
Abbandono, trascuratezza emotiva, assenza di ascolto, fino ad arrivare a intimidazioni verbali, punizioni fisiche, omicidi. Ogni giorno milioni di adolescenti nel mondo crescono in ambienti incapaci di offrire cura, attenzione e protezione, ma non solo: spesso sono vittime di violenze che partono da chi dovrebbe proteggerli.
Tuttavia, a oggi i numeri parlano chiaro e illustrano scenari più che preoccupanti, come si evince in occasione della Giornata Internazionale dei Bambini Innocenti Vittime di Aggressioni del 4 giugno: secondo i dati raccolti dall’Unicef in 83 paesi, oltre la metà degli adolescenti tra i 10 e i 14 anni è stata sottoposta a forme di disciplina violenta nel 2024.
Realtà come la milanese Fondazione Asilo Mariuccia sono in prima linea per “spezzare il ciclo del disagio e della violenza”, fornendo un percorso di accoglienza, sostegno e formazione a ciascuno dei ragazzi che arriva in struttura: “E lo facciamo partendo da ciò che spesso manca: il rispetto dell’identità di ciascuno. Questo progetto è una sfida culturale tanto quanto sociale: dimostrare che nessun ragazzo è irrecuperabile, se trova adulti capaci di crederci davvero”, dichiara Emanuela Baio, presidente della Fondazione Asilo Mariuccia
In tutto il mondo, milioni di adolescenti vivono una quotidianità segnata dalla violenza fisica, psicologica e verbale. Violenza spesso invisibile, perché consumata tra le mura domestiche e perpetrata da genitori o familiari, che si manifesta anche attraverso forme di trascuratezza, abbandono e mancanza di cura. Secondo i dati dell’Adolescents Data Portal 2024 dell’UNICEF in 83 dei 91 paesi analizzati, più di un adolescente su due ha subito forme di disciplina violenta, come punizioni fisiche, minacce o aggressioni verbali; in alcuni stati, la percentuale supera il 90%. Anche la violenza letale è una realtà: l’OMS segnala che ogni 13 minuti un minore muore per omicidio, con circa 40.000 vittime all’anno e un’incidenza maggiore nei maschi tra i 15 e i 19 anni. Le conseguenze della violenza, anche per chi sopravvive, sono gravi e durature: ansia, depressione, dipendenze, comportamenti a rischio e scarso rendimento scolastico. Eppure, prevenire è possibile. Secondo l’OMS, infatti, esistono misure che possono ridurre la violenza fino al 50%, come il sostegno alla genitorialità, gli interventi scolastici per lo sviluppo di competenze sociali, servizi sanitari e sociali a misura di bambino, leggi severe e la riduzione dei fattori di rischio (alcol, armi, insicurezza online). Alcuni paesi stanno già intervenendo ma resta ancora molto da fare: circa 9 bambini su 10 vivono in paesi dove punizioni corporali, abusi e sfruttamento non sono pienamente vietati. L’obiettivo 16.2 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che si propone di eliminare ogni forma di violenza sui minori entro la fine del decennio è, purtroppo, ancora lontano. Si pensi per esempio all’America Latina, dove vive meno del 10% della popolazione adolescente mondiale, ma in cui si concentra oltre il 40% degli omicidi giovanili. Un impegno che si rinnova ogni anno, il 4 giugno, in occasione della Giornata Internazionale dei Bambini Innocenti Vittime di Aggressioni, istituita dall’ONU nel 1982 per ricordare e proteggere i più indifesi tra le vittime.
In Italia, la violenza contro i minori – che si manifesta in contesti domestici o scolastici, con forme verbali, fisiche, psicologiche o, più subdole, come abbandono, trascuratezza emotiva e mancanza di cura – è ancora sottovalutata e spesso non denunciata. Servono più formazione per gli adulti, servizi territoriali, assistenza psicologica e campagne di sensibilizzazione per superare una cultura che, in alcuni contesti, considera la violenza un mezzo educativo. In questo scenario si inserisce l’impegno della Fondazione Asilo Mariuccia Onlus, attiva dal 1902 nel sostegno a donne e minori in difficoltà, con circa 290 persone assistite ogni anno.
