Fondazione Nicola Trussardi | Olafur Eliasson – THE COLLECTIVITY PROJECT

Da martedì 14 aprile a venerdì 8 maggio 2020 la Fondazione Nicola Trussardi presenta The collectivity project (2005), un’installazione partecipativa dell’artista danese-islandese Olafur Eliasson (Copenaghen, 1967).

 

L’installazione site-specific – che darà vita a un paesaggio urbano immaginario, ideato e costruito dal pubblico – verrà realizzata in occasione dell’Art Week milanese, coordinata dal Comune di Milano, e della Design Week, in un luogo pubblico simbolo della città: l’Ottagono di Galleria Vittorio Emanuele. La Fondazione Nicola Trussardi torna così nel luogo dove ha avuto inizio la sua attività di museo nomade nel 2003, con la Presidenza di Beatrice Trussardi e la Direzione Artistica di Massimiliano Gioni.

Dopo A Friend, l’imponente intervento su scala urbanistica concepito per i due caselli daziari di Porta Venezia dall’artista ghanese Ibrahim Mahama nel 2019, e Sacrilege, la gigantesca installazione gonfiabile del celebre artista britannico Jeremy Deller – che nel 2018 ricostruiva in scala 1:1 nel parco delle sculture di CityLife il sito archeologico di Stonehenge – la Fondazione Nicola Trussardi ha invitato Olafur Eliasson a realizzare per la settimana dell’arte uno dei suoi progetti partecipativi più noti.

Con The collectivity project l’artista invita il pubblico a progettare, costruire e ricostruire un immenso paesaggio immaginario, una città in costante formazione ed evoluzione realizzata utilizzando oltre una tonnellata di mattoncini LEGO® bianchi messi a disposizione di tutti i passanti su cinque grandi tavoli appositamente allestiti nello spazio pubblico.

La ricerca artistica di Olafur Eliasson spazia tra scultura, pittura, fotografia, film e installazioni, ma non si limita ai confini del museo o della galleria, coinvolgendo anche la più ampia sfera pubblica attraverso progetti di architettura, interventi nello spazio civico, educazione artistica e un costante approfondimento delle urgenze del nostro presente, come la sostenibilità e il cambiamento climatico. Eliasson opera infatti nel terreno di incontro tra arte e scienza: mosso dall’interesse verso i temi della percezione e del movimento, e dalla volontà di instaurare un dialogo tra le persone e l’ambiente che le circonda, con il suo lavoro trasforma la realtà in una dimensione evocativa ed emozionante, in grado di offrire esperienze con cui si possono confrontare spettatori di tutte le età.

Posizionato al centro dell’Ottagono, The collectivity project invita visitatori e passanti a ripensare in modo creativo al modo in cui vivono e immaginano il loro ambiente. La stessa configurazione dell’installazione – con i suoi cinque grandi tavoli disposti intorno al centro della Galleria – prende ispirazione dalla topografia del centro storico di Milano: attraverso l’interazione e la collaborazione tra le persone del pubblico, l’opera diventa specchio di una città futura in costante trasformazione. Punto nevralgico di ogni scambio, porta d’ingresso e crocevia per ogni direzione, passaggio obbligato per il turista e per il milanese, l’Ottagono della Galleria Vittorio Emanuele è il centro ideale della città, il nucleo pulsante del suo dinamismo.

Costruita nel 1861, la Galleria Vittorio Emanuele è un trionfo di vetro e acciaio, simbolo delle aspirazioni di molte città europee nel tardo Ottocento. Come i passages di Parigi, studiati e raccontati da Walter Benjamin, la Galleria ha inaugurato un secolo di nuovi desideri e consumi che avrebbe radicalmente trasformato l’esperienza della vita nella città moderna. Ammirata e dipinta dai Futuristi, che la vedevano come un ganglio centrale nel sistema nervoso della metropoli, la Galleria è sempre stata uno snodo cruciale nella vita culturale di Milano: dai compositori e cantanti del vicino Teatro alla Scala – tempio dell’Opera lirica – che hanno animato i suoi caffè e ristoranti all’inizio del ventesimo secolo, fino agli sciami di turisti che oggi camminano verso il Duomo, la Galleria è una maestosa piazza coperta che oggi convoglia più di 100.000 visitatori al giorno, un microcosmo che rispecchia da sempre l’energia e le contraddizioni della città. The collectivity project racconta una città e un mondo in movimento: un mondo che ritrova in Milano e nella Galleria il suo centro.

The collectivity project è stato realizzato per la prima volta a Tirana nel 2005 e poi installato a Oslo nel 2006, a Copenaghen nel 2008 e a New York nel 2015.
L’installazione è commissionata dalla Fondazione Nicola Trussardi nell’ambito della Milano Art Week 2020, un programma di eventi, inaugurazioni e aperture straordinarie nei musei e nelle istituzioni pubbliche e private, che raccoglie i principali operatori milanesi nella settimana di miart, la fiera d’arte moderna e contemporanea di Milano, con la regia del Comune di Milano.

