
A 33 anni dalla strage di via D’Amelio a Palermo, la città si ferma per ricordare il giudice Paolo Borsellino e i cinque poliziotti di scorta Agostino Catalano, Vincenzo Fabio Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi.
I caduti sono stati commemorati con la deposizione di una corona d’alloro presso l’Ufficio scorte della caserma Pietro Lungaro, da parte del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e del capo della Polizia Vittorio Pisani. Oltre ai familiari delle vittime, erano presenti il prefetto ed il questore di Palermo Massimo Mariani e Vito Calvino (Foto).
A seguire, nella Sala Corona della stessa caserma, è stato proiettato l’episodio “Fabio” del docufilm “I ragazzi delle scorte”, dedicato a Vincenzo Fabio Li Muli, il più giovane tra gli agenti uccisi il 19 luglio 1992. Aveva 22 anni, una grande passione per i motori e stava per sposarsi. Il documentario, prodotto da 42° Parallelo con il Dipartimento della pubblica sicurezza, ripercorre la sua breve ma intensa vita attraverso i ricordi delle sorelle Tiziana e Sabrina e della fidanzata Victoria. Un ritratto intimo di un ragazzo che aveva scelto con consapevolezza di servire lo Stato.
Il docufilm fa parte di una serie di otto episodi ognuno dedicato a uno degli agenti caduti nelle stragi del ’92 e andrà in onda stasera, 19 luglio, in prima serata su Rai3 e RaiPlay. Insieme a “Fabio” verrà trasmesso anche l’episodio “Cosina-Il triestino”, dedicato all’agente Walter Eddie Cosina, originario di Trieste, altro componente della scorta di Borsellino.
Al termine della proiezione il ministro Piantedosi ha sottolineato che oggi “rendiamo onore a Servitori dello Stato che non hanno mai indietreggiato nella lotta alla criminalità organizzata, fino all’estremo sacrificio. Il loro ricordo continua ad essere ispirazione e monito per le nuove generazioni. Il loro impegno per la legalità, la giustizia e il bene comune ci guida nella battaglia contro ogni forma di violenza e prevaricazione”.
Nel giorno dell’anniversario si è rinnovato anche il ricordo di Emanuela Loi, prima donna della Polizia di Stato caduta in un attentato mafioso. Aveva 24 anni, voleva fare la maestra, ma scelse la divisa “per fare del bene”.
A portare avanti la sua memoria è oggi la nipote Emanuela, anche lei agente di Polizia, che le ha scritto una lettera: “Non ci siamo mai conosciute. Ma porto il tuo nome con orgoglio. È il mio modo per restituire il coraggio che mi hai lasciato in eredità”.
Emanuela Loi era tornata a Palermo dalla Sardegna il 17 luglio. Aveva la febbre, ma non volle restare a casa: “Non voleva che un collega perdesse le ferie per coprire il suo turno. Forse fu incoscienza, forse coraggio. Ma soprattutto: senso del dovere”.