Migranti: Save the Children, oltre centomila minori stranieri non accompagnati sono arrivati sulle nostre coste negli ultimi 10 anni

La drammatica situazione degli ultimi giorni a Lampedusa riporta in primo piano la necessità di una rete di accoglienza strutturata, soprattutto per i più vulnerabili, come i minori che arrivano sulle nostre coste senza genitori e figure adulte di riferimento. Negli ultimi dieci anni[1] sono arrivati via mare da soli in Italia 103.842 minori stranieri non accompagnati (MSNA), prevalentemente adolescenti e preadolescenti, ma non di rado anche bambini, con una media di 15mila presenze annue.

Nonostante i minori non accompagnati siano quindi una presenza regolare nel nostro Paese, non sono mai nati i centri go-vernativi di prima accoglienza previsti dalla legge e anche i Centri di Accoglienza Straordinaria, che dovrebbero rappresentare la soluzione di ultima istanza, contavano al 31 dicembre 2021 soltanto 519 posti. Guardando al trend relativo ai posti finanziati nei CAS dal 2018 al 2021, appare evidente che l’intento di distribuire i minorenni sull’intero territorio nazionale al loro arrivo è stato via via disatteso, sino a concentrare in Sicilia e in Calabria la quasi totalità dei CAS minori attivi a fine 2021.

Nel solo 2021 nei Paesi di ingresso UE – Grecia, Italia (10.053), Bulgaria, Spagna, Cipro e Malta – sono stati registrati in arrivo 17.200 minori non accompagnati, che hanno rappresentato il 71% di tutti i minorenni, compresi quelli arrivati con le famiglie, che hanno fatto ingresso in Europa. Sempre nel 2021 Germania (73.245) e Francia (25.750) hanno registrato il maggior numero di richieste di asilo da parte di minori (anche in famiglia), in Italia le domande di minori sono state 11.569, di cui 3.257 di non accompagnati.

Storie diverse l’una dall’altra, accomunate da viaggi impegnativi, spesso dolorosi, di attraversamento di frontiere, violenze, rapimenti, che nessun giovane dovrebbe conoscere mai, ma anche caratterizzate da forte determinazione, speranza e tenacia.  Storie come quella del 17enne siriano Mohamed, che ha lasciato un Paese distrutto da 12 anni di guerra e ha attraversato il Mediterraneo, partendo dalla Cirenaica in Libia. Gli operatori di Save the Children che l’hanno incontrato a luglio nella tensostruttura del porto di Roccella Ionica in Calabria lo hanno trovato in lacrime. Era arrivato da 8 giorni e sentiva terribilmente la mancanza di suo fratello più piccolo di un anno: sopravvissuti entrambi alle percosse in Libia, erano stati divisi durante le difficili fasi di salvataggio nel Mediterraneo. I due ragazzi, accolti in regioni diverse, solo dopo diversi giorni sono riusciti alla fine a ricongiungersi.

Storie di viaggi, purtroppo spesso con esito letale, come ricorda il rapporto Missing Migrants dell’Organizzazione internazionale per le Migrazioni (OIM)[2] secondo il quale, da inizio gennaio 2021 a fine ottobre 2022, 2.836 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo Centrale, tra le coste africane e l’Italia, molti di loro bambini, anche piccolissimi, come le quattro vittime giunte a Lampedusa a fine ottobre, tutte sotto l’anno di età[3]. Entrare nell’Unione europea continua a essere una macabra lotteria, resa ancora più preoccupante dai quasi 100mila rintracci e ritorni forzati di adulti e minori effettuati dalla cosiddetta Guardia Costiera libica dal 2017 in poi per effetto del Memorandum Italia-Libia, rinnovato automaticamente il 2 novembre 2022.

