La voce dei deportati del Trasporto 81: mostra a Villa Burba

Rho – Dietro i racconti dei parenti dei deportati si intuisce la valenza della staffetta della memoria che adulti e ragazzi sono chiamati a compiere. Rho si interroga ancora una volta su deportazioni e campi di concentramento, attraverso una mostra dedicata ai 432 italiani caricati su vagoni merci e trasportati dal 5 al 7 settembre 1944 da Bolzano al campo di Flossenbürg. Sopravvissero a detenzione, fame, lavori stremanti e pestaggi soltanto 112 persone.

In occasione della Giornata della Memoria, Rho intende ricordare tutti coloro che furono vittime di questi viaggi della morte, non soltanto gli ebrei, perseguitati “per la colpa di essere nati”, come ripete da anni la sopravvissuta alla Shoah Liliana Segre, ma anche internati politici, rei di essersi opposti al regime nazifascista, perseguitati insieme a omosessuali, disabili, rom e sinti.

 

La mostra “I deportati del Trasporto 81”, voluta da Amministrazione comunale, in collaborazione con A.N.P.I. Rho e Centro Anziani di Passirana, è stata inaugurata al termine di una intensa mattinata di riflessioni e testimonianze, che ha visto protagonisti anche gli studenti del liceo Rebora e dell’Istituto Puecher-Olivetti, pronti a intervenire con le loro domande.

 

Il vicesindaco Maria Rita Vergani (presente con gli assessori Alessandra BorghettiPaolo Bianchi ed Emiliana Brognoli e i consiglieri comunali Clelia La Palomenta e Fulvio Caselli) ha preso spunto, nell’introduzione, dalle parole della senatrice a vita Liliana Segre pronunciate ieri a Milano: “Una come me ritiene che tra qualche anno sulla Shoah ci sarà solo una riga sui libri di storia e poi più neanche quella. Le iniziative che possono venire da una vecchia come me possono risultare noiose ad altri. Lo capisco perfettamente. So cosa dice la gente del giorno della memoria: <Basta con questi ebrei, lo sappiamo>. Chi invece ha vissuto l’orrore e ormai può parlare con quattro cinque persone la pensa diversamente”.

Vergani ha esortato a compiere i viaggi della memoria nei campi di sterminio, come Auschwitz perché la memoria va costruita nei ragazzi ma anche in noi adulti, che ai tempi della scuola non avevamo queste occasioni. Ha evidenziato come l’animo umano possa arrivare a degenerazioni inqualificabili e invitato a mantenere viva la memoria, tutti i giorni, nelle proprie scelte, tenendo alti i valori che possono tenerci lontano da simili orrori.

 

Mario Anzani, presidente di A.N.P.I. Rho, ha espresso il suo compiacimento per questa mostra: “Le parole di Segre pesano e ci ammoniscono sulla necessità non di riti vacui, che hanno poca presa, ma di iniziative volte ad attualizzare il valore della resistenza antifascista e della coscienza civica e democratica, per far sì che quanto di orrendo è avvenuto non possa ripetersi e la democrazia venga salvaguardata. La democrazia non è salda nel mondo, basti pensare agli attacchi ai Parlamenti di Stati Uniti e Brasile: c’è un sovversivismo operante che rischia di essere molto pericoloso”.

 

Paola Cupetti, moderatrice della mattinata, il compito di portare i saluti dei curatori della mostra Antonietta Arrigoni e Marco Savini Presidente A.N.E.D. Pavia.

 

Leonardo Visco Gilardi, presidente A.N.E.D. Milano, ha ricordato la scelta coraggiosa di chi si oppose alla dittatura, tra cui i 700mila militari che non aderirono alla Repubblica Sociale Italiana dopo l’8 settembre 1943: “Dissero di no e quelli che vennero arrestati divennero gli schiavi di Hitler, per non avere accolto le logiche di chi trasformava l’avversario politico in nemico da annientare”.

 

Preziosa la testimonianza di Giovanna Pesapane, figlia del Maggiore Ubado Pesapane, soprannominato “lo scrivano dei morti di Flossenbürg”: “Quando tornò dopo 8 mesi di campo, cercò di dimenticare. Ma nel 2005 ho trovato tra le sue carte importanti rivelazioni e ho donato tutto all’Archivio storico del campo di Bolzano. Lui sapeva scrivere bene e per questo i nazisti lo scelsero per scrivere le liste dei morti al termine di ogni giornata, circa 400 nomi al giorno. Scrisse un elenco parallelo, dando memoria di numeri di matricola, data e causa del decesso. Non so come abbia fatto a salvare quelle carte, era davvero rischioso. Ma lo ha fatto e, grazie a lui, tanti figli hanno potuto sapere qualcosa sulla fine dei loro cari”. Tra quegli italiani, anche Pietro Meloni, nonno di Carmen Meloni, la docente che ha fortemente voluto questa mostra a Rho e con altri ha finora ricostruito le storie di 50 deportati di Lombardia, Veneto, Liguria e Roma.

