
Il nuovo capitolo nella lotta contro le dipendenze si apre con il riconoscimento ufficiale da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che le donne affrontano il tabagismo in modo fondamentalmente diverso dagli uomini, richiedendo strategie di trattamento specifiche per il genere.
Il convegno del MOHRE insieme all’Intergruppo Parlamentare Stili di vita e Riduzione del Rischio che si è appena svolto a Roma si è chiuso con una proposta: ampliare il No Tobacco Day all’intero mese di maggio, trasformandolo in NO TOBACCO MAY, così come avviene nei paesi anglosassoni con ‘Sober October’ per la sensibilizzazione dei consumi di alcol.
“Per la prima volta, le linee guida OMS 2024 considerano la differenza di genere nella cessazione dal tabagismo, riconoscendo che le donne hanno la metà delle probabilità di smettere di fumare rispetto agli uomini. Il cambiamento di paradigma dei fattori di rischio per le patologie femminili non è solo di tipo sanitario volto all’investimento anche ma soprattutto socioculturale soprattutto nelle regioni del sud del mondo” ha ricordato l’On. Simona Loizzo, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Stili di Vita e Riduzione del Rischio.
“Dobbiamo iniziare a pensare al tabagismo in un’ottica di genere: le donne iniziano con dosi inferiori rispetto agli uomini, ma diventano dipendenti più rapidamente” spiega il Dottor Fabio Beatrice, Direttore del Board scientifico del MOHRE “È stato dimostrato che l’accumulo di nicotina nel cervello dopo aver fumato una sigaretta è più rapido nelle donne che negli uomini. Questo è correlato a una maggiore motivazione al fumo e potrebbe spiegare perché le donne incontrano maggiori difficoltà a smettere di fumare rispetto agli uomini. Le donne, inoltre, presentano maggiore espressione clinica dei segni di astinenza da nicotina ( craving ) rispetto ai maschi, fattore che le rende più resistenti ai tentativi di cessazione e hanno ricadute più frequenti”.
Sul sesso femminile agiscono anche fattori ormonali: tenderebbero a smettere di fumare più facilmente nella fase follicolare con alta presenza di estrogeni. Proprio le fluttuazioni ormonali possono influenzare la metabolizzazione della nicotina, rendendo efficaci alcuni trattamenti per la cessazione, come la terapia sostitutiva con nicotina o i farmaci antifumo, meno efficaci rispetto agli uomini. Le donne, infatti, avrebbero la metà delle probabilità di cessare rispetto agli uomini [1].
“Le donne sembrano sviluppare una dipendenza dal fumo più legata ad aspetti psicologici ed emotivi, come l’ansia, lo stress e la depressione che non solo possono favorire l’inizio di un comportamento tabagico ma, rimanendo, ne ostacolano anche la cessazione” ricorda il Dottor Claudio Leonardi, Presidente SIPaD “Il fumo di nicotina, come l’alcol e/o le altre sostanze stupefacenti, favorisce una complessa attivazione dei meccanismi cerebrali del piacere e della gratificazione ma mentre sembrerebbe che gli uomini fumano principalmente per soltanto i circuiti del piacere e stimolare della gratificazione, le donne utilizzerebbero il fumo anche come strumento di gestione compensativa dell’ansia, dello stress e della depressione, quale estremo tentativo di risolvere queste situazioni psicopatologiche particolarmente correlate tra loro ma, purtroppo, con scarsi risultati positivi”.
Strategie per la cessazione nelle donne – Tutti questi elementi rendono ragione della necessitò di studiare approcci personalizzati per la disassuefazione dal fumo combusto nelle donne. Lo staging della fumatrice da sottoporre ad un percorso di cessazione deve tenere in debito conto la differenza di genere. Anche una valutazione del ciclo mestruale può indirizzare favorendo il periodo più opportuno per il tentativo di cessazione (prediligere la fase follicolare cioè quella tra mestruazione ed ovulazione). In caso di resistenza alla cessazione si deve affrontare in seconda linea la questione della riduzione del rischio con dispositivi elettronici che ha il vantaggio di eliminare gran parte della tossicità da combustione.
Donne e dipendenze, un problema di genere – Se nel consumo di sostanze d’abuso le donne sono sottorappresentate in misura di circa una consumatrice ogni tre maschi, il quadro cambia nell’uso non medico di farmaci come quelli per dormire, per l’umore, per dimagrire o per il deficit di attenzione, oppure di farmaci o chiodi e tranquillanti come le benzodiazepine, area dove le donne sono ad alto rischio. Il sesso femminile è meno attratto da oppiacei, cocaina, estasi ma subisce forme di dipendenza più severe: hanno un maggiore effetto di rinforzo, percepiscono in maniera più marcata i sintomi dell’astinenza, consumano maggiori quantità di sostanze in maniera più intensa (binge).
“Nelle donne il fattore di rischio per le dipendenze e lo stress: la risposta dell’amigdala ha stimoli emotivi negativi, è associato al consumo di sostanze. Le radici dei consumi nelle donne affondano spesso nelle esperienze avverse precoci (Early Life Adversity) che si possono tradurre in consumi abituali o problematici” sottolinea la Dr.ssa Sarah Vecchio
Direttore S.C. Ser.D ASL Novara, “C’è poi il grande capitolo della cura dei disturbi affettivi come ansia, depressione e Disturbi del comportamento alimentare. Nelle giovanissime essere vittima di bullismo o cyberbullismo aumenta i consumi dannosi di 1,66 volte nelle ragazze” conclude la Dottoressa Vecchio.