Dipendenze giovani, Omceo Roma: Da cannabis anche rischio infarti e ictus

“Si è sempre parlato dei danni neuropsichiatrici provocati dal consumo di cannabinoidi, mentre adesso si è appurato con certezza che il loro utilizzo rappresenta anche un importantissimo fattore di rischio cardiovascolare, con lo sviluppo di episodi di infarto, ictus, fibrillazione atriale e aritmia anche tra i giovani in buona salute. Se prima c’erano dubbi che la cannabis potesse far male, insomma, ora c’è la certezza”. Così Stefano De Lillo, vicepresidente dell’Ordine dei Medici di Roma e coordinatore della Commissione dell’Ordine sulla prevenzione delle dipendenze, con particolare riferimento agli effetti della cannabis, intervistato dalla Dire in merito allo studio retrospettivo su oltre 4,6 milioni di persone pubblicato su ‘JACC Advances’ e da una meta-analisi di 12 studi pubblicati in precedenza e presentati di recente al Congresso annuale dell’American College of Cardiology (ACC), che si è svolto dal 29 al 31 marzo scorso a Chicago. Secondo i ricercatori, i consumatori di cannabis di età inferiore ai 50 anni (anche tra gli adulti più giovani e sani) hanno oltre sei volte più probabilità di avere un infarto rispetto ai non consumatori.

“Si apre un altro fronte sulla pericolosità di queste sostanze, troppo spesso banalizzate- prosegue De Lillo- gli studi pubblicati recentemente negli Stati Uniti non lasciano infatti più spazio all’interpretazione sugli effetti nocivi dei cannabinoidi sul cuore, perché ci mostrano come in coloro che hanno iniziato a consumare cannabis sotto i 50 anni, che sono purtroppo la normalità nelle persone con dipendenza, il rischio di sviluppare una coronaropatia, quindi una cardiopatia e un infarto, è 6 volte maggiore rispetto a di chi non ha fumato. Anche una precedente ricerca Usa, condotta su 430mila adulti e pubblicata nel 2024 sul ‘Journal of American Heart Association’, aveva già evidenziato come nei fumatori di cannabinoidi ci sia un aumento del 25% del rischio di infarto ed eventi ischemici e del 42% di ictus cerebrale. Anche un utilizzo sporadico incrementa il pericolo, con una probabilità che aumentava del 36% negli uomini sotto i 55 anni di età e nelle donne con meno di 65 anni”.

Un altro importante studio, evidenzia ancora il vicepresidente dell’Ordine dei Medici di Roma, è quello pubblicato sullo ‘European Heart Journal’, che “mostra come ci sia una tendenza ad avere avere anche importanti aritmie in coloro che non utilizzano cannabinoidi: in questo caso la popolazione studiata erano pazienti che utilizzavano cannabinoidi per uso terapeutico e si è dimostrato che la complicanza della fibrillazione atriale (in tali pazienti) era doppia rispetto a chi non si era sottoposto a quella terapia. Sappiamo come la fibrillazione atriale sia a sua volta causa di episodi ischemici cerebrali e di ictus, quindi questo aumenta ancora la pericolosità della sostanza. Insomma, tutti questi studi ci portano a inserire oramai con certezza i cannabinoidi tra i fattori di rischio più importanti per le cardiopatie. E questo- secondo De Lillo- deve far riflettere l’opinione pubblica, i decisori politici, i media e i medici stessi nel non banalizzare assolutamente l’utilizzo di determinate sostanze che, talvolta, vengono impropriamente assunte a uso di tipo ricreativo”.

De Lillo, infine, ricorda come l’Ordine dei Medici di Roma sia “da tempo attento a questo tema, grazie anche alla creazione di una Commissione specifica dedicata proprio alla prevenzione delle dipendenze negli adolescenti. Stiamo portando avanti un lavoro di prevenzione importante- ha infine concluso- nell’ambito delle scuole, dei centri sportivi e degli oratori, al fine di far comprendere la pericolosità di questo tipo di sostanze”.