
Sono due i limiti che hanno caratterizzato la proposta di manovra per la legge di Bilancio 2018, presentata ieri dal presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni e dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan: i vincoli europei (che ci siamo dati) e le elezioni del prossimo anno.
Dei 20,4 miliardi della manovra, 15,7 sono impegnati per non far aumentare l’Iva, poiché non abbiamo ridotto la spesa pubblica; il resto è sbriciolato in diversi settori, tenendo presente le elezioni prossime e quindi il consenso elettorale. Rimangono, quindi, 4,7 miliardi dei quali 2 miliardi, circa la metà della manovra, sono per gli aumenti agli statali, poi decontribuzioni, assunzioni, ape, povertà,bonus, ecc.
I soldi sono pochi ma si poteva fare di più ed essere lungimiranti, andare con la vista oltre la scadenza elettorale. Per esempio, si poteva puntare sulla scuola per l’aggiornamento e la formazione (siamo sempre agli ultimi posti per la preparazione degli alunni che sono il futuro), investire in ricerca e rinnovare il nostro patrimonio edilizio.
Insomma, una manovrina, in attesa che un nuovo governo abbia durata quinquennale e lungimiranza di idee.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc