Confisca e tassazione dei proventi illeciti: un tesoretto a cui non rinunciare

Perseguire le attività illecite fiscalmente oltre che penalmente. I proventi della criminalità organizzata non vanno solo confiscati, dovrebbero anche essere tassati.

È la proposta di Giovambattista Palumbo, Direttore dell’Osservatorio Eurispes sulle Politiche fiscali.

 

Spiega Palumbo: “Per chi commette delitti da cui deriva un determinato provento non vige alcuna immunità fiscale. In base all’articolo 53 della Costituzione ciascuno deve contribuire alle spese pubbliche. E vi deve dunque contribuire (a maggior ragione) anche chi delinque, o comunque ottiene proventi da attività illecite. Tutte le attività illecite, comprese quelle che fruttano miliardi di euro alle varie forme di racket e criminalità organizzata, devono dunque essere perseguite, non solo penalmente, ma anche fiscalmente (con tassazione dei relativi proventi)”.

 

Il Direttore dell’Osservatorio prosegue: “Confiscare i proventi delle attività illecite (nei casi in cui lo si fa, non essendo la confisca sempre obbligatoria), può peraltro non bastare. Intanto perché il provento confiscato e quello fiscalmente accertabile non sempre coincidono e poi perché tali proventi possono avere generato nel frattempo altri proventi”.

 

Secondo l’Eurispes, il giro d’affari criminale nel nostro Paese, se si considerano tutte le attività illegali gestite dalla malavita, quali (solo a titolo di esempio) traffico e spaccio di droga, traffico illecito di tabacco, contraffazione, frodi IVA, estorsioni, usura, sfruttamento della prostituzione, traffico d’armi e gioco d’azzardo, ecc., è di oltre 200 miliardi di euro all’anno. “E dunque, una tassazione di tali proventi, tra imposte (per facilità di calcolo, ad una media del 25%) e sanzioni (al 100% dell’imposta), potrebbe valere (nella certo ottimistica ipotesi di recuperare tutto il “maltolto”) almeno 100 miliardi di euro (50 miliardi di imposte e 50 di sanzioni). La norma, peraltro, nel caso di specie c’è già. Il comma 4 dell’art. 14 della L. 537/93. Basterebbe applicarla in una versione magari “aggiornata”, conclude Palumbo.