CGIA MESTRE: CON LE FESTE AUMENTA IL RISCHIO USURA

Siamo entrati nel periodo delle festività natalizie e, come ogni anno, aumenta il rischio di usura. Nelle settimane che precedono il 25 dicembre, infatti, molte famiglie italiane ricorrono al credito al consumo (prestiti personali, dilazioni di pagamento, “buy now, pay later” e rateizzazioni), per far fronte alle spese legate ai regali e ai consumi natalizi.

L’incremento delle spese coinvolge anche gli artigiani e i piccoli commercianti che, a differenza dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, non dispongono né di entrate certe né della tredicesima mensilità. In altre parole, le festività generano pressioni sociali – regali, cene, doni e impegni percepiti spesso come “necessari”, anche a chi si trova in difficoltà economiche. Tale situazione induce molte persone a ricorrere a prestiti per non deludere le aspettative, determinando un aumento dell’accesso al credito che frequentemente assume anche forme illegali.

A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.

E’ boom di acquisti natalizi ricorrendo a un prestito

Si segnala che una recente indagine commissionata da Facile.it a mUp Research ha rilevato come nelle settimane scorse 800mila italiani hanno dichiarato di aver utilizzato il credito al consumo per acquistare i regali del prossimo Natale tramite finanziamenti o prestiti personali. È opportuno chiedersi: tutti hanno rivolto la propria richiesta a banche o istituti finanziari ufficiali, oppure alcuni hanno cercato sostegno presso “amici” o semplici “conoscenti”, accettando offerte potenzialmente rischiose.

Sono in aumento le aziende insolventi, in particolare nel Mezzogiorno

Se osserviamo l’andamento delle insolvenze scorgiamo un ulteriore segnale di difficoltà che attanaglia tante piccolissime imprese. Dopo la contrazione registrata nel periodo Covid, da due anni le aziende con sofferenze sono tornate ad aumentare. Al 30 giugno 2025 il numero complessivo ha sfiorato le 122mila unità (+3,6 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024).  La ripartizione territoriale più a rischio è il Mezzogiorno: qui si contano 42.032 aziende in sofferenza (pari al 34,5 per cento del totale) con un incremento percentuale rispetto l’anno prima del 6,3 per cento.

Seguono il Nordovest con 29.780 imprese (24,4 per cento del totale), il Centro con 29.725 (24,4 per cento del totale) e infine il Nordest con 20.431 (16,8 per cento del totale). Questa platea di cattivi pagatori è costituita in massima parte da lavoratori autonomi, artigiani, esercenti, commercianti o piccoli imprenditori che sono “scivolati” nell’area dell’insolvenza e, conseguentemente, sono stati segnalati dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Ricordiamo che, per legge, questa “classificazione” impedisce a questi operatori economici di accedere a un nuovo prestito. Pertanto, se vogliono accedere al credito non hanno alternative: devono ricorrere a forme “alternative” al sistema bancario. Con tutti i rischi e i pericoli che ciò comporta.