 

Silvia Rivetti, nipote del Generale Guglielmo Barbò di Casalmorano, ha ricordato il percorso del nonno materno: anche la sua fine è raccontata dagli scritti di Pesapane, in ogni dettaglio risparmiato pietosamente alla vedova. “I nazisti scrissero che morì per setticemia pleurica, invece lo uccisero barbaramente – ha detto Rivetti – Lui era generale di cavalleria. Il 12 settembre 1944 venne deportato con molti militari ma si gettò dal treno ed entrò tra i partigiani della Val d’Ossola. Fu tradito a Milano da una soffiata e finì a San Vittore. Da lì a Bolzano. Poi a Flossenbürg. Un giorno, provato da fame e percosse, non riuscì più ad alzarsi. Venne picchiato, operato malamente e gettato moribondo fra molti cadaveri. Riuscì a sussurrare a Pesapane i suoi saluti alla famiglia e il suo <Viva l’Italia>”.

 

Walter Gibillini il compito di evocare la storia del padre Venanzio, arrestato su delazione dai fascisti a Milano, sopravvissuto alla marcia della morte e divenuto, dopo vent’anni di silenzio, testimone di tanto orrore: “La spersonalizzazione degli individui iniziò sui vagoni verso Flossenbürg e nel passaggio a piedi tra l’indifferenza del popolo tedesco – ha detto – Chi arrivava veniva denudato, depilato, sottoposto a sanificazione e percosse, vestito con casacche a righe. Non aveva più un nome ma un numero, il suo fu il 21626. Papà ebbe la fortuna di essere preso come operaio specializzato e trasferito altrove”. Drammatico e angosciante il racconto della marcia della morte e della fame affrontata.

 

Carmen Meloni  ha letto infine una testimonianza scritta da Italo Tibaldi, colui che, ritornato da Mauthausen, dedicò 50 anni della sua vita a ricostruire e numerare cronologicamente i trasporti dei civili italiani verso i campi di concentramento d’oltralpe. Quindi ha salutato gli esponenti delle sezioni A.N.P.I. di Villa Cortese, Baranzate-Bollate e Busto Arsizio presenti in sala.

Al Sindaco Andrea Orlandi i saluti finali prima del taglio del nastro della mostra. Il Sindaco ha evidenziato l’importanza di interrogarsi ancora oggi su quanto avvenuto, perché viaggi del genere ancora avvengono in altre parti della cartina geografica. Il suo è stato un invito a fare la differenza, scegliendo di non essere indifferenti e di coltivare lo spirito critico. Per Orlandi giornate come queste sono punti salienti per la crescita della comunità, dei ragazzi e degli adulti. E la mostra permette ai 432 protagonisti del Trasporto 81 di continuare a donarci il loro non essere indifferenti.

Per visitare la mostra si sono prenotate 36 classi delle scuole cittadine. Le sale sono aperte fino al 7 febbraio da lunedì a venerdì ore 9.30-13.00, martedì e giovedì anche 16.00-18.30, sabato e domenica 16.00-18.30. prenotazioni al numero 349-8382423 o scrivendo a carmen.meloni6@libero.it.

 

Il programma della Giornata della Memoria proseguirà il 26 gennaio dalle ore 9.30 con la deposizione di fiori presso le 9 Pietre d’Inciampo dedicate ai deportati rhodensi nei campi di concentramento e sterminio nazisti e mai più ritornati.

Il 27 gennaio 2023 alle ore 21.00 al Centro Anziani di Passirana di via Sant’Ambrogio 6, letture dal libro “DESTINATARIO SCONOSCIUTO” di Katherine Kressmann Taylor.

Infine, il 3 febbraio alle ore 21.00, al Teatro Roberto de Silva, piazza Jannacci 1, “IO SUONAVO IL VIOLINO AD AUSCHWITZ” – Canti, musiche, poesie e racconti proposti dall’Accademia Musicale Stabat Mater. Ingresso libero con prenotazione obbligatoria al Tourist Infopoint, di Piazza San Vittore 19, tel. 02.93.33.2.354  turismo@comune.rho.mi.it.