ABUSI MINORI: PER GAP FORMATIVO NON VENGONO RICONOSCIUTI IN UN OSPEDALE SU DUE

A metterlo in luce è una recente indagine condotta in 148 ospedali di 29 paesi europei, da cui emerge che nella metà dei pronto soccorso il personale sanitario, compreso quello italiano, non ha strumenti conoscitivi né protocolli standard per riconoscere e contrastare gli abusi sui minori. 

Tutto ciò, nonostante nel nostro Paese con l’emergenza Covid, gli abusi sui minori abbiano raggiunto dimensioni “pandemiche”, con il triste record di oltre 6mila reati commessi a danno dei minori nel 2021, in aumento dell’8% rispetto al 2020, in base al recente rapporto della Polizia di Stato.

Roma Puntare sulla formazione dei giovani specializzandi, futuri pediatri del Servizio Sanitario Nazionale, per avere un impatto positivo sulla gestione e prevenzione degli abusi sui minori anche nei pronto soccorso degli ospedali italiani, dove nella metà delle strutture gli operatori sanitari dichiarano di non avere strumenti conoscitivi adeguati per identificare i minori vittime di abusi, negligenze e maltrattamenti. A evidenziare questa gravissima lacuna, comune alla maggior parte dei paesi europei, Italia compresa, è un’indagine condotta su 148 ospedali di 29 paesi, tra il personale dei pronto soccorso, dove è probabile che i bambini vittime di lesioni a causa di abusi, possono arrivare. La ricerca è stata appena presentata al Congresso europeo di Medicina dell’Emergenza che si è svolto a Berlino, a pochi giorni di distanza dalla diffusione di un allarmante rapporto della Polizia di Stato, secondo cui nel 2021 i reati commessi nel nostro Paese a danno dei minori hanno superato il triste record di 6mila nuovi casi. E’ in questo drammatico scenario che, in vista della Giornata mondiale dei diritti dei bambini, Menarini rilancia “Facing abuse: emersione e comunicazione negli abusi infantili e adolescenziali”, progetto realizzato con il contributo non condizionante di Menarini e il patrocinio della Società Italiana di Pediatria (SIP), di corsi formativi rivolti per la prima volta a giovani medici in formazione delle Scuole di Specializzazione di Pediatria su tutto il territorio nazionale, allo scopo di aiutarli a identificare e riconoscere i  segnali di maltrattamento nelle diverse forme. Responsabili scientifici del progetto sono il prof. Pietro Ferrara e il prof. Gian Luigi Marseglia.

 

Dopo l’incontro di ieri a Roma, presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, l’iniziativa proseguirà fino a metà dicembre in altre 8 sedi delle università coinvolte.

 

         “In Italia non è ancora promossa in maniera incisiva, già a partire dai corsi di laurea, la formazione dei pediatri per riconoscere gli abusi, che generalmente sono caratterizzati da ‘segnali’ che devono essere decodificati perché le violenze sui minori non sono patologie in cui, costantemente, è presente un sintomo specifico di una determinata malattia – dichiara Pietro Ferrara, coordinatore del progetto, referente nazionale della Società Italiana di Pediatria (SIP) per abusi e maltrattamenti e professore di Pediatria presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma -. I segnali di allarme vanno dunque intercettati e nelle Scuole di Specializzazione si parla troppo poco di abusi sui minori che invece hanno come figura centrale il pediatra, che deve possedere una formazione specifica per affrontare questo delicato aspetto della salute dei giovanissimi. Da qui l’importanza del progetto volto a favorire la capillare diffusione a livello universitario delle conoscenze sui temi dell’abuso e del maltrattamento durante l’età infantile e adolescenziale, prendendo in considerazione, non solo le manifestazioni fisiche, ma anche quelle psicologiche come la violenza assistita, le dipendenze o il bullismo”.

 

Si tratta di un’iniziativa quanto mai indispensabile dopo l’emergenza Covid. “La pandemia infatti ha complicato ancora di più le cose – sottolinea Ferrara – I tentacoli dell’abuso sui minori si sono fatti ancora più intricati e contorti e allo stesso tempo, specialmente durante le fasi di lockdown, è diventato più difficile intercettare l’abuso a causa del forzato isolamento, del distanziamento sociale e anche della ridotta frequenza di accesso ai pronto soccorso pediatrici. Tante le nuove modalità in cui si è manifestato l’abuso in era Covid, a cominciare dalla violenza assistita fino all’abuso da trascuratezza, con bambini abbandonati a se stessi, privati delle cure primarie di base fisiche, come la pulizia e il nutrimento, ed emotive. La pandemia ha dunque esacerbato situazioni e problematiche familiari, molto spesso all’origine di abusi sui minori – continua Ferrara. A favorire questa escalation anche la sempre più diffusa tendenza dei bambini e dei ragazzi a rifugiarsi nella ‘rete’ che li ha esposti ancor di più al rischio di adescamenti, abusi sessuali online e cyberbullismo ancora più subdoli e meno facilmente individuabili”.

 

Il rapporto diffuso della Direzione Centrale Polizia Criminale segnala infatti un drammatico aumento dell’8% dei reati a danno di minori dal 2020, quando i casi erano 5.789 e dal 2004, quando i casi erano 3.311. Il totale dei reati segnalati sono stati 6.248, per il 64% ai danni di bambine e ragazze e alimentati dalla violenza sessuale, che registra anch’essa uno sconfortante record assoluto con 1.332 casi.

        

“Durante i corsi gli specializzandi avranno l’opportunità di ricevere da esperti di comunicazione, tecniche e suggerimenti da applicare quando ci si approccia al minore e alla sua famiglia, per imparare ad interpretare anche la gestualità e il linguaggio non verbale. Per questi giovani medici – conclude Ferrara – è un’importante occasione di approfondimento e confronto su un tema delicato e complesso che mai come oggi richiede una particolare attenzione e preparazione specifica per essere affrontato”.