Coronavirus e mediatizzazione. Alcune riflessioni su dati in possesso di tutti

Le informazioni sull’epidemia del coronavirus (COVID-19) esplosa in una regione della Cina sono alla portata di tutti. Sono in apertura dei notiziari di qualunque tipo. La Rai (servizio pubblico di informazione radiotelevisiva) ha anche spostato a Pechino il suo abituale corrispondente di New York. Giusto informare su quanto accade, soprattutto in Cina.

Nel resto del mondo, soprattutto cosiddetto occidentale, i dati dei malati sono quasi sempre al di sotto della decina. I morti sono unità. In Italia abbiamo collegamenti continui dei media di ogni tipo per sapere come stanno i due cinesi ricoverati da un paio di settimane in un ospedale nazionale. Aerei dello Stato sono inviati per far “tornare a casa” italiani sparsi in Oriente, in località dotate di strutture sanitarie che al momento sembrano all’altezza della situazione, per farli stare in quarantena “a casa loro”, con immagini da attacco chimico-nucleare degli addetti alla loro ricezione e accoglienza, utilizzando anche strutture militari. Agli aeroporti (le stazioni ferroviarie, al momento, sembra di no), tutti i passeggeri in arrivo vengono monitorati e misurati con appositi strumenti. Non poche persone si devono in aeroporti e stazioni ferroviarie con le mascherine.
I riflessi sulla economia italiana ed europea, in grandi e piccoli numeri, sono di un certo peso.
Sulla popolazione italiana, invece, dipende dalla emotività dei soggetti che, comunque, non possono non essere condizionati dalle informazioni a cui abbiamo accennato prima. Si va da quelli che fanno presìdi per impedire l’istituzione di strutture di quarantena volontaria per chi arriva dalla Cina e/o dall’Oriente, a quelli che ci rimettono soldi pur di non partire per viaggi in zone che non c’entrano nulla col COVID.19. Fino al calo di presenze (esperienza personale, a Firenze, di chi scrive) di piscine pubbliche abbastanza popolari frequentate anche da bambini orientali che, pur se sembrano spariti dai vari corsi, comunque stimolano le assenze dei bambini “senza occhi a mandorla”.
Questo, ovviamente, è solo un piccolo quadro dal nostro osservatorio.

Nel contempo, i dati italiani dell’influenza classica ci dicono che durante la quinta settimana del 2020 la mortalità (totale) è stata con una media giornaliera di 218 decessi.
Una diffusione dell’epidemia e un numero di morti decisamente stratosferici rispetto a quelli del COVID.19.
Per l’influenza classica conosciamo tutte le informazioni che ci vengono fornite, soprattutto per le vaccinazione degli anziani e la prevenzione dei bambini.
Ogni anno nel mondo l’influenza annuale provoca da tre a cinque milioni di casi gravi e da 250.000 a 500.000 morti.
Non ci risultano periodi prolungati e dettagliati di informazione con corrispondenti Rai inviati sul luogo dove si registrano maggiori malati e morti. In Italia e nel mondo. Così come non ci risultano arei dello Stato impegnati a riprendere italiani sparsi nel mondo che hanno contratto questa influenza classica.
Questi sono “solo” numeri. E dovrebbero far riflettere, anche molto.

Vincenzo Donvito, presidente Aduc