
Dichiarazione di Chiara Lalli, Mirella Parachini e Anna Pompili, responsabili della campagna dell’Associazione Luca Coscioni Aborto senza ricovero…
La vicenda siciliana ripropone la questione della garanzia di un servizio medico essenziale, quale l’interruzione volontaria della gravidanza (IVG), anche laddove ci siano alte percentuali di obiezione di coscienza tra i ginecologi. L’articolo 9 della legge 194, quello che permette al personale sanitario di sollevare obiezione di coscienza, è certamente il più applicato, ma non – guardacaso – nella sua interezza.
La seconda parte, infatti, impone agli “enti ospedalieri” e alle “case di cura autorizzate” di assicurare “in ogni caso l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione”. La legge stessa, dunque, fornisce gli strumenti per garantire alle donne l’accesso all’IVG. Basterebbe applicarla, il che vale anche per le strutture sanitarie con il 100% di obiettori di coscienza, che sono comunque tenute ad assicurare il percorso per l’IVG.
C’è poi l’aggiornamento delle linee di indirizzo ministeriali sulla IVG farmacologica che permettono la deospedalizzazione della procedura. Sono passati ben 5 anni, e solo in due Regioni è ammessa, con la possibilità di autosomministrazione del misoprostolo a domicilio. È evidente che, anche se non risolutiva, la deospedalizzazione limiterebbe enormemente il peso dell’obiezione di coscienza sull’accesso all’IVG. C’è da chiedersi come mai proprio nelle Regioni – come la Sicilia – dove questi ostacoli sono più pesanti e dove i bilanci della sanità sono più problematici, non si sia pensato a questa semplice soluzione.
Ecco perché abbiamo lanciato la campagna ABORTO SENZA RICOVERO. Per garantire a tutte le donne di scegliere, per non sprecare risorse preziose e per chiedere ai consigli regionali di approvare procedure chiare e uniformi per l’aborto farmacologico in modalità ambulatoriale e senza ricovero.
L’aborto con il metodo farmacologio è sicuro ed efficace e il ricovero non ne aumenta la sicurezza, ma ne decuplica i costi. È il principio dell’appropriatezza delle procedure: a parità di efficacia e di sicurezza, se la persona che deve esservi sottoposta la richiede, deve essere privilegiata la modalità assistenziale che comporta minore spreco di risorse per la sanità pubblica.
È un dovere non solo per evitare lo spreco di risorse, ma anche – in questo caso – per garantire il diritto di scelta delle donne, un principio irrinunciabile e che dovrebbe essere sempre garantito.