Quest’anno l’Italia e l’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, celebrano il decimo anniversario dei percorsi sicuri attraverso i quali 11.000 rifugiati provenienti da 24 paesi hanno trovato sicurezza e una nuova vita in Italia.
In un momento in cui le persone costretta a fuggire sono sempre di più su scala globale e molti richiedenti asilo e migranti intraprendono ancora viaggi pericolosi, questi numeri evidenziano come il reinsediamento e programmi simili possano offrire un nuovo inizio alle persone rifugiate vulnerabili.
“Negli ultimi dieci anni, l’Italia ha dimostrato una forte leadership nel tradurre la solidarietà in azione”, ha affermato Chiara Cardoletti, Rappresentante dell’UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino. “Con il reinsediamento, i corridoi umanitari, le evacuazioni d’emergenza e i percorsi di istruzione e lavoro, l’Italia ha fornito alternative concrete ai viaggi pericolosi e ha dato un contributo significativo alla condivisione delle responsabilità a livello globale. Queste iniziative sono un esempio potente per l’Europa e non solo”.
Dieci anni fa, nell’ottobre 2015, l’Italia ha accolto il primo volo dal Libano, segnando l’inizio del programma di reinsediamento sostenuto dall’UNHCR che da allora ha dato protezione a 3.000 rifugiati provenienti dal Libano, dalla Turchia, dalla Giordania, dal Sudan e da altri paesi, offrendo un’ancora di salvezza alle persone e alle famiglie.
Nel 2016, una coalizione di organizzazioni religiose italiane ha lanciato e finanziato una partnership, Humanitarian Corridors, per trasferire in Italia i rifugiati più vulnerabili ospitati in Etiopia, Libano, Pakistan, Turchia, Libia, Niger e Iran. Grazie a questa iniziativa, sono state accolte più di 6.000 persone e il progetto nel 2019 ha ricevuto il premio regionale “Nansen Refugee Award” dell’UNHCR.
“L’Italia ha facilitato questi corridoi per dieci anni. Questa è la prova che quando ai rifugiati viene data una possibilità attraverso percorsi sicuri, essi possono diventare indipendenti e rafforzare le comunità che li accolgono”, ha affermato Filippo Rossi, Coordinatore delle operazioni per l’Ufficio regionale per l’Europa dell’UNHCR.
L’Italia è stata anche in prima linea nelle evacuazioni di emergenza dalla Libia e dal Niger, garantendo la sicurezza dei rifugiati che vivevano in condizioni estremamente difficili. Circa 1.500 rifugiati hanno avuto accesso a programmi di accoglienza e integrazione in Italia grazie alle istituzioni, all’UNHCR e ai suoi partner. L’ultima evacuazione umanitaria, avvenuta l’11 dicembre, ha registrato l’arrivo a Roma di 122 rifugiati provenienti principalmente dal Sudan, dal Sud Sudan e dall’Eritrea. Deng, un rifugiato del Sud Sudan che ha viaggiato in Italia con la sua famiglia, ha parlato con l’UNHCR il giorno della partenza. “Sono molto felice, perché stiamo andando in un luogo sicuro. Io e i miei fratelli e sorelle potremo studiare, i miei genitori potranno trovare lavoro e vivremo al sicuro”.
L’accesso dei rifugiati all’istruzione superiore è stato ampliato nel 2019 grazie all’iniziativa Corridoi universitari per i rifugiati (UNICORE), sviluppata con le università italiane, il Ministero degli Affari Esteri e le organizzazioni della società civile. Studenti provenienti principalmente da Etiopia, Kenya, Uganda, Tanzania, Nigeria, Camerun, India e Mozambico hanno studiato in Italia grazie a borse di studio offerte da 45 università italiane, portando il proprio contributo con le loro competenze e conoscenze alle comunità che li ospitano.
Infine, nel 2023 l’Italia è diventata uno dei primi Paesi a sviluppare un programma per l’occupazione dei rifugiati nell’ambito del sistema di mobilità lavorativa, promuovendo dignità, autosufficienza e inclusione. In collaborazione con le autorità, l’UNHCR, le aziende, le ONG e gli istituti di formazione, i rifugiati vengono selezionati e formati nei Paesi d’asilo prima di arrivare in Italia con un visto di lavoro per svolgere professioni in linea con le esigenze del mercato italiano.
Queste iniziative attuate in Italia dall’UNHCR con le organizzazioni partner della società civile, del mondo accademico e del settore privato, queste iniziative dimostrano come gli impegni condivisi si traducano in soluzioni concrete per le persone costrette a fuggire, in linea con gli obiettivi del Patto globale sui rifugiati.
