Corte Ue: l’indipendenza dal potere esecutivo dell’autorità giudiziaria emittente è indispensabile per il mandato di arresto europeo ma non per l’ordine europeo d’indagine

Contrariamente a un mandato d’arresto europeo, un ordine europeo di indagine può essere disposto dalla procura di uno Stato membro esposta al rischio di essere soggetta ad istruzioni individuali provenienti dal potere esecutivo…

I diritti fondamentali della persona interessata dall’ordine europeo di indagine sono sufficientemente tutelati sia nella fase di emissione che in quella di esecuzione in un altro Stato membro

Un’indagine penale per frode è stata aperta nei confronti di A. e di vari ignoti dalla Staatsanwaltschaft Hamburg (procura di Amburgo, Germania). Tali persone sono tutte sospettate di aver falsificato, nel luglio 2018, tredici ordini di bonifico bancario utilizzando dati ottenuti illegalmente, consentendo in tal modo il probabile trasferimento di circa 9 800 euro su un conto bancario intestato ad A. presso una banca austriaca. Nel maggio 2019, nell’ambito dell’istruzione della predetta causa, la Staatsanwaltschaft Hamburg ha emesso un ordine europeo di indagine[1], che ha trasmesso alla Staatsanwaltschaft Wien (procura di Vienna, Austria) e con cui ha chiesto a quest’ultima di comunicarle copie degli estratti del conto bancario di cui trattasi per il periodo considerato. Orbene, conformemente al codice di procedura penale austriaco, la Staatsanwaltschaft Wien non può ordinare un tale atto di indagine senza previa autorizzazione di un giudice. Pertanto, alla fine di maggio 2019, la Staatsanwaltschaft Wien ha chiesto al Landesgericht für Strafsachen Wien (Tribunale del Land in materia penale di Vienna) di autorizzare il suddetto atto di indagine.

Constatando, in particolare, che, in applicazione del diritto processuale tedesco, la Staatsanwaltschaft Hamburg può ricevere istruzioni, anche in singoli casi, dal Justizsenator von Hamburg (Senatore per la giustizia di Amburgo), detto organo giurisdizionale si è chiesto se l’ordine europeo di indagine dovesse essere eseguito dalle autorità austriache. I suoi dubbi riguardavano, più precisamente, l’applicabilità, nel contesto della direttiva relativa all’ordine europeo di indagine, della giurisprudenza recente della Corte relativa alla nozione di «autorità giudiziaria emittente» di un mandato d’arresto europeo (in prosieguo il «MAE»)[2], ai sensi della decisione quadro 2002/584[3]. Di conseguenza, tale giudice ha deciso di interrogare la Corte sulla questione se la procura di uno Stato membro possa essere considerata come un’«autorità giudiziaria» competente ad emettere un ordine europeo di indagine, ai sensi della direttiva di cui trattasi, pur essendo esposta al rischio di essere soggetta ad istruzioni o ordini individuali da parte del potere esecutivo nell’ambito dell’adozione di un siffatto ordine.

Giudizio della Corte

La Corte, riunita in grande sezione, dichiara che le nozioni di «autorità giudiziaria» e di «autorità di emissione»,  ai sensi della direttiva relativa all’ordine europeo di indagine, comprendono il pubblico ministero di uno Stato membro o, più in generale, la procura di uno Stato membro, e ciò quand’anche essi fossero in un rapporto di subordinazione legale nei confronti del potere esecutivo di tale Stato membro, rapporto che li esporrebbe al rischio di essere soggetti, direttamente o indirettamente, ad ordini o istruzioni individuali da parte di detto potere nell’ambito dell’adozione di un ordine europeo di indagine.

A tale riguardo, la Corte rileva, in via preliminare, che, secondo tale direttiva, un ordine europeo di indagine può essere eseguito solo se l’autorità che l’ha emesso è un’«autorità di emissione»[4], e che, qualora un siffatto ordine sia emesso da un’autorità di emissione diversa da un giudice, un organo giurisdizionale, un magistrato inquirente o un pubblico ministero competente nella causa di cui trattasi, esso deve essere convalidato da un’«autorità giudiziaria» prima di essere trasmesso ai fini della sua esecuzione in un altro Stato membro.

