Cancers: studio italiano rivela risultati preliminari promettenti sugli acidi grassi DHA nel cancro al seno

Una nuova ricerca condotta presso l’Università La Sapienza di Roma presenta risultati preliminari incoraggianti nel supporto nutrizionale alle donne con cancro al seno. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Cancers, ha esaminato gli effetti del DHA (acido docosaesaenoico), un omega-3 sotto forma di integratore di origine marina che potrebbe rappresentare un promettente approccio nutrizionale complementare alle terapie oncologiche tradizionali [1].

Il cancro al seno: una sfida globale che richiede nuove strategie

Il cancro al seno rappresenta oggi la neoplasia più frequente nelle donne a livello mondiale, con 2,3 milioni di donne colpite nel mondo secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità [2] e circa 55mila nuove diagnosi ogni anno in Italia. Nonostante i significativi progressi nelle terapie tradizionali, la ricerca di strategie complementari che possano migliorare la qualità di vita delle pazienti e supportare i meccanismi naturali di guarigione dell’organismo rimane una priorità per la comunità scientifica internazionale.

Il DHA (acido docosaesaenoico) è considerato uno degli omega-3 più importanti per la salute umana, essenziale per il corretto funzionamento del sistema nervoso, cardiovascolare e immunitario. La sua assunzione determina la produzione di molecole chiamate ‘resolvine’ D1 e D2 che agiscono come mediatori specializzati, contribuendo a regolare l’infiammazione sistemica e il ripristino dell’equilibrio tissutale. Le resolvine agiscono come ‘pompieri’ che si attivano per spegnere l’infiammazione sistemica.

Risultati personalizzati in base al profilo genetico

“Abbiamo osservato che le donne con cancro al seno con mutazione BRCA1 e BRCA2 dopo la somministrazione di DHA hanno mostrato un aumento significativo dei livelli di resolvine“, spiega il Prof. Maurizio Muscaritoli, Senior Author dello studio e Presidente della Società Italiana di Nutrizione Clinica “Al contrario, le donne con una storia familiare di cancro ma senza mutazione non hanno registrato lo stesso incremento. Questi risultati preliminari suggeriscono comel’integrazione di DHA possa influenzare l’infiammazione in maniera diversa a seconda del sottotipo tumorale e del profilo genetico individuale.”

I ricercatori hanno utilizzato uno sciroppo al gusto di fragola contenente il 10% di DHA estratto da microalghe marine della specie Schizochytrium sp., una fonte sostenibile e pura di omega-3 che non richiede l’utilizzo di pesce.

Il meccanismo delle resolvine: mediatori specializzati dell’infiammazione

L’elemento più interessante emerso dallo studio riguarda la produzione di “resolvine” – molecole bioattive che rappresentano un’area di ricerca relativamente recente nella medicina moderna. Le resolvine sono mediatori lipidici specializzati che il nostro organismo produce naturalmente per “risolvere” l’infiammazione in modo controllato ed efficace.

A differenza dei comuni farmaci anti-infiammatori che bloccano genericamente l’infiammazione, le resolvine agiscono come “regolatori selettivi” che modulano i processi infiammatori dannosi preservando quelli necessari per la guarigione. Nel contesto oncologico, questo meccanismo è particolarmente rilevante poiché l’infiammazione cronica è riconosciuta come uno dei fattori che può favorire la progressione tumorale.

I dati dello studio: risultati differenziati

Le volontarie che hanno assunto l’integratore sono state valutate prima dello studio (baseline) e dopo 10 giorni di somministrazione. Le pazienti con cancro hanno mostrato livelli plasmatici di resolvina D1 pari a 21,3 vs 7,3 pg/mL rispetto al baseline, ma senza differenze significative nella resolvina D2.

I risultati più significativi sono emersi nelle donne con mutazione BRCA1 o BRCA2:

  • Aumento del 185% per la resolvina D1
  • Aumento del 101% per la resolvina D2

Le resolvine D1 e D2 sono mediatori specializzati pro-risoluzione (SPMs), molecole che svolgono un ruolo nella risoluzione dell’infiammazione e nel ripristino della salute dei tessuti. L’infiammazione è riconosciuta come uno dei segni oncologici distintivi, contribuendo sia all’insorgenza che alla progressione tumorale.

Un approccio mirato e personalizzato

“Questo studio rappresenta un passo importante nell’evoluzione della medicina di precisione applicata alla nutrizione clinica”, spiega il Prof. Alessio Molfino, prima firma dello studio dell’Università La Sapienza “L’approccio illustra come la nutrizione clinica moderna possa potenzialmente integrarsi con le terapie oncologiche convenzionali come supporto complementare, agendo sui meccanismi molecolari della malattia.”

Implicazioni future e necessità di ulteriori ricerche

Questo studio preliminare richiede ulteriori conferme attraverso ricerche cliniche più ampie prima di poter trarre conclusioni definitive sull’efficacia clinica. I risultati ottenuti aprono tuttavia prospettive interessanti per lo sviluppo di protocolli nutrizionali personalizzati in oncologia.

Nota importante: I risultati presentati rappresentano ricerca preliminare e non sostituiscono in alcun modo le terapie oncologiche standard. Qualsiasi integrazione nutrizionale deve essere sempre discussa con il proprio team medico curante.