Farmaci equivalenti: il trend è in ascesa, ma per certe categorie di persone la mentalità è ancora dura da cambiare

L’ingresso dei farmaci equivalenti nel mercato farmaceutico mondiale è un fenomeno di notevole interesse in termini economico-sociali, che dovrebbe aver modificato significativamente sia le strategie aziendali, sia i comportamenti di tutti gli attori coinvolti nella filiera assistenziale. 
Eppure, a oggi, esistono ancora grosse sacche di resistenza nel nostro Paese tra operatori del settore e soprattutto pazienti, ai quali le informazioni arrivano senza opportuni approfondimenti e da fonti spesso prive di autorevolezza in materia. 

Motore Sanità, in occasione dell’evento con focus Veneto “IL RUOLO SOCIALE DEL FARMACO EQUIVALENTE – CALL TO ACTION, ha voluto fare chiarezza su questi aspetti con il supporto dei più autorevoli esperti, condividendo strumenti utili per una migliore scelta e buone pratiche disponibili già messe in atto. Questo progetto è stato realizzato grazie al contributo incondizionato di Teva Italia S.r.l.

Così Francesca Bano, Direttore Assistenza Farmaceutica Territoriale ULSS 6 Euganea: “I farmaci equivalenti sono terapie efficaci a costi contenuti e rappresentano un’opportunità per liberare risorse per il Servizio Sanitario Nazionale, mantenendo invariata la qualità dell’assistenza. Nell’ULSS 6 Euganea vi è una buona adesione all’utilizzo dei farmaci equivalenti rispetto alle media nazionale e regionale, ma la spesa per la compartecipazione alla spesa da parte del cittadino per il ricorso al brand risulta comunque ancora molto elevata; vi è pertanto la necessità a livello aziendale di mettere in atto iniziative per una corretta informazione e maggior sensibilizzazione all’utilizzo dei farmaci equivalenti”.
“Con l’avvento ufficiale dei generici (Legge 405 del 2011), è mancata la vera e corretta comunicazione”, spiega Franco Gariboldi Muschietti, Presidente di FarmacieUnite. “Da qui la diffidenza del cittadino, del farmacista stesso e penso anche dei medici. Adesso invece siamo in un momento di crescita, anche se non paragonabile alla situazione di altri Paesi europei, dove il generico è molto più utilizzato. La cultura del generico in Italia è recente. Ci sono in questo momento 3 categorie di persone: i giovani orientati al generico, i meno giovani che a volte hanno qualche titubanza e gli anziani che hanno molta difficoltà al cambio. La possibilità di incentivare i generici dipende proprio da queste propensioni: molto può fare prima di tutto il medico di base, che è il primo contatto diretto con il paziente, ma anche il farmacista, che gode di molta credibilità e di fiducia. Purtroppo la media si abbassa in certe zone d’Italia, dove molte persone non vogliono il generico perché pensano che il farmaco che funzioni meglio sia quello che costa di più. La mentalità è dura da cambiare”. 

Diffidenze, fra l’altro, tipiche di noi italiani, ha sottolineato Andrea Bellon, Presidente Federfarma Veneto: Che riflettono le statistiche sull’indice di fiducia delle Istituzioni. In generale più basso al Sud rispetto che al Nord. Credo che come farmacisti potremmo fare di più”. 

D’accordo su questo concetto anche Maria Teresa Gallea, FIMMG Padova: La differenza la fanno i professionisti, molti dei quali sono riusciti a far passare il concetto che l’equivalente ha la stessa efficacia del branded. Resta però il fatto che ci sia ancora molto da lavorare”.