
Sembrano forti, ma possono spezzarsi come vetro. Le ossa delle persone con diabete nascondono una fragilità insidiosa che troppo spesso passa inosservata fino al momento della frattura. Un rischio poco visibile che la SID ha voluto portare all’attenzione con una relazione di Panorama Diabete in corso a Riccione.
Il diabete non colpisce solo pancreas, cuore, reni e vasi sanguigni, ma tesse la sua rete di complicanze fino allo scheletro, tanto da aver portato alla definizione di ‘osteopatia diabetica’. Un dato allarmante e non sempre noto: la fragilità ossea non è tipica solo della popolazione anziana con diabete di tipo2 ma interessa anche i giovani adulti con diabete di tipo 1.
Diabete di tipo 1 – “Il diabete ‘mette il turbo’ a molte patologie dell’invecchiamento” sottolinea la Prof. Raffaella Buzzetti, Presidente SID “e la fragilità ossea è stata ormai rubricata come complicanza del diabete. I pazienti con diabete di tipo uno presentano un rischio 1,5 volte in più di fratture in generale, il rischio aumenta però più di quattro volte (RR 4.35) per le fratture di anca e quasi di due volte per quelle della caviglia (RR 1.97). La prevalenza rispetto ai gruppi di controllo senza diabete e del 24,4% versus il 6,1%, significativamente maggiore anche rispetto alle persone con diabete di tipo 2. Una massa ossea ridotta interessa tra il 22 e il 37% dei giovani con diabete di tipo 1. È qui che un buon controllo della malattia e l’utilizzo della terapia infusionale possono agire da fattori protettivi”.
Diabete di tipo2 – Già nello studio prospettico Health, Ageing and Body Composition Study [1] (condotto su uomini e donne di età compresa tra 70 e 79 anni) era stato rilevato un rischio di frattura superiore del 64% negli individui con diabete di tipo 2. E due ampie metanalisi hanno confermato il rischio sino a tre volte superiore [2]. Nelle donne in particolare, il rischio di fratture vertebrali aumenta di tre volte e mezza rispetto a chi non ha il diabete.
“I motivi sono diversi, si tratta di una osteopatia con basso turnover osseo anche quando la massa risulti normale. In particolare, si assiste ad una maggiore densità dell’osso trabecolare e ad una minore densità di quello corticale che risulta più poroso e con una microarchitettura peggiore. Il risultato sono ossa che hanno minore resistenza in caso di traumi” precisa il Prof. Nicola Napoli Membro del Consiglio Direttivo della SID. Contrastare questi fenomeni non è impossibile: vitamina D, calcio possono contribuire alla prevenzione della massa ossea”.
Ci viene in aiuto la diagnostica: la DXA (Densitometria Ossea a bassa dose) é considerata il gold standard per la diagnosi di osteopenia. Per le persone con diabete esiste l’indicazione alla DXA in quelli con diabete di tipo 1 con più di cinquant’anni o con meno di cinquant’anni in presenza di scarso controllo glicemico, con familiarità per fratture, durata di malattia di almeno 26 anni e celiachia. La valutazione della massa ossea serve a definire anche la necessità di terapie ad hoc come quelle a base di bifosfonati o denosumab, le soglie di trattamento, stabilite dall’International Osteoporosis Foundation (IOF), sono una storia di fratture di vertebre o anche e un T-score <-2,0 [3].
Mentre l’insulina ha una relazione positiva con la massa ossea, la resistenza all’ormone ha un impatto negativo sia sulla massa che sulla qualità dell’osso. Inoltre, nelle persone con diabete di tipo due si assiste ad un aumento di AGEs (i prodotti della glicazione avanzata) che alterano le molecole di collagene che contribuiscono all’elasticità la forza e la resistenza delle ossa. In questo quadro anche l’obesità può avere un ruolo sia per il maggiore carico meccanico che per la produzione di citochine infiammatorie (IL-6 e TNFa) che provocano fragilità scheletrica: promuovono infatti il riassorbimento osseo stimolando l’attività delle cellule osteoclasti. Contribuiscono negativamente anche alcune complicanze del diabete, come le ipoglicemie, le neuropatie degli arti inferiori e la retinopatia diabetica che determinano instabilità posturale e rischio di cadute aumentato.
Ultima, ma da non sottovalutare, la perdita di massa muscolare, chiamata sarcopenia, che, se non corretta con un adeguato apporto proteico ed esercizi di resistenza, apre la strada alla fragilità, a cadute e fratture. Anche in questo caso le persone con diabete presentano uno svantaggio: il loro rischio di sviluppare sarcopenia è tre volte superiore rispetto ai controlli senza la malattia.