SCUOLA: pensioni, 4.580 docenti e Ata rischiano di non andarci

Oggi il Ministero dell’Istruzione e l’Istituto di previdenza sociale, improvvisamente tornati in armonia dopo le accuse reciproche dei giorni scorsi, ci dicono in modalità congiunta che non c’è “nessuna emergenza e nessun allarme in materia di pensionamento degli insegnanti e del personale della scuola”.

 

Sono risibili le rassicurazioni fornite oggi da Miur e Inps sui 4.580 docenti e Ata della scuola che a poco più di un mese dal loro pensionamento rischiano di dovere lavorare un anno in più per colpa di una macchina amministrativa lenta come un pachiderma: stamane, il Ministero dell’Istruzione e l’Istituto di previdenza sociale, improvvisamente tornati in armonia dopo le accuse reciproche dei giorni scorsi, ci dicono in modalità congiunta che non c’è “nessuna emergenza e nessun allarme in materia di pensionamento degli insegnanti e del personale della scuola”.

 

Miur e Inps arrivano a volere fare credere che la situazione è sotto controllo, tanto da produrre “un quadro aggiornato di dati che segna un miglioramento rispetto al 2017”, in base al quale risulta che dei 36.700 lavoratori della scuola che hanno diritto alla pensione sarebbero solo “17.000 coloro che, alla data odierna, hanno la pensione già liquidata con pagamento all’1 settembre 2018”.

Sempre i due organismi istituzionali sostengono che “il numero di dinieghi per carenza di requisiti ammonta, ad oggi, al 10% circa delle richieste totali, contro il 15% circa registrato un anno fa. Si tratta – sostengono ancora Miur e Inps – di 4.580 casi su cui INPS e MIUR stanno portando avanti puntuali verifiche dei diritti acquisiti o meno”.

 

All’Anief non risulta che il 17 luglio dello scorso anno vi fossero così tante persone nell’incertezza di andare o meno in pensione. Si tratta di un fatto increscioso e mai accaduto con queste proporzioni. Ma il motivo più grave di tutto ciò è un altro: come si fa a minimizzare un fatto così grave, in un Paese che si annovera tra i più avanzati al mondo?

 

“I circa 4.500 docenti e Ata lasciati senza una risposta, pur avendo i requisiti per lasciare, non meritano un trattamento di questo genere, dopo avere lavorato una vita. Dall’amministrazione dobbiamo invece aspettarci che si trattino in modo repentino e correttamente le certificazioni e le pratiche mancanti. Inoltre, è bene che l’Inps si adoperi per rendere i contributi figurativi mai versati  e programmare davvero un sistema più vicino all’Europa, dove si va in pensione a 63 anni e non a 67 anni come accadrà da noi dal prossimo 1° gennaio.

 

“Inoltre, visto che lo stesso Ministero dell’Istruzione ha ammesso che il prossimo anno potrà solo andare peggio, è bene che sin d’ora l’Inps aggiorni il suo sistema d’archivio, valutando il servizio svolto per 365 giorni e non 360 giorni, come avviene oggi creando sgradevoli situazioni di incertezza e di pericolo di rinvio della data di pensionamento.

Dallo stesso Inps è bene che si intraprenda un atteggiamento collaborativo e tecnicamente all’altezza. Senza intraprendere gratuite lotte contro ‘Quota 100’ e ‘Quota 41’, perché – conclude Pacifico – dalla previdenza sociale i cittadini si aspettano che si metta in atto un servizio e non invettive che sfociano nella politica”.