 
È stato sottoscritto, nella Sala delle Colonne del Palazzo Civico della Città di Torino, il protocollo territoriale per l’attuazione dei Corridoi Lavorativi per i Rifugiati. Le istituzioni e gli Enti firmatari sono la Città di Torino, la Regione Piemonte, la Prefettura di Torino, l’Unione Industriali Torino, l’UNHCR – Agenzia ONU per i Rifugiati, l’Arcidiocesi di Torino, la Fondazione Compagnia di San Paolo, Reale Foundation, la Fondazione Don Mario Operti, l’Agenzia Piemonte Lavoro, IRES Piemonte, Diaconia Valdese, Talent Beyond Boundaries e Pathways International.
Il protocollo rappresenta un ulteriore passo in avanti, dopo la sottoscrizione lo scorso giugno del Protocollo Nazionale che conta tra gli altri firmatari, Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il Ministero dell’Interno e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con l’obiettivo di favorire l’ingresso regolare e sicuro in Italia di rifugiati qualificati, attraverso canali di mobilità lavorativa sostenuti da imprese, istituzioni e società civile.
La firma odierna consolida il ruolo della Città di Torino e della regione Piemonte come territori pionieri nell’adozione di modelli innovativi di integrazione lavorativa, capaci di rispondere alle esigenze del mondo produttivo e, al tempo stesso, offrire soluzioni dignitose e sicure per i rifugiati. Di recente i corridoi lavorativi sul territorio di Torino sono stati riconosciuti come best practice globale dal Mayors Migration Council, che ha assegnato alla Città un finanziamento nell’ambito del Global Cities Fund per promuovere questo modello d’inclusione.
A oggi, sono 60 i rifugiati selezionati in Paesi terzi (Colombia, Egitto, Uganda e Giordania) che arriveranno in Italia per essere inseriti in settori chiave come quello aeroportuale, della cantieristica navale, dell’informatica e orafo. Grazie al protocollo territoriale, nuove realtà imprenditoriali piemontesi potranno accogliere e valorizzare le competenze di lavoratori rifugiati, contribuendo a un modello virtuoso di collaborazione tra pubblico, privato e terzo settore.
Il protocollo territoriale è coerente con le linee guida del Global Compact on Refugees, che promuove l’apertura di percorsi di canali d’ingresso sicuro per i rifugiati con competenze professionali, al fine di favorire la loro integrazione e costruirsi un futuro dignitoso. In questo contesto, la sinergia tra istituzioni locali, mondo imprenditoriale e organizzazioni internazionali è fondamentale per il successo di progetti che si propongono come best practice a livello internazionale.
I corridoi lavorativi rientrano nel cosiddetto “percorso extra-quota” introdotto nella normativa italiana dalla legge 50/2023 che consente alle imprese di selezionare e formare rifugiati all’estero, con l’obiettivo di assumerli e facilitarne l’ingresso regolare in Italia tramite il visto per lavoro. Questo approccio, sostenuto dal Governo italiano e dall’UNHCR, rappresenta un modello innovativo e replicabile per affrontare sia le sfide dell’integrazione dei rifugiati sia il fabbisogno occupazionale di molti settori strategici dell’economia italiana. I corridoi lavorativi per i rifugiati, inoltre, insieme ai corridoi universitari, le evacuazioni umanitarie e il reinsediamento rappresentano un’ancora di salvezza per i rifugiati che nel tentativo di ricostruirsi un futuro migliore sono spesso costretti a intraprendere viaggi pericolosi e mettere a rischio se stessi e i propri familiari, a volte affidandosi a trafficanti senza scrupoli. Dal 2015 ad oggi sono oltre diecimila i rifugiati che hanno beneficiato di questi percorsi regolari verso l’Italia.
UNHCR è grata ad ACRI – Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa, Fondazione Compagnia di San Paolo e The Human Safety Net, partner dell’Agenzia nell’ambito del programma. I corridoi lavorativi sono resi possibili anche grazie al sostegno di Reale Foundation, Fondazione Shapiro, Flora Fund e Fondo Beneficenza Intesa San Paolo, a testimonianza del crescente impegno del settore filantropico e privato in iniziative a forte impatto sociale.


 
		 
		