Per chi riesce ad arrivare in Italia, c’è la questione dell’accoglienza, un mondo variegato che non garantisce sempre risposte adeguate. Negli ultimi 10 anni si è registrata una media annua di circa 15mila presenze di minori stranieri non accompagnati nel sistema italiano.  Accanto a centri di prima accoglienza efficienti, a fruttuose collaborazioni tra istituzioni ed enti non profit che mettono i ragazzi e le ragazze in primo piano, si trovano anche situazioni di grave sovraffollamento, luoghi di primo sbarco dove si fatica persino a garantire pannolini, cibo adeguato e cure mediche ai bambini, in un continuo clima di tensione o ancora centri dove l’alto numero e turnover di adolescenti non consente di garanti-re alcuna progettualità di medio-lungo periodo.

Per cercare di fare chiarezza su questo sistema complesso, in continuo mutamento, dopo aver seguito la scorsa primavera le rotte dei ragazzi provenienti dalla cosiddetta rotta balcanica alla frontiera Nord[4], il team di ricerca di Save the Children ha realizzato Il rapporto “Nascosti in piena vista – Fron-tiera Sud”, curato dal giornalista Daniele Biella, con il contributo del fotoreporter Alessio Romenzi da oggi disponibile sul sito internet dell’organizzazione. La ricerca è stata condotta nei mesi estivi del 2022 – periodo dell’anno con più arrivi via mare – nei luoghi di sbarco, lungo le strade delle città e nei centri di prima accoglienza dei punti nevralgici della Calabria – regione per la quale il 2022 è stato un anno senza precedenti in termini di arrivi con gli oltre 16mila registrati, di cui almeno 1200 minori soli, (toccando Roccella Ionica, tutta la Locride, Crotone, Isola di Capo Rizzuto, Reggio Calabria e dintorni ) – della Sicilia (capoluoghi e paesi di provincia da Messina a Catania, da Pozzallo ad Agrigento e Palermo) e dell’isola di Lampedusa, punto di approdo con i numeri più alti di tutto il bacino europeo.

Il rapporto traccia diversi percorsi seguiti dai minori stranieri dopo lo sbarco, e in particolare esamina le condizioni della prima accoglienza, le criticità legate alla permanenza promiscua e prolungata dei più giovani negli hotspot, l’alienante attesa del trasferimento nei centri e, infine, la permanenza nelle comunità. Si presentano le storie di minori che si allontanano per raggiungere una destinazione finale in un altro Paese europeo, esponendosi a nuovi rischi, e di quelli che intraprendono percorsi di integra-zione, se accolti in contesti favorevoli all’inclusione sociale ed educativa.

 

Le difficoltà del sistema di accoglienza

Il motivo per cui il 17enne siriano Mohamed ha dovuto attendere di ricongiungersi col fratello, così come le lunghe attese di 13 minorenni soli siriani, curdi, egiziani, incontrati lo stesso giorno nella tensostruttura di Roccella Ionica sono dovute alla cronica mancanza di posti in accoglienza, in particolare per la prima accoglienza dopo l’arrivo.

Negli ultimi anni, il numero delle strutture dedicate alla prima accoglienza dei minori si è ridotto, con un conseguente prolungamento della permanenza presso gli hotspot o, addirittura, in strutture temporaneamente dedicate allo scopo presso le aree di sbarco.  Il Cara di Crotone, gli hotspot di Pozzallo e Lampedusa – pur nelle loro differenze – come dimostrano le cronache degli ultimi giorni, spesso a causa del sovraffollamento, della promiscuità, delle condizioni igienico-sanitarie precarie, risultano luoghi totalmente inadeguati e non sicuri, soprattutto per i più vulnerabili, come i minori soli e le giovani donne reduci da viaggi terribili. Con il paradosso che, a causa della mancanza di posti in accoglienza dedicati ai vulnerabili, per chi presenta maggiori fragilità l’attesa è ancora più lunga alla luce della delicata presa in carico necessaria.

La permanenza presso le strutture di primo livello si protrae in molti casi ben oltre i 30 giorni previsti per legge, prima di accedere alle comunità. Questa dilatazione dei tempi genera molte difficoltà per i minori costretti a vivere un periodo percepito come ‘perso’, come in un limbo, prima di poter andare a scuola o parlare con il loro tutore, tutte cose a cui avrebbero diritto. Per questo motivo, così come per i lunghi tempi dei ricongiungimenti familiari in altri Paesi europei, molti minori decidono di allontanarsi autonomamente dalle strutture di prima accoglienza per raggiungere altre città o altri Paesi, rimanendo “nascosti in piena vista”. Con tutti i rischi che queste fughe comportano.

