Caso discarica Riceci-Urbino, anche l’arte diventa strumento a difesa del paesaggio umanistico della località

Urbino – Il pericolo di vedere in azione ruspe e gru nell’area paesaggistica e naturale di Riceci, per trasformare in una cupa e tossica realtà il progetto della maxi discarica con annesso inceneritore, progetto contestato con grande energia dalla società civile, dall’ambientalismo, dal mondo della cultura e dalla parte sana della politica, sembra ormai scongiurato.

Tuttavia, i fautori del progetto non demordono richiedendo così un’ulteriore, attenta vigilanza da parte dei cittadini. Dopo le azioni civili del Colletivo Bagolarx, del Comitato No discarica di Riceci-Urbino, di EveryOne Group; dopo il sostegno di Vittorio Sgarbi e di altri storici dell’arte; dopo un esposto in Procura, una serie di appelli al Ministero dei beni culturali e alla Soprintendenza delle Marche, nonché al Consiglio d’Europa, è stato inostrato anche un esposto alla Corte dei Conti. 

 

Il focus delle proteste, tuttavia, riguarda l’inopportunità dell’intero progetto, che si pone in antitesi al Codice dei beni culturali e della Convenzione europea sul paesaggio. Di questi argomenti e del ruolo degli attori civili si discuterà alle 18 dell’8 luglio in piazza della Repubblica, a Urbino, cui sono invitati i cittadini e anche i sindacati di settore perché siano “parte attiva e informata”. In occasione dell’evento anche l’arte diventa strumento di impegno a difesa della cultura e del paesaggio. Nell’àmbito dell’assemblea pubblica, infatti, si terrà l’esposizione di cinque dipinti digitali di Roberto Malini, artista, scrittore e attivista, Premio Rotondi 2018 quale “salvatore dell’arte della Shoah”. La serie di immagini si intitola “Riceci paesaggio umanistico” e presenta una “Madonna di Riceci” e quattro “Ritratti di dame”.

 

“Scorci dell’area bucolica di Riceci – spiega Roberto Malini – fanno da sfondo ai ritratti, ricordando che la zona, che ho definito non a caso come un ‘paesaggio umanistico’, vanta un’antica tradizione culturale e ha ispirato artisti come Piero della Francesca e Raffaello. Preservarla da progetti invasivi, brutali e tossici equivale a difendere le nostre radici, il nostro patrimonio di natura e cultura, la nostra identità. Ecco perché l’attivismo culturale agirà nelle piazze e in ogni sede istituzionale per evitare che si possa perdere anche una sola zolla erbosa di questo luogo in cui la cultura è quanto mai vicina al sentimento e alle aspirazioni del popolo”.