A Bruxelles lo attendevano 60mila persone, a Gand in 95mila, a Liegi in 150mila. “I documenti del tempo, narrando quanto avveniva specialmente nelle quaresime e durante i viaggi missionari negli stati europei, descrivono folle che, nelle chiese o nelle piazze, si abbandonavano a manifestazioni come battersi il petto, pianti, implorazioni e conversioni. A determinare quest’atmosfera contribuiva il predicatore stesso che, con la drammaticità del gesto e con parola ardente, rivelava i sentimenti che lo agitavano […] Alla fine, dopo la recita dell’atto di dolore, arrivava il momento più atteso dai fedeli: la benedizione”. Alle sue predicazioni e benedizioni non accorrevano solo semplici fedeli, ma anche cardinali, vescovi, principi, nobili e re. I due beati furono molto simili anche nell’aspetto fisico: “la loro magrezza dava subito l’idea di ascetismo e attitudine contemplativa”.

Il 3° capitolo dà conto del periodo storico (il Seicento) vissuto dai nostri protagonisti. Caratterizzato da guerre lunghe e sanguinose, pestilenze e carestie. Ma soprattutto per l’Europa cristiana, la paura di essere invasi e conquistati dai turchi. Di fronte a questo vero e proprio incubo, c’era la divisione politica dell’Europa. In particolare, la Francia di Luigi XIV era in continuo dissidio sia con l’imperatore Leopoldo I, che con la Chiesa di Roma. Capita che alcuni governanti diventano protestanti per accaparrarsi i beni della Chiesa. Il re di Francia osteggiò apertamente gli Asburgo nella lotta contro gli ottomani.“Per tutto il Seicento, la discordia fra i principi all’interno degli stati cristiani fu grande e capillarmente diffusa. Essi si combatterono e si indebolirono a vicenda per egoistiche ragioni di predominio”. Invece padre Marco e Innocenzo XI, lavoravano per la liberazione della cristianità dal flagello turco, pertanto appoggiarono l’impero. Addirittura, il Papa affermò: “[…] saria andato volentieri alla testa dell’esercito e salito sulle navi da guerra per combattere contro il comune esercito”. Il pensiero dominante del Pontefice era quello di organizzare una Lega difensiva contro il pericolo turco.

Nel 4° capitolo vengono descritte le altre figure che si sono distinte in quello scenario di guerra. Oltre ai due beati, altre grandi personalità li affiancarono o con essi si scontrarono in quel frangente per il futuro dell’intero continente europeo. Sarebbe lungo proporre l’elenco dei personaggi importanti. Solo qualche nome, segnalo oltre a Luigi IV e Leopoldo I d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero. Il compagno di viaggio di Marco D’Aviano, padre Cosma da Castelfranco. Giovanni III Sobieski re di Polonia e granduca di Lituania, grande ammiratore di padre Marco. Infine, Eugenio di Savoia- Garignano, comandante supremo dell’esercito imperiale. E poi Kara Mustafa Pasha di Merzifon, comandante in capo dell’armata turca. Ce ne sarebbero altri, ma non possiamo dilungarci.

L’8° capitolo del libro di padre Renier e della Fantuz è dedicato alla liberazione di Vienna. Le truppe cristiane erano composte da settantamila uomini, un numero assai inferiore rispetto ai centocinquantamila dell’armata turca del gran visir Kara Mustafa Pasha che intendeva conquistare prima Vienna e successivamente Roma per fare di San Pietro la scuderia per i suoi cavalli. A questo proposito scrive lo storico Arrigo Petacco in “L’ultima crociata”: “con i se e con i ma la storia non si fa, va comunque sottolineato che se a Vienna, quel 12 settembre 1683, un qualsiasi accidente avesse fermato la carica degli ‘ussari alati’ che si scatenarono contro i turchi come arcangeli vendicatori, oggi probabilmente le nostre donne porterebbero il velo”

 Il 12 settembre prima della battaglia, sulle alture del Kahlemberg, padre Marco celebra la Messa, servita da due chierichetti d’eccezione: il re di Polonia e il Duca di Lorena, distribuisce la comunione ai comandanti, benedice l’esercito cristiano con la sua croce di legno. Attorno alle 12 ebbe inizio la battaglia. Lo scontro viene descritto da padre Cosma, testimone diretto dell’evento. La battaglia ben presto costringe miracolosamente i turchi alla resa. I trionfi dell’esercito cristiano – scrive il cardinale Schonborn – a Vienna, e poi a Buda, allontanarono il serio rischio di un’islamizzazione dell’Europa”. L’esultanza in tutta l’Europa fu immensa, l’unico a non esultare fu il re di Francia. Il 27 aprile 2003, nel giorno della beatificazione di padre Marco d’Aviano, Giovanni Paolo II, che conosceva bene la sua storia, nella omelia, disse: “…Questo contemplativo itinerante per le strade dell’Europa fu al centro di un vasto rinnovamento spirituale grazie ad una coraggiosa predicazione accompagnata da numerosi prodigi. Profeta disarmato della misericordia divina, fu spinto dalle circostanze ad impegnarsi attivamente per difendere la libertà e l’unità dell’Europa cristiana”. Additando padre Marco come difensore dei valori evangelici di un’Europa che ha dimenticato le sue radici.

