Corte Ue: In caso di minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna, uno Stato membro può ripristinare il controllo alla frontiera con altri Stati membri

Nel contesto della crisi migratoria, l’Austria ha ripristinato il controllo di frontiera alle sue frontiere con l’Ungheria e la Repubblica di Slovenia a partire dalla metà di settembre 2015 (v. comunicato stampa n° 177/21). Tale controllo è stato più volte ripristinato, con la precisazione che, per il periodo dal 16 maggio 2016 al 10 novembre 2017, l’Austria si è fondata su quattro raccomandazioni successive del Consiglio dell’Unione europea.

A partire dall’11 novembre 2017, l’Austria ha ripristinato, di propria iniziativa, un controllo alle sue frontiere per diversi periodi in successione di sei mesi.

A motivo di tale ripristino, NW è stato sottoposto a un controllo al valico transfrontaliero di Spielfeld all’atto dell’ingresso in Austria in provenienza dalla Slovenia ad agosto e a novembre 2019. Inoltre, a NW è stata inflitta una sanzione pecuniaria di EUR 36 per aver rifiutato di esibire il suo passaporto.

Ritenendo che tali controlli e la sanzione pecuniaria fossero contrari al diritto dell’Unione e, in particolare, al codice frontiere Schengen, NW si è rivolto al Tribunale amministrativo regionale della Stiria.

Tale giudice nutre dubbi sulla questione se il codice frontiere Schengen consenta all’Austria di ripristinare, di propria iniziativa, un controllo di frontiera eccedente la durata massima totale di sei mesi. Esso ha quindi deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia diverse questioni pregiudiziali.

Con la sua sentenza odierna, la Corte ricorda che il codice frontiere Schengen pone il principio secondo cui le frontiere tra gli Stati membri possono essere attraversate in qualunque punto senza che siano effettuate verifiche sulle persone, indipendentemente dalla loro nazionalità. Si tratta qui di una delle principali conquiste dell’Unione, ossia la creazione di un spazio di libera circolazione delle persone, senza frontiere interne. Pertanto, il ripristino del controllo alle frontiere interne dovrebbe costituire un’eccezione e una misura di ultima istanza.

Così, in primo luogo, il codice frontiere Schengen consente a uno Stato membro, in caso di minaccia grave per il suo ordine pubblico o la sua sicurezza interna, di ripristinare temporaneamente un controllo di frontiera alle sue frontiere con altri Stati membri. Tuttavia, la Corte constata che una siffatta misura, incluse eventuali proroghe, non può superare una durata massima totale di sei mesi.

Infatti, il legislatore dell’Unione ha ritenuto che un periodo di sei mesi fosse sufficiente affinché lo Stato membro interessato adotti, eventualmente in cooperazione con altri Stati membri, misure che consentano di far fronte a una siffatta minaccia preservando al contempo, dopo tale periodo di sei mesi, il principio della libera circolazione.

La Corte precisa tuttavia che lo Stato membro può applicare nuovamente tale misura, anche direttamente dopo la fine del periodo di sei mesi, qualora si trovi a far fronte a una nuova minaccia grave per il suo ordine pubblico o la sua sicurezza interna, distinta da quella inizialmente individuata, situazione che deve essere valutata in relazione alle circostanze e agli eventi concreti.

In secondo luogo, in caso di circostanze eccezionali in cui sia messo a rischio il funzionamento globale dello spazio Schengen, il Consiglio può raccomandare a uno o a più Stati membri di ripristinare il controllo di frontiera alle rispettive frontiere interne, e ciò per una durata massima di due anni.

Così, dopo la fine di questi due anni, lo Stato membro interessato può, qualora si trovi a far fronte a una nuova minaccia grave per il suo ordine pubblico o la sua sicurezza interna e tutte le condizioni previste dal codice frontiere Schengen siano soddisfatte, direttamente ripristinare i controlli per una durata massima totale di sei mesi.

Nel caso di specie, sembra che, dal 10 novembre 2017, data di scadenza dell’ultima delle quattro raccomandazioni del Consiglio, l’Austria non abbia dimostrato l’esistenza di una nuova minaccia, di modo che le due misure di controllo di cui NW è stato oggetto sarebbero incompatibili con il codice frontiere Schengen, circostanza che spetterà comunque al Tribunale amministrativo regionale della Stiria verificare.

Peraltro, la Corte constata che una persona non può essere obbligata, a pena di sanzione, a esibire un passaporto o una carta d’identità al momento del suo ingresso in provenienza da un altro Stato membro, qualora il ripristino del controllo di frontiera sia contrario al codice frontiere Schengen.