Più si seguono i movimenti secondari, che nonostante le regole imposte dal Regolamento di Dublino sono ormai diventati strutturali – Ventimiglia, Claviere, Trieste, Bolzano, per citare confini italiani, ma anche Calais, i paesini dei Pirenei e le città di confine tra Francia e Germania – più si capisce dove vanno questi ragazzi migranti soli quando “scompaiono”. La rete di passeur, del resto, è visibile, anche se sfuggente: gli operatori dei centri di accoglienza per minori spesso vedono quanto accade e segnala-no alle istituzioni ragazze e ragazzi che si allontanano in vari modi, anche salendo su furgoni di sconosciuti.  Per chi rimane, “iniziamo il percorso per avere i documenti”, spiega un’assistente sociale di un CAS, “anche se su dieci che arrivano, almeno sette se ne vanno in pochi giorni”.

Sono poi da considerare i rischi aggiuntivi ai quali sono esposte le ragazze. Il 31 dicembre 2022 erano 2.988 le ragazze minorenni arrivate da sole accolte nei centri di accoglienza. “Per loro in particolare c’è il rischio che gli allontanamenti siano “forzati” e legati al circuito dello sfruttamento sessuale e che quelli “spontanei” ricadano in tale circuito. Costa d’Avorio e Nigeria sono i Paesi africani maggiormente coinvolti in questo terribile fenomeno.

 

L’evoluzione dei flussi migratori e le forme di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati

 

A partire dagli anni ‘90 il fenomeno della migrazione di minori non accompagnati in Italia ha assunto proporzioni più ampie e soprattutto ha visto cambiare le nazionalità prevalenti e le rotte migratorie, legate a fattori geopolitici. Dai Paesi dell’Est Europa, come Romania e Albania tra la fine degli anni ’90 e i primi del 2000, al grande esodo dei minori afgani, con l’inizio del conflitto nel 2001, riemerso con numeri rilevanti nel 2021. Le primavere arabe hanno portato sulle nostre coste e città moltissimi ra-gazzi egiziani e tunisini e la guerra in Siria ha fatto fuggire migliaia di persone, tra cui tante famiglie. A tutti loro si sono sempre affiancati i flussi di minorenni provenienti da Paesi dove sono segnalate vio-lazioni dei diritti umani fondamentali, come Eritrea, Etiopia, Somalia, Congo, Guinea, Costa D’Avorio, Nigeria e Bangladesh[5]. Al 31 dicembre 2022, secondo i dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, erano 20.089 le presenze di minori non accompagnati nei centri di accoglienza. Tra le nazionali-tà più ricorrenti, quella egiziana (24,4%), anche con molti infra 14enni, quella tunisina e afghana.

La presenza di giovani che arrivavano da soli in Italia ha posto il nostro Paese di fronte alla necessità di adottare provvedimenti giuridico amministrativi che ne facilitassero l’accoglienza e l’integrazione. Come per tutti i minorenni, anche per loro dovevano essere garantiti i diritti della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989. Questi principi sono al centro della legge 47 del 2017 sulla protezione e l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Una legge avanzata, for-temente voluta dalle organizzazioni umanitarie, che pone l’Italia all’avanguardia nel panorama euro-peo ma che necessita ancora di essere pienamente attuata.

Tra le forme di accoglienza previste dalla legge 47 vi è l’affido familiare. Save the Children Italia ha portato avanti dal gennaio 2021 a dicembre 2022 il progetto IMPACT (IMprovement and extension of good Practices of Alternative Care and proTection)[6]  con l’obiettivo di rafforzare il sistema dell’affido familiare, indicato dalla legge come misura prioritaria rispetto alle altre forme di accoglienza, ma anco-ra poco utilizzato per i minori stranieri non accompagnati, attraverso un approccio partecipativo che tenga conto del coinvolgimento attivo dei minori e dei professionisti coinvolti. L’affido rappresenta una delle possibili risposte al diritto di ogni bambino di crescere in famiglia, in un ambiente dove poter costruire la propria identità, imparare più velocemente la lingua, integrarsi nel contesto con maggiore facilità[7].

