
Un nuovo studio dell’Università di Haifa (Israele) propone di ripensare l’invecchiamento non soltanto come deterioramento di singoli organi, ma come perdita di “sinfonia” nella comunicazione fra di essi.
Finora la ricerca si è concentrata sull’invecchiamento di ogni organo in modo indipendente. Un approccio errato per la dottoressa Judith Somekh, docente di Sistemi Informativi, che paragona ciascun organo a uno strumento musicale: “Quando suonano insieme come un’orchestra, producono la melodia della nostra salute. Con l’età la sincronizzazione si indebolisce ed emergono segni di invecchiamento”.
Il team universitario ha analizzato i livelli di RNA in cellule di cervello, muscoli e tessuto adiposo, sviluppando algoritmi in grado di misurare la coordinazione genica tra organi. Hanno scoperto che la massima sincronia si raggiunge tra i 25 e i 30 anni, poi declina progressivamente, nonostante i tentativi di compensazione del corpo.
Contrariamente al declino di coordinazione, il sistema immunitario mostra un’integrazione maggiore tra organi con l’avanzare dell’età. Le risposte infiammatorie, piuttosto che “slegarsi”, diventano sincronizzate fra diversi distretti corporei contribuendo, però, a un’infiammazione cronica di basso grado, nota come inflammaging, che – pur difendendo il corpo – può diventare dannosa, alimentando fattori di rischio quali aterosclerosi e patologie neurodegenerative.
Insomma, man mano che il sistema immunitario opera in modo iper-coordinato, aumenta il rischio di danni ai tessuti e di disfunzioni croniche.
Le risposte infiammatorie tra diversi distretti corporei non si disgregano col tempo, ma si coagulano in un unico, potente coro. Questa sovra-sincronizzazione amplifica, i processi infiammatori.
Mappare questi cambiamenti coordinativi offre la possibilità di sviluppare nuovi biomarcatori di età biologica (indicatori che riflettono lo stato di salute e il grado di invecchiamento di un organismo, indipendentemente dall’età anagrafica) basati sull’interazione genica dei tessuti immunitari.
Secondo la dottoressa Somekh, migliorare la comunicazione tra cervello e muscoli attraverso esercizi mirati potrebbe rallentare o addirittura invertire il processo di invecchiamento. Inoltre, la mappatura delle sinergie geniche apre la strada a un innovativo “orologio biologico” basato sulla coordinazione tra tessuti.
I ricercatori intendono ora testare in contesti clinici le strategie proposte e applicare il loro framework (interpretare e modellare fenomeni biologici complessi) all’analisi di malattie caratterizzate da disfunzioni di sincronizzazione. L’obiettivo è trasformare le informazioni elaborate tramite strumenti informatici in terapie concrete per ritardare gli effetti dell’età.
Grazie ad algoritmi che mappano le interazioni geniche tra tessuti immunitari, i ricercatori propongono un vero e proprio “orologio immunitario”. Questo modello, basato sulla coesione inter-tessuto, potrebbe misurare l’età biologica e individuare precocemente soggetti a rischio.
Gli esercizi di coordinazione, che coinvolgono cervello e muscoli, per stimolare l’asse neuro-immunitario, potrebbero rallentare o invertire il processo di invecchiamento uniti ad approcci nutrizionali e farmaci immunomodulatori per riequilibrare la comunicazione infiammatoria.
Si ipotizza che migliorare la comunicazione interna del corpo possa diventare una nuova frontiera anti-age, accanto a dieta, genetica , stile di vita e stimoli cognitivi e fisici.
I prossimi passi della ricerca mirano a testare queste strategie in contesti clinici, con appositi test, per confermare questi interventi e ritardare l’invecchiamento sistemico.
(Articolo pubblicato sul quotidiano LaRagione del 5 agosto 2025)
Primo Mastrantoni, presidente comitato tecnico-scientifico di Aduc