Al Sud il 40% dei fondi per innovazione e ricerca dal Recovery Plan

Il prossimo numero del Rapporto Sud del Sole 24 Ore in edicola con il quotidiano venerdì 5 febbraio in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna dedica il focus d’apertura ai progetti del Sud Italia per il Recovery Plan con un ampio reportage da cui emerge che il 40% dei fondi per la ricerca e l’innovazione previsti nel Recovery plan, circa 15 miliardi, andrà alle regioni del Mezzogiorno: si tratta di 6 miliardi circa per il Sud.

Il Recovery Plan prevede infatti per il Sud una dozzina di nuovi poli strategici per la ricerca e l’innovazione: il Piano stanzia 600 milioni destinati esclusivamente alla creazione degli “ecosistemi di innovazione” meridionali, oltre a una quota significativa (ma non definita) della cifra di 1,3 miliardi da investire in tutta Italia con lo stesso obiettivo. Oltre, ancora, a una fetta della dote da 1,6 miliardi per le reti tematiche nazionali. In conclusione, dei 3,5 miliardi aggiuntivi che il Recovery Plan destina alle nuove infrastrutture per la ricerca e l’innovazione, al Mezzogiorno potrebbe arrivare almeno il 50%. In cifre 1,7 miliardi circa. Di certo, saranno istituiti almeno otto “Ecosistemi dell’innovazione”; ci saranno tre o quattro “Reti Tematiche”. A Napoli, la Rete denominata “Agritech”. Con questi si vogliono replicare le esperienze positive di Napoli-San Giovanni a Teduccio, il Polo della università Federico II che ospita una parte dei corsi di Ingegneria, il centro di calcolo Cetma e numerose Academy. Dopo quella di Apple, hanno scelto di localizzare Academy a Napoli Est anche Cisco, Intesa Sanpaolo, Fs, Deloitte. La piccola “Silicon Valley” di Cosenza e l’Istituto per la Microelettrica e i Microsistemi del Cnr di Catania.

Intanto, si legge ancora nel Rapporto Sud del Sole 24 Ore di venerdì 5 febbraio, sempre in tema di Recovery Plan, dal Mezzogiorno arriva una obiezione chiara indirizzata al governo. «Nel Recovery Plan poca attenzione alle infrastrutture per il Sud», è quanto in sintesi, sostengono imprenditori, economisti e amministratori delle regioni meridionali, dopo aver letto ed analizzato il Recovery Plan all’esame del Parlamento. Chiesti fondi e progetti per Gioia Tauro, alta velocità e Ponte sullo Stretto.

 

Il supplemento del Sole 24 Ore dedicato alle regioni del Mezzogiorno riserva un approfondimento alla Calabria che resta fanalino di coda e la pandemia ha fatto emergere tutte le criticità di questa regione. Una terra avviluppata nella rete della ’ndrangheta come dimostrano ancora le ultime inchieste della magistratura che coinvolgono boss, imprenditori e politici. L’aula bunker – evidenzia il Rapporto Sud – costruita a Lamezia Terme per il maxi-processo alle ’ndrine sembra essere diventata il simbolo di questa terra. A ciò si aggiunga la crisi economica. Secondo la Svimez il calo del Pil in Calabria causato dalla pandemia da Covid è stato dell’8,9% e si prevede un magro recupero dello 0,6 per cento. Secondo una stima negli ultimi dieci anni sono stati quasi 4.000 l’anno i laureati che hanno lasciato la Calabria per andare a lavorare in altre regioni soprattutto al Nord.  Poi ci sono problemi strutturali. Il primo, in tempi di pandemia, è quello che riguarda la sanità che è commissariata ormai da decenni: l’ultimo commissario, dopo le disavventure e le gaffe dei suoi predecessori, è il prefetto Guido Longo il quale ha sciolto il nodo del piano anti-Covid ma si trova alle prese con un disavanzo che si aggira sui 200 milioni.

Ma dagli imprenditori arriva un appello a non demonizzare la regione, a trovare un nuovo modo per raccontare le eccellenze, le cose buone soprattutto per dare fiducia ai giovani. Lo dice il presidente della Piccola industria di Unindustria Calabria Daniele Diano che chiede interventi strutturali al governo: «Servono con urgenza l’alta velocità e la connessione a banda larga per evitare di essere tagliati fuori da tutto». Su questo numero anche un’intervista José Rallo, l’imprenditrice siciliana da ottobre scorso nel consiglio di amministrazione dell’Ice che ci racconta la strategia per fronteggiare la crisi Covid e le misure Ice a sostegno delle imprese.

 

Tra le storie da segnalare quella del distretto del farmaceutico: nel terzo trimestre 2020 l’export ha segnato, come variazione tendenziale a prezzi correnti, un aumento del 10,3%, quasi il triplo del ritmo di crescita nazionale, pari al 3,9%. Per l’export delle regioni meridionali è – come si legge nel Rapporto Monitor di Banca Intesa sui distretti produttivi – l’ottavo incremento consecutivo, con valori ai massimi storici, circa 854 milioni nel periodo luglio-settembre 2020, con destinazione, per l’80%, verso i mercati avanzati, in primis Usa.

 

E poi quella del vino Susumaniello un vitigno a bacca nera quasi scomparso nell’area messapica è diventato protagonista della storia economica di un intero territorio. Riscoperto nei primi anni 2000 da Luigi Rubino, un giovane vitivinicoltore in una delle tenute di famiglia a pochi chilometri da Brindisi. Con il tempo il Susumaniello è diventato il vitigno dell’intera filiera vitivinicola salentina.  Altri vitivinicoltori hanno deciso di coltivarlo e così i 40 ettari del 1996 sono diventati poco meno di 300, diffusi principalmente tra le province di Brindisi e Lecce.