Ciò precisato, la Corte rileva, anzitutto, che, a differenza di quanto previsto dalla decisione quadro sul MAE, che fa riferimento all’«autorità giudiziaria emittente» senza specificare l’identità delle autorità che rientrano in tale nozione, il pubblico ministero è espressamente incluso, nella direttiva relativa all’ordine europeo di indagine[5], tra le autorità che, al pari del giudice, dell’organo giurisdizionale o del magistrato inquirente, sono intese come «autorità di emissione». Inoltre, la Corte indica che, in tale direttiva, il pubblico ministero figura altresì tra le «autorità giudiziarie» abilitate a convalidare un ordine europeo di indagine prima della sua trasmissione all’autorità di esecuzione, qualora tale ordine sia stato emesso da un’autorità di emissione diversa da un giudice, un organo giurisdizionale, un magistrato inquirente o un pubblico ministero competente nella causa di cui trattasi [6]. Essa rileva che, nella direttiva in parola, la qualificazione del pubblico ministero come «autorità di emissione» o «autorità giudiziaria» non è subordinata alla mancanza di un rapporto di subordinazione legale di quest’ultimo nei confronti del potere esecutivo dello Stato membro cui appartiene.

La Corte sottolinea, poi, che l’emissione o la convalida di un ordine europeo di indagine è soggetta a una procedura e a garanzie distinte da quelle che disciplinano l’emissione di un MAE. In particolare, essa rileva che, ai sensi della direttiva relativa all’ordine europeo di indagine, il pubblico ministero che emette o convalida un tale ordine deve tener conto del principio di proporzionalità e dei diritti fondamentali dell’interessato e il suo ordine deve poter essere oggetto di un mezzo di impugnazione effettivo almeno equivalente a quello disponibile in un procedimento nazionale analogo. La Corte sottolinea inoltre la possibilità offerta da tale direttiva all’autorità di esecuzione e, più ampiamente, allo Stato di esecuzione di verificare, mediante vari meccanismi, il rispetto di detto principio e dei diritti fondamentali dell’interessato. La Corte ne trae la conclusione che, sia nella fase di emissione o di convalida che in quella di esecuzione dell’ordine europeo di indagine, la direttiva relativa all’ordine europeo di indagine contiene un insieme di garanzie che consentono di assicurare la tutela dei diritti fondamentali dell’interessato.

Infine, la Corte rileva che l’obiettivo perseguito da un ordine europeo di indagine è distinto da quello perseguito da un MAE. Infatti, mentre un MAE è diretto all’arresto e alla consegna di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, un ordine europeo di indagine è diretto all’esecuzione di uno o più atti di indagine specifici al fine di acquisire prove. Pertanto, anche se taluni dei predetti atti di indagine possono essere intrusivi, un ordine europeo di indagine, a differenza di un MAE, non è tuttavia atto a ledere il diritto alla libertà dell’interessato. Di conseguenza, secondo la Corte, stante tutte le summenzionate differenze tra la decisione quadro sul MAE e la direttiva relativa all’ordine europeo di indagine, l’interpretazione adottata nelle sue recenti sentenze[7], secondo cui la nozione di «autorità giudiziaria emittente», ai sensi della suddetta decisione quadro, non comprende le procure di uno Stato membro che siano esposte al rischio di essere soggette ad istruzioni individuali provenienti dal potere esecutivo, non è applicabile nel contesto della direttiva relativa all’ordine europeo di indagine.

 

[1] Tale ordine europeo di indagine è stato emesso conformemente alla direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all’ordine europeo di indagine penale (GU 2014, L 130, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva relativa all’ordine europeo di indagine»).

[2] Sentenze del 27 maggio 2019, OG e PI (Procure di Lubecca e di Zwickau) (C-508/18 e C-82/19 PPU, punto 90) e PF (Procuratore generale di Lituania) (C-509/18, punto 57); v. anche il comunicato stampa n. 68/19. Al punto 90 della sentenza citata OG e PI (Procure di Lubecca e di Zwickau), relativo ai pubblici ministeri tedeschi, la Corte ha infatti statuito che la nozione di «autorità giudiziaria emittente», ai sensi della decisione quadro 2002/584, non ricomprende le procure di uno Stato membro che siano esposte al rischio di essere soggette, direttamente o indirettamente, a ordini o a istruzioni individuali da parte del potere esecutivo, nell’ambito dell’adozione di una decisione relativa all’emissione di un MAE.

[3] Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1) (in prosieguo: la «decisione quadro sul MAE»).

[4] Ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva relativa all’ordine europeo di indagine.

[5] Ciò è quanto previsto dall’articolo 2, lettera c), punto i), della direttiva relativa all’ordine europeo di indagine.

[6] Ciò è quanto enunciato dall’articolo 2, lettera c), punto ii), della direttiva relativa all’ordine europeo di indagine.

[7] Sentenze OG e PI (Procure di Lubecca e di Zwickau) e PF (Procuratore generale di Lituania), v. nota 2.