Una figura prevista dalla legge 47 e fondamentale per la tutela dei minori è inoltre quella del “tutore volontario”: un adulto di riferimento, adeguatamente formato, che sostiene il ragazzo giunto in Italia in tutti i passaggi fondamentali della sua crescita. Rendere tempestiva la nomina del tutore a fianco di ogni ragazzo giunto in Italia rappresenta un tassello fondamentale di una buona integrazione.

 

Come intervenire per migliorare il sistema di accoglienza

Per proteggere i minori stranieri non accompagnati e garantire il rispetto dei loro diritti, a cinque anni dalla sua approvazione, è necessario dare piena attuazione alla legge 47 e intervenire per migliorare il sistema di protezione e accoglienza per non rischiare di rendere vani i principi enunciati nel testo normativo.

E’ necessario partire dalla promozione di politiche di accesso regolare e sicuro al territorio e dal rafforzamento dei canali di ingresso esistenti, quali i ricongiungimenti familiari, gli ingressi per motivi di studio e lavoro, i corridoi umanitari così da ridurre il rischio di traffico di esseri umani e favorire una migrazione sicura e regolare.

“Dalle pagine di questo rapporto si rileva, ancora una volta, la necessità di dare vita ad un sistema di accoglienza per i minori soli che sia strutturato su tutto il territorio nazionale e che sia in grado di assicurare ai minorenni che arrivano senza genitori nel nostro Paese la possibilità di trovare in tempi rapidi tutela e protezione. – ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Sa-ve the Children”.

“Per raggiungere questo obiettivo è necessario, a nostro avviso, attivare almeno un centro per la prima accoglienza in ogni regione, una rete coordinata al livello nazionale con standard qualitativi e gestionali comuni ed una copertura di 2000 posti”[8]. Ciascun centro dovrebbe agire in coordinamento con i Tribunali dei Minori, le Aziende sanitarie e le Questure per realizzare speditamente le procedure di identificazione, di accertamento della minore età e per avviare, se necessario, le procedure di ricongiungi-mento familiare. Entro i 30 giorni dall’arrivo, così come previsto dalla Legge 47, ogni minore dovrebbe essere collocato nella seconda accoglienza della rete SAI dove è necessario raddoppiare i posti, nella seconda accoglienza gestita dai Comuni o nel circuito di affido familiare. L’esperienza dimostra che una rete di accoglienza di qualità riesce ad accompagnare efficacemente i minori che arrivano da soli alla piena integrazione, con un grande beneficio per loro così come per tutta la comunità che li accoglie”.

 

 

L’intervento di Save the Children in frontiera Sud

 

Save the Children è presente con i suoi operatori in frontiera sud (in Sicilia, Calabria e a Lampedusa) fin dal 2008 per garantire supporto, protezione e assistenza immediata a minori soli e famiglie in arri-vo. Dal dicembre 2020, Save the Children e UNICEF, il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, hanno unito le proprie forze per dare una risposta immediata ai bisogni essenziali e primari di bambine, bambini e adolescenti, delle loro famiglie e delle donne sole in arrivo e in transito, e dal mese di agosto 2022, considerando l’evoluzione del fenomeno migratorio ai confini meridionali del nostro Paese, han-no deciso di espandere l’intervento congiunto anche in Calabria e di rafforzare la presenza sull’Isola di Lampedusa. Tra le attività poste in essere: accesso a informazioni tramite servizio di mediazione linguistico – culturale, primo soccorso psicologico, informazioni e orientamento sui diritti, sui servizi e sulle opportunità disponibili, una valutazione tempestiva delle potenziali vulnerabilità e specifici fattori di rischio, tra cui quelli connessi alla violenza di genere, supporto alle autorità, interventi di capa-city building, attività e percorsi partecipativi per minori al fine di tutelare i loro diritti e promuovere il loro diritto all’ascolto e alla partecipazione.