Scoperto un antibiotico 100 volte più potente. Dal suolo contro i superbatteri

Una scoperta sorprendente, pubblicata sulla rivista scientifica “Nature”, potrebbe aprire la strada a nuove armi contro le infezioni resistenti agli antibiotici. Studiando il processo naturale con cui un batterio del suolo produce un farmaco noto da decenni, un team internazionale di scienziati ha identificato un composto intermedio con un potenziale antimicrobico straordinario.

Il protagonista è lo Streptomyces coelicolor, un batterio già noto per la produzione della metilenomicina A, un antibiotico isolato per la prima volta nel 1965. Analizzando il percorso biochimico che porta alla sintesi del farmaco, i ricercatori hanno scoperto una molecola intermedia — chiamata pre-metilenomicina C lattone — capace di uccidere ceppi batterici resistenti con una potenza cento volte superiore rispetto al prodotto finale.

“È stato un colpo di scena evolutivo,” racconta Gregory Challis, coautore dello studio e professore di biologia chimica all’Università di Warwick (Uk). “Tendiamo a pensare che l’evoluzione perfezioni il prodotto finale, ma in questo caso è l’intermedio a essere il vero campione.”

Il gruppo ha studiato per anni il percorso biosintetico della metilenomicina A, disattivando uno a uno i geni coinvolti nella sua produzione. Così sono emersi diversi composti intermedi, rimasti per anni in un cassetto del laboratorio. Un ricercatore ha avuto l’intuizione di testarli contro batteri patogeni. Il risultato? Il pre-metilenomicina C lattone ha sterminato ceppi resistenti di Staphylococcus aureus e Enterococcus faecium con dosi minime: 1 microgrammo contro i 256 richiesti dalla metilenomicina A.

La scoperta arriva in un momento cruciale. I cosiddetti “superbatteri” stanno già rendendo inefficaci molti antibiotici di ultima linea. Il nuovo composto, invece, ha mostrato efficacia anche contro ceppi che resiste a trattamenti estremi.

“È un esempio perfetto di quanto la natura abbia ancora da insegnarci,” commenta Gerard Wright, biochimico alla McMaster University (Canada). “Abbiamo bisogno di guardare con occhi nuovi anche ai percorsi metabolici che pensavamo di conoscere.”

Il bello è che tutto è nato da una ricerca di base, senza obiettivi immediatamente applicativi. “Eravamo mossi dalla curiosità,” ammette il professore Challis, “e invece abbiamo trovato qualcosa che potrebbe salvare vite.”

Ora il prossimo passo sarà testare il composto su modelli animali e valutarne la tossicità, la stabilità e la possibilità di sintesi su larga scala. Ma l’entusiasmo è palpabile: in un’epoca in cui la pipeline degli antibiotici è quasi vuota, ogni nuova molecola è una speranza.

Oltre al valore terapeutico, la scoperta offre anche una lezione “filosofica”. L’idea che l’evoluzione non sempre selezioni il “meglio” in senso assoluto, ma solo ciò che è “abbastanza buono” per sopravvivere, trova qui una conferma molecolare. Il pre-metilenomicina C lattone, più potente ma forse più instabile o costoso da produrre, è stato scartato in favore di un prodotto finale meno efficace.

Il team spera che la scoperta possa portare allo sviluppo di nuovi farmaci, capaci di affrontare le infezioni più ostinate. Per ora, il pre-metilenomicina C lattone rappresenta un esempio brillante di come la ricerca di base possa generare soluzioni concrete per problemi globali.

In un mondo che cerca soluzioni rapide e definitive, la natura ci ricorda che l’efficienza non è sempre sinonimo di perfezione. E che, a volte, per trovare la cura del futuro, bisogna scavare nel passato o….nel terreno sotto i nostri piedi.

 

Primo Mastrantoni, presidente comitato tecnico-scientifico di Aduc