Boss scarcerati: il diritto alla sicurezza dei cittadini è meno rilevante del diritto alla salute dei detenuti?

Sulle scarcerazioni dei boss, è doveroso affermare preliminarmente, che anche i mafiosi, anche gli appartenenti alla camorra, alla ‘ndrangheta, e altre organizzazioni criminali, posseggono dei diritti. Sono dei diritti fondamentali, i diritti fondamentali dell’uomo, che lo Stato è tenuto a riconoscere e a garantire a tutti gli esseri umani, compresi quei soggetti che si siano resi responsabili di gravi reati.

 

Inoltre, il riconoscimento di questi diritti fondamentali, tra cui ad esempio il diritto alla vita e alla salute, non implica in linea teorica, alcuna conseguenza negativa nei riguardi del diritto alla sicurezza della cittadinanza. Se un detenuto viene trattato con umanità, se non viene privato della sua dignità, la sicurezza dei cittadini non subisce alcun tipo di riduzione. Se un detenuto non è in buone condizioni di salute, e viene adeguatamente curato oppure, semplicemente, viene adeguatamente preservato da ulteriori complicazioni, la sicurezza dei cittadini non subisce alcun tipo di diminuzione.

Tra i diritti fondamentali del detenuto e il diritto alla sicurezza dei cittadini, quindi, sulla carta, non vi è alcun tipo di incompatibilità che possa generare delle conflittualità, né comunque può dirsi che il diritto alla sicurezza dei cittadini sia meno rilevante rispetto ai diritti dei detenuti, poiché come i diritti umani trovano collocazione nell’art. 2 Cost., anche il diritto alla sicurezza, inteso come diritto ad una esistenza protetta, potrebbe trovare collocazione sempre nello stesso art. 2 della Costituzione. Una eventuale situazione di conflittualità, con conseguente vittoria di un diritto sull’altro, potrebbe essere semmai generata da quelle che sono, poi, le concrete modalità di attuazione dei diritti in gioco.

A esempio se per garantire il diritto alla salute dei detenuti, non si trova altro modo che mandare i delinquenti e persino i grandi boss, direttamente nelle loro rispettive abitazioni, a “patire” sul divano di casa, è naturale che sorga un conflitto enorme con il diritto alla sicurezza dei cittadini, specialmente per quei casi in cui vi siano ancora dei collegamenti stretti e attuali tra il detenuto e il mondo della criminalità.

Lo afferma in una nota Giuseppe Maria Meloni, portavoce di Piazza delle Carceri e della Sicurezza del cittadino.