Nella sede di Porto Valtravaglia (Varese), la Fondazione porta avanti il progetto “Un Porto Nuovo”, rivolto a minori tra i 14 e i 18 anni, tra cui ragazzi con disagi familiari, minori stranieri non accompagnati e giovani provenienti dal circuito penale. L’obiettivo è accogliere e formare fino a 90 ragazzi al giorno, promuovendone l’inclusione sociale e l’autonomia lavorativa. Un traguardo possibile anche grazie a una campagna di crowdfunding realizzata in collaborazione con Banca Intesa Sanpaolo, che punta a raccogliere 400.000 euro per realizzare parte dei lavori di recupero della struttura di un investimento complessivo di 3 milioni di euro. Lo testimoniano anche le parole di Emanuela Baio, presidente della Fondazione Asilo Mariuccia: “I dati parlano chiaro: numeri che richiamano con forza la responsabilità collettiva di proteggere i più vulnerabili e di creare spazi sicuri e opportunità di recupero. In questo contesto si inserisce “Un Porto Nuovo”, un progetto con cui ci impegniamo non solo ad accogliere, ma anche ad agire concretamente ogni giorno per spezzare il ciclo del disagio e della violenza. Vogliamo offrire ai ragazzi la possibilità concreta di rimettersi in piedi, attraverso formazione, ascolto e relazioni sane. Qui non si giudica, si costruisce — continua Baio — Restituiamo dignità, fiducia, autonomia lavorativa. E lo facciamo partendo da ciò che spesso manca: il rispetto dell’identità di ciascuno. Questo progetto è una sfida culturale tanto quanto sociale: dimostrare che nessun ragazzo è irrecuperabile, se trova adulti capaci di crederci davvero”.
Dal 2001, presso la sede di Porto Valtravaglia, la Fondazione Asilo Mariuccia ha attivato un laboratorio di educazione al lavoro, pensato per offrire ai ragazzi un primo approccio al mondo professionale e accompagnarli nel percorso verso l’autonomia, un intervento per contrastare il disagio giovanile e costruire spazi sicuri, in cui i minori, anche i cosiddetti Net, hanno potuto ritrovare fiducia, riconoscere il proprio valore e riprendere in mano il proprio futuro. Per Fondazione Asilo Mariuccia l’inserimento lavorativo è il primo passo per garantire ai ragazzi una prospettiva di integrazione, all’interno della società, anche come cittadini. A testimoniare la validità di questo approccio, c’è la storia di Amen, 22 anni, originario della Tunisia. La sua è la storia di un ex minore non accompagnato che, grazie alla propria forza di volontà e al percorso educativo intrapreso con la Fondazione Asilo Mariuccia, è oggi un giovane imprenditore in erba. Un esempio tangibile di integrazione, impegno e gratitudine, che dimostra come, se supportati nel modo giusto, anche i percorsi più difficili possano diventare storie di rinascita: “Ho lasciato la mia terra sei anni fa con mia madre e mio fratello. Durante il viaggio verso l’Italia, dopo nove ore in acqua, il mio unico obiettivo era arrivare. Dopo un primo periodo in Sicilia, siamo riusciti con molte difficoltà a trasferirci al Nord. A 16 anni, io e mio fratello, dormivamo in strada e con un intervento della Questura siamo entrati nella comunità dell’Asilo Mariuccia. Quegli anni sono stati fondamentali per costruire la mia persona: ho imparato a lavorare sui miei difetti, a convivere con gli altri ragazzi e a trovare il mio spazio, grazie anche agli educatori. Oggi vivo e lavoro a Luino come addetto ortofrutta, barista e receptionist con un contratto a tempo indeterminato. Il mio sogno è lanciare un mio brand di abbigliamento: la moda è la mia passione e voglio usarla per raccontare la mia storia. Voglio dimostrare che, se ti impegni e dai il massimo, ce la puoi fare davvero” racconta Amen.