Valori dell’Unione: l’avvocata generale Ćapeta afferma che, vietando o limitando l’accesso ai contenuti LGBTI, l’Ungheria ha violato il diritto dell’Unione

Mandatory Credit: Photo by imageBROKER/REX/Shutterstock (2028654a) Office towers of the European Court of Justice, European Quarter on the Kirchberg-Plateau, Luxembourg City, Luxembourg, Europe, PublicGround VARIOUS

L’avvocato generale suggerisce alla Corte di constatare altresì una violazione a sé stante dell’articolo 2 TUE, che enuncia i valori fondamentali dell’Unione…

Con la legge LXXIX del 2021, recante misure più severe contro persone condannate per pedofilia e modifica di talune leggi per la protezione dei minori, l’Ungheria ha introdotto svariate modifiche a diversi atti legislativi nazionali (in prosieguo: le «modifiche»). Numerose fra tali modifiche, che sono state adottate, secondo l’Ungheria, allo scopo di tutelare i minori, in effetti vietano o limitano l’accesso a contenuti che presentano o promuovono «identità di genere non corrispondenti al sesso assegnato alla nascita, cambiamento di sesso od omosessualità» (in prosieguo: i «contenuti LGBTI»). La Commissione ha presentato un ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte di giustizia contro l’Ungheria per quanto riguarda tali modifiche. Detta istituzione chiede alla Corte di dichiarare che l’Ungheria ha violato il diritto dell’Unione su tre diversi livelli: il diritto primario e derivato relativo al mercato interno dei servizi 1, nonché il regolamento generale sulla protezione dei dati (in prosieguo: il «RGPD») 2, vari diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»); e l’articolo 2 TUE 3
L’avvocata generale Tamara Ćapeta propone alla Corte di dichiarare che il ricorso è fondato per quanto riguarda tutti i motivi.
In primo luogo, tali modifiche violano la libertà di prestare e ricevere servizi quale sancita dal diritto primario dell’Unione e da una o più disposizioni della direttiva sul commercio elettronico, della direttiva sui servizi, della direttiva sui servizi di media audiovisivi nonché del RGPD.

In secondo luogo, dette modifiche sono anche ingerenze in una serie di diritti fondamentali tutelati dalla Carta, vale a dire il divieto di discriminazione fondata sul sesso e sull’orientamento sessuale 4, il rispetto della vita privata e della vita familiare 5, la libertà di espressione e d’informazione 6, nonché il diritto alla dignità umana 7. Secondo l’avvocata generale, tali ingerenze non possono essere giustificate dalle ragioni addotte dall’Ungheria, vale a dire la tutela di un sano sviluppo dei minori e del diritto dei genitori di crescere i propri figli secondo le loro convinzioni personali 8. A tale riguardo, l’avvocata generale spiega che, in nome della tutela dei minori, la normativa ungherese in discussione vieta la rappresentazione della vita ordinaria delle persone LGBTI, e non si limita a proteggere i minori da contenuti pornografici, che erano vietati dalla legge in Ungheria già prima delle modifiche.
L’Ungheria non ha fornito alcuna prova del rischio potenziale di danno dei contenuti, che descrivono la vita ordinaria delle persone LGBTI, al sano sviluppo dei minori. Di conseguenza, tali modifiche si basano su un giudizio di valore secondo cui la vita omosessuale e la vita non cisgender non hanno pari valore o status rispetto alla vita eterosessuale e cisgender.
In terzo luogo, l’avvocata generale ritiene che la Corte debba constatare, come richiesto dalla Commissione, una violazione a sé stante dell’articolo 2 TUE da parte di uno Stato membro, articolo che enuncia i valori fondamentali sui quali si fonda l’Unione europea.
L’avvocata generale Ćapeta sottolinea che l’ordinamento giuridico dell’Unione si sviluppa attraverso il dialogo. Ciò significa che vi potrebbero essere visioni diverse sul modo in cui i valori comuni dovrebbero essere «concretizzati». Disaccordi sul contenuto dei diritti fondamentali o divergenze nella ponderazione di due o più diritti fondamentali non dovrebbero condurre alla constatazione di una violazione dell’articolo 2 TUE. Essi fanno parte del dialogo costituzionale nel sistema giuridico dell’Unione, che consente «concretizzazioni» dei diritti diverse. Tali disaccordi, tuttavia, non negano i valori stessi.
Una violazione dell’articolo 2 TUE dovrebbe essere constatata solo nel caso in cui la Corte giunga alla conclusione che uno Stato membro ha violato un diritto sancito dalla Carta perché ha negato il valore che detto diritto concretizza.
Nel caso in esame, l’avvocata generale ritiene che il fatto che le persone LGBTI meritino pari rispetto negli Stati membri non possa essere oggetto di contestazione attraverso il dialogo. La mancanza di rispetto e la marginalizzazione di un gruppo all’interno di una società costituiscono le «linee rosse» imposte dai valori dell’uguaglianza, della dignità umana e del rispetto dei diritti umani.
Di conseguenza, ella ritiene che, rimettendo in discussione l’uguaglianza delle persone LGBTI, l’Ungheria non manifesti un disaccordo o una divergenza quanto al contenuto dei valori dell’Unione. Detto Stato membro ha invece negato molti di tali valori fondamentali e si è quindi notevolmente discostato dal modello di democrazia costituzionale, riflesso nell’articolo 2 TUE.