AMBIENTE: AL FORUM “RISORSA MARE” GRANDE ASSENTE LA BIODIVERSITÀ

Il futuro dell’umanità dipende dalla salute degli oceani e della biodiversità marina, che ci garantiscono ossigeno, cibo, medicine, sviluppo e vita. Il Mediterraneo è uno dei mari con il più elevato rapporto biodiversità/superficie: ricoprendo meno dell’1% della superficie degli oceani, ospita fino al 18% di tutte le specie marine conosciute. Un mare che con la ricchezza dei suoi ecosistemi può generare un valore annuo di 450 miliardi di dollari

Eppure, al Forum Risorsa Mare, che si è tenuto il 14 e 15 settembre a Trieste con la partecipazione della Presidente del Consiglio e di tutti i Ministri con le principali competenze sul mare per discutere di filiera del mare e opportunità di sviluppo derivanti dal mare, la parola biodiversità è stata la grande assente. In un contesto, quello del Forum, in cui si parla di crescita (energetica, cantieristica, portuale, tecnologica ed economica), non si può dimenticare l’ecosistema entro i cui limiti deve avvenire tale crescita. Limiti che sono già stati ampiamente superati nel Mediterraneo e in Italia: il 73% degli stock ittici sono sovrasfruttati da una pesca eccessiva e ancora troppo spesso illegale, 25% delle specie animali marine nel Mediterraneo a rischio di estinzione. Ma i rifugi in cui la biodiversità marina può ormai prosperare, o quantomeno sopravvivere, sono risicati: il 92% dello spazio marittimo entro le acque territoriali italiane e il 73% del mare aperto, sono già occupati dalle attività antropiche, mentre solo una minima parte risulta protetto, e ancora meno gestito in modo che possa effettivamente considerarsi tale.

Nell’intervento del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Pichetto Fratin, il tema ambientale viene relegato, in fondo al discorso, al problema plastica, senza però menzionare la necessità di un impegno ministeriale sulla legge Salvamare, adottata nel 2022 proprio per contrastare il problema dei rifiuti in mare, ma ancora scatola vuota in attesa di decreti attuativi. Altra tematica affrontata negli interventi del Presidente del Consiglio e del Ministro Pichetto Fratin, è stata quella dello sfruttamento delle risorse presenti nei fondali marini: diversi sono stati gli interventi in questi due giorni che hanno sottolineato la necessità di innovazione tecnologica per poter sfruttare le risorse minerarie dei fondali oceanici, senza però curarsi dei danni che l’estrazione mineraria nei fondali potrebbero portare, in maniera potenzialmente irreversibile, alla biodiversità marina, cruciale per la resilienza degli oceani contro gli impatti della crisi climatica. Ricordiamo che sono sempre più numerosi i Paesi, le aziende e gli istituti di investimento che supportano una moratoria contro l’esplorazione dei fondali marini, moratoria apertamente supportata dall’Italia stessa all’ultimo congresso della IUCN.

Nel Piano Mare presentato al Forum, il capitolo ambiente sembra essere trattato solo in riferimento al cambiamento climatico, ma la lotta al cambiamento climatico e quella alla perdita di biodiversità sono due facce della stessa medaglia, che vanno affrontate insieme, a rischio di essere lotte al vento.

Durante questi due giorni il mare è stato considerato solo come risorsa da sfruttare, come mezzo per accrescere il prestigio e riportare l’Italia al centro del panorama mediterraneo ed internazionale, come fonte e destinatario di investimenti massicci per aumentare una crescita economica che non sembra tenere in considerazione l’impatto ambientale di una crescita smodata del settore della logistica, del trasporto, del turismo e dell’estrazione mineraria. Modelli di sistemi alimentari che tengono in considerazione la sostenibilità come uno slogan e non come base sulla quale devono essere costruiti, porteranno solamente ad un esaurimento degli stock ittici e ad una crisi ancora più grave del settore della pesca, soprattutto della pesca artigianale, già pesantemente impattata da politiche che la non prendono in considerazione fino a portarla a serio rischio di estinzione, nonostante da sola dia lavoro al 50% degli operatori della pesca in Italia, sia la realtà più radicata sul territorio e abbia la maggiore potenzialità per una coabitazione sostenibile tra uomo e ambiente. Invece di aggiungere ulteriori fattori di stress che incidono ulteriormente sulla salute del mare, già in ginocchio, è imperativo lavorare per la sua protezione e il suo ripristino, per garantire un mare sano in grado di fornire benefici sociali, economici e culturali per l’umanità nel futuro.

Noi del WWF ci auguriamo che il Piano Mare affronti adeguatamente il tema della protezione della biodiversità marina e che una seria pianificazione spaziale del nostro mare avvenga al più presto e, a differenza di quanto accaduto in questo evento, con il pieno coinvolgimento della società civile e degli enti di ricerca.