Quando basta una scintilla: la lezione dell’incendio di Fano

È stata solo una questione di minuti. Un boato improvviso, poi il cielo attraversato da una colonna di fumo nero visibile a chilometri di distanza. In via Pergolesi, nel quartiere del Lido, un incendio scoppiato in un capanno e divampato nel cortile di una palazzina si è pericolosamente avvicinato alle abitazioni adiacenti. Una Fiat 500 è stata danneggiata, e almeno un appartamento è stato dichiarato inagibile. I Vigili del Fuoco, intervenuti con tempestività e professionalità, sono riusciti a circoscrivere le fiamme e a evitare una tragedia. Ma resta lo sconcerto per quanto avrebbe potuto accadere.

Solventi, vernici, carburanti, gas compressi o liquefatti: sono prodotti che si usano ogni giorno nelle diverse attività produttive, ma che, se mal gestiti o conservati senza i necessari requisiti di sicurezza, possono trasformarsi in un innesco devastante. “Le sostanze esplosive o altamente infiammabili non sono mai del tutto innocue – spiegano gli attivisti e gli esperti del Comitato PESARO: NO GNL – nemmeno in piccole quantità. Basta un’imprudenza, come uno zampirone acceso, un cortocircuito, una scintilla, e la tragedia può essere dietro l’angolo.

Le normative italiane ed europee impongono standard rigorosi per lo stoccaggio, la gestione e la sorveglianza di questi materiali. Le strutture che li ospitano devono essere costruite secondo criteri ingegneristici precisi, dotate di sistemi di contenimento, impianti antincendio, rilevatori e piani di emergenza ben collaudati. L’improvvisazione non è solo un errore: è un rischio collettivo.

Nel caso dell’incidente di oggi a Fano, la fortuna – e la rapidità dell’intervento dei Vigili del Fuoco – ha evitato il peggio. Ma è doveroso sottolineare che l’accaduto si è verificato a ridosso di una palazzina abitata, accanto a un edificio dismesso e in un quartiere densamente popolato. Uno scenario che rende ancora più evidente l’inadeguatezza di certi depositi o attività pericolose a ridosso delle abitazioni civili.

“Questo episodio – prosegue il Comitato – deve essere un campanello d’allarme anche per le amministrazioni pubbliche e gli enti autorizzativi. Il rispetto per l’autorevolezza e le competenze dei Vigili del Fuoco, in particolare in sede di rilascio di autorizzazioni per impianti a rischio industriale, non è facoltativo, ma essenziale. Il loro ruolo di garanzia della sicurezza, della salute pubblica e della vita umana va sostenuto, mai messo in discussione”.

Quanto avvenuto a Fano offre spunti di riflessione anche su vicende come quella di Pesaro, dove è ancora aperta la discussione sull’insediamento di un impianto di liquefazione del GNL (Gas Naturale Liquefatto) nella zona Tombaccia, in strettissima prossimità di abitazioni, scuole, esercizi commerciali e pozzi idrici.

In quel caso, i Vigili del Fuoco (CTR) hanno espresso un parere tecnico negativo, evidenziando i rischi collegati alla presenza del metano liquido in un’area urbanizzata. Tuttavia, quel parere, invece di essere accolto come una tutela preziosa per la comunità, è stato contestato, anche in tribunale. “Un atteggiamento ormai tipico delle industrie inquinanti e pericolose – concludono gli attivisti – che mette a rischio il principio stesso di precauzione su cui si fondano le politiche di sicurezza”.

L’incendio di oggi, con le sue fiamme che hanno sfiorato le abitazioni, in effetti deve farci riflettere. La sicurezza non è un ostacolo allo sviluppo, ma la sua base più solida. Le sostanze pericolose, i materiali infiammabili, i processi industriali a rischio non possono coesistere con l’abitato senza garanzie forti, controlli rigorosi e un rispetto assoluto per il parere degli esperti.

L’errore umano, l’imprevisto, il caso fortuito esisteranno sempre. Ma una società matura li prevede, li affronta, li mitiga. E rinuncia laddove essi mettano a repentaglio la sicurezza e l’esistenza delle persone, perché le vite umane non si barattano con nessun profitto né si affidano ai  capricci del caso.