Infatti padre Marco è il protagonista assoluto, sia nella preparazione spirituale che nella liberazione. Nel libro emerge anche un aspetto, forse poco esaminato del frate, mi riferisco alle sue conoscenze dell’arte, della strategia militare e diplomatica, spesso consigliava i capi degli eserciti in battaglia, lo ha fatto a Vienna, poi in occasione della liberazione di Buda e in quella del 6 settembre 1688 di Belgrado. Per portare le truppe alla vittoria, consigliò all’imperatore di procurare negli eserciti sacerdoti e religiosi esemplari, non solo per amministrare i sacramenti, ma perché educhino le truppe alla Verità della fede. Tuttavia, il frate friulano, denunciò sempre i soprusi dei vincitori sulle popolazioni sottomesse.

Sarebbe interessante continuare nella descrizione della spiritualità di Innocenzo XI e di padre Marco, la loro devozione alla Madonna, l’amore all’Eucarestia. Dopo la vittoria di Vienna il Papa ha fatto cantare il Te Deum e le litanie della Beata Vergine in Santa Maria Maggiore, accompagnato da tutti i cardinali. Poi ha indetto un Giubileo universale, credeva fermamente che la grande vittoria di Vienna fosse merito esclusivo dell’aiuto di Dio e di Maria e per questo con decreto estese a tutta la Chiesa la festa del Santo Nome di Maria posta nel Martirologio Romano il 12 settembre.

La preoccupazione dei due beati, Innocenzo XI e padre Marco, “fu la difesa della cristianità, e del cattolicesimo in modo particolare, e non la supremazia sull’islam. Si trattò, dunque, di un’azione di tutela e non di una crociata…”. Ne è convinto anche Petacco, le crociate, furono invece una legittima risposta al jihad. Tra l’altro padre Marco dopo queste liberazioni cercò di convincere i regnanti di completare l’opera di liberazione dei territori europei ancora in mano agli ottomani, la salvezza dell’Europa era sempre in cima ai suoi pensieri.

Anni fa è uscito un film proprio sulla vittoria dei cristiani a Vienna nel 1683. Ma ha avuto poco successo nelle sale cinematografiche. Certo in questo momento di grave crisi economica, per l’Italia e per l’Europa, sarà ozioso fare polemiche per un film. Il titolo del film è, 11 settembre 1683, prodotto da Renzo Martinelli un ottimo film che ha come protagonista il cappuccino Marco D’Aviano, il salvatore che dell’Europa di allora. A questo proposito, un prete mi ha detto che il film di Martinelli è stato ritirato dalle sale perché dava fastidio agli islamici. Lo stesso comportamento del governo inglese, sembra che abbia suggerito ai soldati di andare in giro per Londra senza divisa per evitare eventuali aggressioni terroristiche.

Del film di Martinelli si è occupato il giornalista saggista Rino Cammilleri sul quotidiano online Lanuovabussolaquotidiana.it, criticando duramente il mondo cattolico scrive: “Il flop inaudito nelle sale del film di Renzo Martinelli su Marco d’Aviano e l’assedio di Vienna del 1683 farà passare la voglia a qualunque regista, anche il meglio intenzionato, di occuparsi di storia cattolica. Chi lo farà, dovrà per forza sollevare polemiche se vuole pubblicità. Dunque, dovrà mettere in scena lavori in cui i cattolici e la Chiesa fanno la parte dei cattivi, sperando che il Vaticano almeno protesti. Film onesti come 11 settembre 1683 o Cristiada non trovano alcun appoggio in casa cattolica”. (R. Cammilleri, Quando i cattolici si danno la zappa sui piedi, 24.5.13 LaNuovabq.it)

In pratica i cattolici hanno fatto fallire il film al botteghino, non è la prima volta è successo anche con il film su padre Jerzy Popieluzko, e di Katyn, del resto chi è Marco D’Aviano non lo sanno neanche i preti. E se qualche religioso intende ricordare la sua personalità, lo fa soltanto dilungandosi sulla spiritualità, senza affrontare il suo ruolo politico nella Storia europea, perché? Si ha forse paura di urtare i “fratelli” musulmani?

DOMENICO BONVEGNA

Domenico_bonvegna@libero.it