
Nel 2024 Jean-Marie Le Pen ha adito il Tribunale dell’Unione europea per ottenere l’annullamento di una decisione del Segretario generale del Parlamento europeo. Con tale decisione gli erano stati richiesti 303 200,99 euro considerati indebitamente percepiti.
Secondo il Parlamento, Le Pen avrebbe infatti indebitamente fatturato spese personali 1 nella linea di bilancio 400, destinata alle spese di mandato di un eurodeputato 2.
Nel ricorso, Le Pen lamentava la violazione dei principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento, così come la violazione del diritto a un equo processo. L’ex deputato europeo chiedeva altresì l’annullamento della nota di addebito emessa nei suoi confronti e la condanna del Parlamento alle spese.
Dopo il decesso dl Le Pen il 7 gennaio 2025, le figlie Marion Le Pen, Yann Maréchal e Marie-Caroline Olivier hanno proseguito, in qualità di eredi, il procedimento pendente.
Il Tribunale respinge il ricorso proposto da Le Pen e dalle sue eredi.
Nella sentenza, il Tribunale dichiara che il procedimento che ha condotto il Parlamento all’adozione della decisione di recupero e all’emissione della nota di addebito non è contrario ai principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento.
Esso constata che, sin dal 23 gennaio 2024, il segretario generale del Parlamento europeo aveva informato Le Pen delle irregolarità addebitategli e l’aveva invitato a presentare le sue eventuali osservazioni entro un termine di due mesi.
Inoltre, il Tribunale osserva che la decisione di recupero di cui si chiede l’annullamento conteneva un’esposizione dettagliata del contesto di fatto e di diritto relativo alle irregolarità addebitate a Le Pen: in tale decisione, il segretario generale del Parlamento invitava Le Pen a presentare le sue osservazioni su dette irregolarità, citava in particolare i punti essenziali della risposta fornita a tale invito dalla sig.ra Maréchal nel marzo 2024 e rilevava che non era stata fornita alcuna prova di un utilizzo degli stanziamenti conforme alla normativa applicabile.
Il Tribunale constata peraltro che il diritto a un equo processo non è stato violato.
Il Tribunale ricorda che il diritto a un equo processo, secondo la giurisprudenza, riguarda solo il procedimento giurisdizionale dinanzi a un «giudice». Aggiunge che, nel corso della sua indagine, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode ha informato Le Pen di tutti i fatti contestatigli e lo ha invitato a presentare le sue osservazioni, cosa che Le Pen ha fatto. Inoltre, nel corso del procedimento amministrativo avviato dal Parlamento a seguito della relazione finale d’indagine dell’OLAF, Le Pen è stato nuovamente invitato a presentare le sue osservazioni. Le figlie hanno risposto a tale invito in qualità di mandatarie.