The collectivity project di Olafur Eliasson fa parte di una serie di incursioni realizzate dal 2013 dalla Fondazione Nicola Trussardi in occasione di miart: una serie di progetti speciali, mostre temporanee, performance e interventi pop-up che hanno portato a Milano artisti internazionali tra cui Ibrahim Mahama, Jeremy Deller, Sarah Lucas, Gelitin, Darren Bader e Stan VanDerBeek.

La Fondazione Nicola Trussardi è un’istituzione no profit privata, un museo nomade per la produzione e la diffusione dell’arte contemporanea in contesti molteplici e attraverso i canali più diversi, che nasce a Milano nel 1996. Le sue attività sono rese possibili grazie alla generosità delle socie fondatrici e di un gruppo di sostenitori che ne supporta i progetti.
Con The collectivity project continua così il percorso intrapreso dalla Fondazione nel 2003, portando l’arte contemporanea nel cuore della città di Milano, riscoprendo e valorizzando luoghi dimenticati o insoliti. Dopo importanti mostre personali tra cui quelle di Allora & Calzadilla, Pawel Althamer, Maurizio Cattelan, Tacita Dean, Michael Elmgreen & Ingar Dragset, Urs Fischer, Peter Fischli e David Weiss, Paul McCarthy, Paola Pivi, Pipilotti Rist, Anri Sala e Tino Sehgal e le due grandi mostre a tema La Grande Madre (2015) e La Terra Inquieta (2017), Beatrice Trussardi e Massimiliano Gioni sono ora orgogliosi di presentare questa grande installazione di Olafur Eliasson, nel diciottesimo anno di attività nomade della Fondazione Nicola Trussardi.

 

Olafur Eliasson

Nato nel 1967, Olafur Eliasson vive e lavora a Copenhagen e a Berlino.
Cresciuto in Islanda e Danimarca, ha studiato alla Royal Danish Academy of Fine Arts dal 1989 al 1995. Nel 1995 si è trasferito a Berlino, dove ha fondato lo Studio Olafur Eliasson, che oggi comprende artigiani, architetti, archivisti, ricercatori, amministratori, cuochi, programmatori, storici dell’arte e tecnici specializzati.

Dalla metà degli anni Novanta Eliasson è stato protagonista di numerose mostre e importanti progetti in tutto il mondo, in musei e istituzioni tra cui MoMA – Museum of Modern Art (New York), SFMOMA (San Francisco), Tate Modern (Londra), Martin-Gropius-Bau (Berlino), Pinacoteca do Estado de São Paulo (San Paolo), Louisiana Museum (Copenaghen), Fondation Louis Vuitton (Parigi), Moderna Museet (Stoccolma), Long Museum (Shanghai), Samsung Museum of Art (Seoul). Nel 2003 ha rappresentato la Danimarca alla 50. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. Più tardi nello stesso anno, ha installato The weather project alla Turbine Hall della Tate Modern, a Londra, una delle mostre più visitate nella storia del museo britannico.

Eliasson ha anche prodotto numerosi progetti in spazi pubblici. Green river è stato realizzato in varie città tra il 1998 e il 2001. Insieme all’architetto Kjetil Thorsen ha progettato il Serpentine Pavilion 2007 per i Kensington Gardens di Londra. Nel 2008 il Public Art Fund gli ha commissionato The New York City Waterfalls, delle cascate artificiali installate lungo le rive di New York. Nel 2011 ha inaugurato Your Rainbow Panorama, una passerella circolare in vetro colorato in cima al Kunstmuseum ARoS (Aarhus, Danimarca). Nel 2011, a Reykjavik, in Islanda, ha creato le facciate dell’Harpa Concert Hall and Conference Centre, in collaborazione con Henning Larsen Architects, progetto per il quale ha vinto il premio Mies van der Rohe nel 2013. Con Ice Watch ha trasportato iceberg in via di scioglimento dalla Groenlandia a Copenaghen nel 2014 e a Parigi in occasione della COP21 Conferenza sul clima nel 2015. Nel giugno del 2018 ha completato a Vejle, in Danimarca, Fjordenhus, il primo edificio progettato interamente da lui e dal team di architetti dello Studio Olafur Eliasson.

Come professore alla Berlin University of the Arts, Eliasson ha guidato l’Institut für Raumexperimente (Institute for Spatial Experiments; 2009-2014): un programma sperimentale di cinque anni di educazione alle arti ubicato nello stesso edificio del suo studio (raumexperimente.net).

Nel 2012 Eliasson e l’ingegnere Frederik Ottesen hanno fondato Little Sun, un progetto globale per fornire energia pulita ed economica alle comunità senza accesso all’elettricità, un social business che incoraggia lo sviluppo sostenibile attraverso la vendita di lampade e caricabatterie ad energia solare Little Sun e che aumenta la consapevolezza globale della necessità di un accesso equo all’energia e alla luce (littlesun.com).

Nel 2014 Olafur Eliasson e l’architetto Sebastian Behmann hanno fondato lo Studio Other Spaces, un ufficio internazionale per l’arte e l’architettura con sede a Berlino. Come controparte legata all’architettura dello Studio Olafur Eliasson, Studio Other Spaces si concentra su progetti di costruzione interdisciplinari e sperimentali e lavora nello spazio pubblico (studiootherspaces.net).

Dal 14 aprile all’8 maggio 2020

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