Confermata decisione del Parlamento UE di recuperare dall’eurodeputata Marine Le Pen circa 300.000 euro

Il Tribunale dell’UE conferma la decisione del Parlamento europeo di recuperare dall’eurodeputata Marine Le Pen circa 300.000 euro per l’impiego di un’assistente parlamentare, in quanto essa non ha dimostrato che tale assistente abbia effettivamente svolto un’attività lavorativa.

 

La sig.ra Marion Le Pen, detta Marine Le Pen, è stata deputata al Parlamento europeo dal 2009 al 2017. Con decisione del 5 dicembre 2016, il Parlamento ha deciso che, per il periodo compreso tra il dicembre 2010 e il febbraio 2016, un importo di EUR 298 497,87 era stato indebitamente versato a favore della sig.ra Le Pen a titolo di assistenza parlamentare e doveva essere recuperato presso la stessa.

Tale importo corrisponde ai pagamenti effettuati dal Parlamento per una collaboratrice impiegata dalla sig.ra Le Pen quale assistente parlamentare locale dal 2010 al 2016. Il Parlamento contesta alla sig.ra Le Pen di non aver fornito la prova dell’esistenza di un’attività dell’assistente locale che fosse effettivamente, direttamente ed esclusivamente connessa al suo mandato.

La sig.ra Le Pen chiede al Tribunale dell’Unione europea di voler annullare la decisione che il Parlamento ha assunto nei suoi confronti.

Con la sentenza odierna, il Tribunale respinge il ricorso della sig.ra Le Pen e conferma la decisione di recupero del Parlamento.

Il Tribunale respinge integralmente gli argomenti della sig.ra Le Pen. In particolare, osserva:

  • che il segretario generale del Parlamento ha il potere di adottare decisioni di recupero di somme indebitamente versate nell’ambito delle misure di attuazione dello statuto dei deputati al Parlamento europeo;
  • che la possibilità per il Parlamento di decidere il recupero di somme indebitamente versate a titolo di indennità di assistenza parlamentare non pregiudica l’indipendenza degli eurodeputati;
  • che la sig.ra Le Pen è stata validamente posta in grado di far valere il proprio punto di vista, di modo che il suo diritto di difesa non è stato violato;
  • che è agli eurodeputati, e non al Parlamento, che spetta provare che gli importi percepiti sono stati utilizzati al fine di coprire le spese effettivamente sostenute e derivanti integralmente ed esclusivamente dall’impiego dei loro assistenti;
  • che la sig.ra Le Pen non è stata in grado di provare che la propria assistente ricopriva incarichi effettivi a suo favore. Non ha infatti provato una qualsivoglia attività svolta dall’assistente parlamentare a titolo di assistenza parlamentare, circostanza che essa ha del resto riconosciuto in udienza. In particolare, la sig.ra Le Pen non ha fornito alcun elemento tale da dimostrare un’assistenza diretta che le sia stata fornita nei locali del Parlamento dalla propria assistente parlamentare, non essendo sufficiente a tal fine la mera presenza – asserita ma non dimostrata – di quest’ultima nei locali del Parlamento (e il Parlamento ha del resto osservato in udienza che non era possibile che un’assistente parlamentare entrasse nei locali del Parlamento utilizzando il passaggio riservato ai deputati). Inoltre, sebbene la sig.ra Le Pen sostenga che la propria assistente parlamentare disponeva di un domicilio ufficiale ed effettivo presso uno dei suoi amici a Bruxelles, essa si limita a questa mera affermazione senza produrre alcun elemento tale da corroborare quanto asserito;
  • che la sig.ra Le Pen non è stata oggetto di un trattamento discriminatorio e parziale, dato che non ha apportato alcun elemento di prova che consenta di ritenere che solo gli eurodeputati del Front National siano stati oggetto, attualmente o in passato, di simili procedimenti avviati dal Parlamento.