L’avvocata generale Tamara Ćapeta: la Carta non vieta di provare la paternità mediante il prelievo post mortem di campioni genetici

In virtù del principio del reciproco riconoscimento, un tribunale francese non può respingere una richiesta di assunzione delle prove presentata da un tribunale italiano, anche se il suo diritto interno vieta, per motivi di ordine pubblico, il prelievo di campioni genetici da una salma al fine di provare la paternità se l’interessato non aveva dato il suo consenso espresso quando era in vita…

Il ricorrente nella presente causa ha adito un tribunale italiano al fine di dimostrare che una persona deceduta e inumata in Francia è il suo padre biologico. Tale tribunale ha presentato a un tribunale francese una domanda di esumazione e di prelievo di campioni genetici del corpo del presunto padre, in applicazione del regolamento 2020/1783, che istituisce una cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale in relazione all’acquisizione delle prove 2. Tuttavia, ai sensi del codice civile francese, un giudice non può ordinare l’esumazione di un corpo al fine di ottenere un campione genetico per accertare la filiazione, a meno che la persona deceduta avesse manifestato espressamente il suo consenso quando era in vita. Tale materia è considerata una questione di ordine pubblico nell’ordinamento giuridico francese.
Al fine di decidere se la richiesta di assunzione delle prove debba essere respinta, il tribunale francese richiesto ha sottoposto alla Corte due questioni pregiudiziali.
Nelle sue conclusioni, l’avvocata generale Tamara Ćapeta ha affermato che il regolamento 2020/1783 non consente al tribunale francese richiesto di rifiutare l’esecuzione della richiesta di assunzione delle prove, in quanto nessuno dei motivi per respingere tale richiesta, espressamente elencati nel regolamento, è applicabile nel caso di specie. Così è nonostante nel diritto francese la disposizione nazionale in discussione sia considerata di ordine pubblico.
Il giudice del rinvio ha inoltre chiesto se l’esecuzione della richiesta del tribunale italiano sia contraria alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Ciò solleva l’ulteriore questione di come il diritto alla dignità del corpo umano dopo il decesso, da un lato, e il diritto di conoscere le proprie origini, dall’altro, siano bilanciati nell’ambito della Carta.
Secondo l’avvocata generale Ćapeta, il diritto di conoscere le proprie origini è tutelato in quanto parte integrante del diritto alla vita privata previsto all’articolo 7 della Carta. Allo stesso tempo, un confronto tra i sistemi giuridici nazionali porta a concludere che anche il diritto al rispetto del corpo umano dopo il decesso dovrebbe essere considerato un principio generale del diritto dell’Unione. Sottolineando la duplice natura della dignità umana, quale diritto e quale principio, essa conclude che il diritto al rispetto del corpo umano può essere inteso come un’espressione della dignità umana. Tale diritto dovrebbe quindi essere preso in considerazione al momento di decidere se autorizzare o meno l’esumazione di un corpo ai fini del prelievo genetico. Tuttavia, il diritto al rispetto del corpo umano non è un diritto assoluto, per lo meno non nello stesso senso del diritto alla dignità umana sancito dall’articolo 1 della Carta, ma deve essere bilanciato con altri diritti fondamentali, come il diritto di conoscerne la propria origine.
Poiché il legislatore dell’Unione non ha (ancora) scelto come questi due diritti debbano essere bilanciati armonizzando l’assunzione delle prove nelle cause di paternità, le soluzioni italiana e francese possono differire ed essere applicate nella misura in cui l’equilibrio scelto tra questi due diritti non pregiudichi il contenuto essenziale di uno dei diritti coinvolti. Di conseguenza, l’avvocata generale Ćapeta conclude che la Carta non vieta a un’autorità giudiziaria di uno Stato membro di chiedere, in forza del regolamento 2020/1783, l’assunzione di prove mediante prelievo post mortem di campioni genetici anche se la persona deceduta non ha dato il suo consenso a tale prelievo quando era in vita.