L’Italia tra i pochi Paesi a non avere il salario minimo, ma con la recente sentenza della Corte di Cassazione i Giudici potranno intervenire sulle retribuzioni inadeguate

Antonella Losinno, partner dello Studio legale Daverio & Florio: “decisione innovativa, ma che porterà a un possibile aumento delle cause da parte dei lavoratori. Opportuno sia che le aziende verifichino l’adeguatezza delle retribuzioni, sia un intervento del CNEL per dare indicazioni chiare in tempi rapidi”…

Negli ultimi mesi il dibattito sul salario minimo nel nostro Paese è sempre molto acceso. Uno strumento presente in quasi tutti i Paesi europei, ad eccezione della Danimarca, dell’Austria, della Finlandia, della Svezia e, appunto, dell’Italia (a cui è affidato alla negoziazione dei contratti collettivi). Ma c’è una novità. Con una recente sentenza[1] è intervenuta la Corte di Cassazione dando ragione a un lavoratore della vigilanza privata non armata, impiegato in un supermercato, che chiedeva un adeguamento del salario ritenuto troppo basso nonostante regolato dal contratto collettivo nazionale applicato dalla Cooperativa di cui era dipendente.

In particolare la Suprema Corte ha sancito che, ai fini della valutazione della “giusta retribuzione”, non sarebbe sufficiente il solo confronto con le retribuzioni previste da CCNL di settori affini, ma bisognerebbe tenere conto anche di altri indicatori economici e statistici, nonché la Direttiva Ue 2022/2041.

 

Alla luce di questa sentenza, quale sarà l’impatto sul mondo del lavoro?

Secondo l’Avvocato Antonella Losinno, partner dello Studio Legale Daverio&Florio, specializzato nel Diritto del Lavoro e nel Diritto della Previdenza Sociale, si tratta di una sentenza del tutto innovativa, in quanto “rimette ai Giudici la valutazione circa l’adeguatezza della retribuzione ai principi di proporzionalità e sufficienza per assicurare un’esistenza libera e dignitosa fissati dall’articolo 36 della Costituzione, anche in presenza di contratto collettivo di settore sottoscritto dai sindacati comparativamente più rappresentativi che indicano il salario minimo di riferimento.”

“In passato, infatti, i Giudici si erano limitati ad adeguare ai principi dell’art. 36 della Costituzione le retribuzioni fissate dai contratti collettivi firmati da sindacati privi di una reale rappresentanza ovvero laddove il datore di lavoro non applicava alcun contratto collettivo.”

“Adesso è probabile un aumento delle cause in materia (già, comunque, pendenti avanti ai Tribunali di merito) da parte dei lavoratori che ritengano di aver un trattamento retributivo non adeguato. È quindi opportuno che le aziende verifichino l’adeguatezza delle retribuzioni ai parametri indicati dalla Cassazione, anche laddove applichino contratti collettivi sottoscritti da sindacati comparativamente più rappresentativi.”

“È quindi auspicabile che emergano dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL), che sta lavorando sulla materia, indicazioni chiare in tempi rapidi, che comunque non potranno non tenere conto di quanto indicato dalla Corte.”

 

[1] n. 27711 del 2 ottobre 2023