Rincari. Ma guarda se ci tocca difendere Amazon…

E’ la classica espressione con gli occhi al cielo di chi, giocoforza ma onesto (crediamo e auspichiamo….), non può che riconoscere che anche il più riccazzo dei riccazzi ha ragione. Amazon ha deciso, dal prossimo gennaio, di aumentare il costo del suo servizio Prime (consegna veloce pacchi e tv on demand), da 36 si passa a 50 euro.

Fior fiore di analisti, pro e contro, si stanno spendendo nel capire, giustificare o attaccare, non rendendosi conto che se a casa tua decidi che nel piatto di pasta consideri 100 grammi invece dei classici 125, sono fatti tuoi e i tuoi ospiti, se si lamentano, vadano pure a mangiare altrove.

Noi prendiamo atto che dopo il divampare delle crisi low cost in generale (aerei soprattutto), sarebbe stato strano che tale “crisi” non avrebbe dovuto toccare la più assurda delle assurdità della globalizzazione: comprare un fiocchetto da 3 euro su Amazon e vederselo recapitare il giorno dopo (magari domenica) a casa propria da corriere privato in livrea e spesso sorridente.

A suo modo, è quello che sta facendo l’altro gigante dell’economia transnazionale Netflix, con l’aumento dei suoi prezzi e l’introduzione di una fascia di pubblicità con riduzione delle scelte di film.

Chi si lamenta, si metta pure un tappo in bocca e imploda per propria borosità. Sembra come quei consumatori che talvolta chiamano i nostri uffici (1) e si lamentano che a qualunque ora del giorno dall’altro capo del telefono non ci sia un esperto in successioni ereditarie o in investimenti in borsa e, quando si degnano di ascoltare le spiegazioni su come avere un consiglio, si indignano perché, oltre il consiglio che diamo comunque gratuitamente, non ci facciamo carico di rappresentarli – gratis ovviamente – financo in Cassazione o alla Corte di Giustizia europea.

Ora, il paragone Aduc/Amazon lascia il tempo che trova. Per carità. Ma è specchio di una degenerazione umana ed economica che democrazia e globalizzazione – mescolate con furbizia, propensione permanente all’evasione fiscale, finta povertà, disperazione ideologica continua, etc – che ha preso piede e che ci vorrà tempo prima che capisca che non si trattava di realtà.

In queste settimane, sui social, va per la maggiora sputare su un famoso quanto antipatico imprenditore che nei suoi ristoranti vende la pizza a prezzi 5 volte superiori alla media. A parte che immaginiamo i prezzi siano noti agli avventori, per noi la può vendere anche a quanto fa un famoso chef campano che propone una pizza a 8.000 euro ma… basta non andarci e, per chi lo ritiene saggio, prendere in giro chi apre il proprio portafoglio a certe “oscene” offerte gastronomiche.

Bene, queste persone che vorrebbero la messa all’indice di questi riccazzi delle pizze, hanno le stesse logiche di chi si lamenta che Aduc non risponde H24 con esperti ai suoi telefoni e che Amazon si è posto il problema che è finita l’era dei regali per promuovere i propri servizi, al pari delle low cost aeree e non solo.

Torniamo e incominciamo a vivere in un mondo dove 2+2 faccia quattro, anche se – vicenda della caduta del governo Draghi docet – abbiamo tendenza a credere in santi, madonne, fattucchieri e imbonitori che sono tali per il nostro bene.

 

1 – associazione di volontariato autofinanziata e, per scelta, senza finanziamenti pubblici.

 

Vincenzo Donvito Maxia