Il riposo settimanale dei lavoratori

Il sig. António Fernando Maio Marques da Rosa ha lavorato dal 1991 al 2014 presso la società Varzim Sol – Turismo, Jogo e Animação («Varzim Sol»), la quale possiede e gestisce un casinò in Portogallo. Il casinò è aperto tutti i giorni, eccetto il 24 dicembre, dal pomeriggio fino al mattino seguente. Durante gli anni 2008 e 2009, il sig. Maio Marques da Rosa ha lavorato talvolta sette giorni consecutivi. A partire dal 2010, la Varzim Sol ha modificato l’organizzazione degli orari di lavoro, affinché i dipendenti lavorassero al massimo sei giorni consecutivi. Poiché il suo contratto di lavoro è stato risolto nel marzo 2014, il sig. Maio Marques da Rosa ha proposto un ricorso contro la Varzim Sol volto a far dichiarare, in sostanza, che quest’ultima non gli aveva concesso i giorni di riposo obbligatori cui egli riteneva di aver diritto. A tal riguardo egli ha chiesto il versamento di talune indennità e il risarcimento dei danni in misura pari al compenso per le ore straordinarie effettuate.
La direttiva sull’organizzazione dell’orario di lavoro prevede che ogni lavoratore benefici, per ogni periodo di 7 giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore a cui si sommano le 11 ore di riposo giornaliero.
Nutrendo dubbi sull’interpretazione della direttiva, il Tribunal da Relação do Porto (Corte d’appello di Porto) chiede alla Corte di giustizia se il periodo minimo di riposo settimanale ininterrotto di 24 ore cui un lavoratore ha diritto debba essere concesso al più tardi il giorno successivo a un periodo di sei giorni di lavoro consecutivi .
Con la sua sentenza odierna, la Corte dichiara che il diritto dell’Unione richiede non già che il periodo minimo di riposo settimanale sia concesso entro il giorno successivo a un periodo di sei giorni di lavoro consecutivi, bensì che sia concesso nell’ambito di ogni periodo di sette giorni.
La Corte considera, anzitutto, che l’espressione «per ogni periodo di 7 giorni» non contiene alcun rinvio al diritto nazionale degli Stati membri e costituisce quindi una nozione autonoma del diritto dell’Unione, che deve essere interpretata in modo uniforme.
La Corte procede, poi, a un’analisi del tenore letterale, del contesto e dell’obiettivo della direttiva. Per quanto riguarda il tenore letterale, la Corte dichiara che risulta dal testo stesso della direttiva che gli Stati membri hanno l’obbligo di garantire che ogni lavoratore benefici, per ogni periodo di 7 giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore (a cui si sommano le 11 ore di riposo giornaliero previste), senza precisare il momento in cui tale periodo minimo di riposo deve essere concesso.
Per quanto riguarda, poi, il contesto nel quale si colloca l’espressione «per ogni periodo di sette giorni», la Corte ritiene che detto periodo potrebbe essere considerato come un periodo di riferimento, ossia un periodo fisso nell’ambito del quale deve essere concesso un certo numero di ore consecutive di riposo, indipendentemente dal momento in cui le stesse sono concesse.
Per quanto concerne, infine, l’obiettivo della direttiva, la Corte ricorda che quest’ultima è finalizzata a proteggere in modo efficace la sicurezza e la salute dei lavoratori. Ogni lavoratore deve quindi beneficiare di periodi di riposo adeguati. Tuttavia, la direttiva consente una certa flessibilità nella sua attuazione, conferendo, infatti, agli Stati membri un margine di discrezionalità riguardo alla fissazione del momento in cui tale periodo minimo deve essere concesso. Detta interpretazione può risultare favorevole al lavoratore, poiché consente di concedergli più giorni di riposo consecutivi alla fine di un periodo di riferimento e all’inizio di quello successivo.
Da ultimo, la Corte sottolinea che la direttiva si limita a stabilire norme minime di protezione del lavoratore in materia di organizzazione dell’orario di lavoro. Gli Stati membri possono dunque applicare o introdurre disposizioni più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori oppure favorire o consentire l’applicazione di contratti collettivi o accordi più favorevoli conclusi fra le parti sociali.