
“Il Grande Gap”, il titolo del Great Employee Benefits Study di quest’anno (GEBS 2025), richiama subito alla mente il celebre romanzo di Francis Scott Fitzgerald, Il “Grande Gatsby”. L’allusione non è solo nominale: l’ultima frase del libro, tra le più celebri della letteratura del Novecento, offre una metafora potente per descrivere la condizione dei lavoratori di oggi…
“Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato.” I dati mostrano come il divario tra offerta e percezione non sia una semplice questione di percentuali, ma una frattura profonda che rischia di compromettere motivazione, fiducia e competitività. È in questo squilibrio che si annida il “Grande Gap” del welfare aziendale: mentre il 77% delle aziende ritiene di offrire soluzioni efficaci, solo il 54% dei dipendenti si dichiara soddisfatto. Inoltre, in Italia, solo il 65% dei lavoratori dichiara di sentirsi realmente coinvolto nel proprio lavoro, un dato preoccupante se confrontato con altri Paesi europei. In Germania il tasso di engagement raggiunge il 77%, nel Regno Unito l’88%, mentre nei Paesi nordici come Svezia e Finlandia si tocca il 91%. Anche i Paesi Bassi mostrano un livello elevato, con il 90% dei lavoratori attivamente coinvolti.
Il report è stato realizzato dal gruppo Epassi, leader europeo nelle soluzioni digitali per gli employee benefit, che con l’acquisizione dell’italiana Eudaimon nel 2023 ha ampliato l’osservatorio europeo sul welfare aziendale. Basato su un campione di 6.000 dipendenti e 1.435 dirigenti e HR di aziende con oltre 50 dipendenti, fotografa con chiarezza questo scarto. Il gap tra aspirazioni e realtà.
II GEBS 2025, redatto insieme a Pole Star Advisory e all’Aalto University School of Business, racconta una realtà complessa e sfaccettata, in cui il welfare aziendale non può più essere pensato come un insieme di benefit standardizzati, ma come un sistema dinamico, personalizzato e coerente con i bisogni reali delle persone. “Colmare il grande gap significa ripensare il ruolo dell’impresa nella vita delle persone, passando da erogatore di servizi a partner di benessere. Oggi il vero ostacolo non è solo offrire soluzioni di welfare, ma riuscire a comprenderne il linguaggio. Aziende e persone spesso non parlano la stessa lingua: mentre le prime ragionano in termini di benefit e performance, le seconde esprimono bisogni, emozioni e aspettative che non sempre trovano spazio nei modelli organizzativi tradizionali. Se il welfare non parla la lingua della vita quotidiana, non genera valore. E se non genera valore, diventa invisibile”, dichiara Alberto Perfumo, CEO di Eudaimon, realtà italiana leader nel welfare aziendale e parte del gruppo Epassi dal 2023.
Tuttavia l’offerta del welfare non è l’unico tema messo in luce dal report. Un elemento altrettanto cruciale è il coinvolgimento emotivo e professionale dei dipendenti, noto come employee engagement. Secondo Il Grande Gap 2025, infatti, il 35% dei dipendenti in Italia afferma che i benefit messi a disposizione non sono utili o non vengono utilizzati. Eppure, solo il 3% delle aziende riconosce apertamente questo problema. I dati mostrano chiaramente che l’Italia è in ritardo rispetto ad altri paesi: solo il 38% dei datori di lavoro italiani dichiara di adottare misure efficaci per migliorare l’esperienza dei propri collaboratori. Un dato che ci pone nettamente indietro rispetto ai benchmark internazionali. In un contesto globale dove il welfare aziendale è già leva competitiva e culturale, l’Italia rischia di restare ancorata a modelli frammentari e poco rilevanti. È il momento di superare la logica del benefit come “extra” e iniziare a costruire ecosistemi di benessere integrato, capaci di rispondere alle esigenze reali delle persone e generare valore condiviso. Nel Regno Unito, infatti, il dato sale al 61%, mentre nei Paesi Bassi raggiunge il 66%: percentuali che testimoniano come il benessere e la soddisfazione dei dipendenti siano ormai elementi centrali nelle strategie aziendali. La natura del divario non si ferma qui: anche dal punto di vista dei dipendenti la percezione degli sforzi messi in campo dalle aziende italiane è tra le più basse in Europa: solo il 32% afferma di notare miglioramenti nella propria esperienza lavorativa, contro il 58% nel Regno Unito e il 62% nei Paesi Bassi. In Italia, quindi, non solo si investe meno, ma spesso lo si fa in modo poco visibile o inefficace.
In questo scenario il ruolo delle aziende cambia radicalmente. “Oggi il welfare aziendale non può più essere pensato come una somma di benefit scollegati, ma come un ecosistema integrato, capace di generare valore reale per le persone – sottolinea Elisa Terraneo, marketing manager di Eudaimon – Ogni iniziativa, ogni servizio, ogni attenzione deve inserirsi in un disegno più ampio, dove il benessere non è un obiettivo a margine, ma il cuore pulsante della strategia aziendale. È in questa visione sistemica che il welfare evolve: da accessorio a leva di trasformazione culturale”.
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