MALATTIE INFIAMMATORIE INTESTINALI: ‘VIETATI’ SCUOLA E LAVORO. INCUBO PER 7 PAZIENTI SU 10

Dolori addominali, spossatezza, sanguinamenti, urgenza di recarsi al bagno anche più di 10 volte al giorno. I disturbi più comuni tra coloro che soffrono di malattie infiammatorie croniche intestinali sono già difficili da sopportare e gestire tra le mura della propria casa, ma possono diventare un vero e proprio incubo a scuola o a lavoro.

Non stupisce che per quasi il 72% dei pazienti la malattia influisce sulle capacità di lavorare e che oltre 1 su 2 è costretto a chiedere un congedo. Non va meglio neanche per chi frequenta la scuola o l’università: il 72% dei pazienti ammette di aver avuto difficoltà a frequentare regolarmente le lezioni per colpa della malattia e quasi l’80% è stato costretto ad assentarsi. A lavoro e a scuola manca spesso la comprensione e il sostegno di cui gli italiani con MICI hanno estremo bisogno, non solo per vivere meglio ma anche per produrre di più.

È poco confortante il quadro che emerge dall’indagine Better – Bisogni Assistenziali, Lavorativi, Legali e Sociali per la cura dei pazienti affetti da malattie infiammatorie Croniche dell’Intestino – presentata oggi al ministero della Salute da AMICI ITALIA in occasione di un convegno organizzato dall’associazione, su iniziativa del Ministro della Salute, Orazio Schillaci.

L’evento si è tenuto oggi, Giornata Mondiale di queste malattie, nell’ambito della quale vengono promosse numerose iniziative da organizzazioni di pazienti dei diversi Paesi, con la regia della European Federations of Crohn’s and Ulcerative Colitis Associations, EFCCA (www.efcca.org), alla quale aderiscono 46 associazioni nazionali di pazienti, tra cui AMICI Italia. 

“L’incidenza in aumento delle malattie infiammatorie croniche intestinali, l’insorgenza della patologia in una fascia di età che va da 20 ai 40 anni, nel pieno della vita produttiva di un individuo, e la crescita di diagnosi in età pediatrica sono fattori che richiedono interventi e azioni concrete per rafforzare la capacità di prendersi cura, nei tempi e nei luoghi giusti – spiega il Ministro della Salute, prof. Orazio Schillaci –. Lo stiamo facendo attraverso la riforma dell’assistenza territoriale per una presa in carico appropriata delle cronicità, la piena fruibilità dei nuovi Livelli essenziali di assistenza, grazie all’approvazione del decreto tariffe, e con misure volte a facilitare e migliorare la qualità della vita come la norma del disegno di legge semplificazione che rende ripetibile e valida fino a 12 mesi la ricetta dematerializzata per i pazienti cronici”.

“Le MICI sono patologie ad andamento cronico e ricorrente, che si presentano con periodi di riacutizzazione alternati a fasi di remissione e di cui non si conosce la causa – aggiunge Valentina Ferracuti, Presidente AMICI Italia –. Rientrano in questa definizione la malattia di Crohn, la colite ulcerosa.     Si stima che in Italia le persone affette da queste malattie siano circa 250mila e 5 milioni in tutto il mondo. L’età in cui più frequentemente insorgono va dai 20 ai 40 anni, ma l’esordio può avvenire a qualsiasi età, colpendo uomini e donne in egual misura”. “L’obiettivo dell’evento di questa mattina – precisa Salvo Leone, direttore AMICI Italia – è quello mettere in luce l’importanza di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla MICI e di fornire informazioni sulle opzioni di trattamento disponibili, sui diritti dei pazienti e sui servizi di supporto per le persone affette da queste patologie. Ad oggi, infatti, sono ancora molti i bisogni inespressi dei pazienti affetti da MICI che l’indagine Better ha messo subito in evidenza, insieme a eventuali aree di miglioramento per l’assistenza e il supporto dei pazienti”.

“L’incidenza di queste patologie è in netto aumento e 1 diagnosi su 4 riguarda pazienti pediatrici – continua Claudio Romano, presidente SIGENP (Società Italiana di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica) –. Dal punto di vista geografico, oltre ai paesi storicamente interessati come Europa e Nord America, anche i paesi dalle economie in maggiore crescita ne sono sempre più coinvolti. Si tratta dunque di un problema globale in netto peggioramento e su cui, probabilmente, giocano un forte ruolo i fattori ambientali, insieme alla predisposizione genetica”. “Le IBD sono infatti malattie a genesi ‘multifattoriale’ tuttora parzialmente conosciuta – aggiunge Flavio Caprioli, segretario dell’Italian Group for the Study of Infiammatory Bowel Disease (IG-IBD) –. L’ipotesi prevalente è quella di una reazione immunologica abnorme da parte dell’intestino nei confronti di antigeni (per esempio i batteri costituenti il microbiota intestinale). Questo squilibrio immunologico può instaurarsi per un’alterata interazione tra fattori genetici propri dell’individuo e fattori ambientali, questi ultimi ancora non bene identificati”.

 

L’indagine nel dettaglio

L’indagine ha coinvolto un campione di 1.350 uomini e donne con MICI, la metà dei quali con malattia di Crohn e la restante con colite ulcerosa. Dai risultati emerge che per quasi 7 pazienti su 10 la malattia ha influenzato la loro vita. Non solo per i disturbi a essa associati, ma anche per le difficoltà quotidiane che sono costretti ad affrontare sia nell’accesso alle cure e all’assistenza che nel sostegno a lavoro e a scuola. L’indagine ha rivelato che il 20% del campione ha difficoltà a contattare il proprio medico di riferimento quando ne ha bisogno e quasi il 30% fa fatica ad essere visitato quando ha un’urgenza. Il 17% ha difficoltà addirittura a programmare una visita di controllo, e questo, in 7 casi su 10, dipende dalle lunghe liste di attesa. Non tutti i pazienti, inoltre, sono soddisfatti dell’assistenza sanitaria ricevuta: quasi il 20% del campione non lo è affatto. Eppure, per le persone con MICI il bisogno di cure e assistenza è molto forte. Dall’indagine è emerso che il 24% del campione ha avuto bisogno almeno di un ricovero, il 15% tra i 5 e i 10, e il 13% oltre 10 ricoveri.

“Quella di una persona con MICI può essere una vita difficile e complicata e lo è molto di più senza un adeguato sostegno a lavoro e a scuola – spiega il dr. Leone –. L’indagine Better rileva che la malattia influisce sulla capacità di lavorare di oltre 7 persone su 10 e che più di 1 su 2 non riceve il giusto supporto o non coinvolto nelle decisioni riguardo i suoi orari di lavoro. Ma basterebbe qualche accorgimento in più per migliorare la loro situazione lavorativa, come ad esempio permessi retribuiti per visite mediche e trattamenti, maggior flessibilità nell’orario di lavoro o la possibilità di lavorare a casa”.

La situazione non è migliore a scuola o nelle università. Ben 8 studenti su 10 ha avuto bisogno di fare dei giorni di assenza a causa della malattia e in oltre il 20% dei casi queste assenze non consentono di seguire il programma scolastico o il piano didattico. “Il 65% ha dichiarato di non aver ricevuto supporto dai docenti e dal personale scolastico/accademico per gestire la malattia – evidenzia la dr.ssa Ferracuti –. E 1 su 2 ha avuto problemi di socializzazione con gli altri studenti. Tra le misure che potrebbero essere utili per gli studenti c’è certamente il supporto dei docenti per seguire il programma di studi (lo pensa il 10% del campione) e anche la possibilità di frequentare le lezioni in modalità online. Sarebbe d’aiuto anche migliorare l’accesso al bagno, visto che nel 20% degli istituti frequentati dai partecipanti alla ricerca presenta delle limitazioni”.

Tra le problematiche che accomunano studenti e lavoratori, quindi giovani e adulti, ci sono difficoltà ad avere una vita sociale. Quasi il 90% del campione dell’indagine ha ammesso di aver dovuto cancellare degli appuntamenti sociali a causa della malattia infiammatoria cronica intestinale, aggravando in questo modo il già pesante carico psicologico legato alla condizione. A fronte di questa situazione, l’86% dei pazienti non ha mai partecipato a gruppi di supporto psicologico per pazienti con Mici.

“Oltre a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle difficoltà e i bisogni delle persone con MICI, l’obiettivo di questa giornata mira anche a valorizzare il lavoro delle istituzioni e della comunità scientifica per questo numeroso esercito di pazienti – conclude Salvo Leone –. Inoltre, rappresenta un esempio concreto di come organizzazioni dei pazienti, società scientifiche e istituzioni possano lavorare insieme per affrontare le sfide legate alle MICI, migliorare la qualità della vita dei pazienti e per garantire un futuro sostenibile per il Servizio Sanitario Nazionale, assicurando l’universalità, l’uguaglianza e l’equità nel trattamento delle patologie, senza trascurare alcun paziente e fornendo loro il supporto e l’assistenza adeguati”.