Gli Stati membri devono rilasciare un visto per ragioni umanitarie

Il 12 ottobre 2016 una coppia siriana e i loro tre figli in tenera età, di cittadinanza siriana, abitanti ad Aleppo (Siria), hanno presentato richieste di visto presso l’ambasciata del Belgio a Beirut (Libano). Essi sono rientrati in Siria il 13 ottobre 2016. Le domande erano dirette ad ottenere visti con validità territoriale limitata, in base al codice dei visti dell’UE , per consentire a tale famiglia di lasciare Aleppo, città sotto assedio, al fine di introdurre una richiesta d’asilo in Belgio. Uno di essi dichiara, segnatamente, di essere stato rapito da un gruppo armato, picchiato e torturato, prima di essere infine liberato dietro pagamento di un riscatto. Essi insistono particolarmente sul degrado della situazione della sicurezza in Siria in generale e ad Aleppo in particolare, nonché sul fatto che, essendo di religione cristiana ortodossa, essi rischiano di essere perseguitati per la loro fede religiosa. Aggiungono altresì che è impossibile per loro farsi registrare come rifugiati nei paesi limitrofi, tenuto conto, in particolare, della circostanza che la frontiera tra il Libano e la Siria è stata nel frattempo chiusa.
Il 18 ottobre 2016 l’Office des étrangers (Ufficio stranieri, Belgio) ha respinto tali domande, ritenendo che, nel richiedere un visto a validità territoriale limitata per presentare una richiesta d’asilo in Belgio, la famiglia siriana in questione avesse manifestamente l’intenzione di soggiornare più di 90 giorni in Belgio . Detto Ufficio sottolinea, in particolare, che gli Stati membri non sono obbligati ad ammettere nel loro territorio ogni persona che viva in una situazione di catastrofe.
La famiglia siriana ha pertanto chiesto al Conseil du contentieux des étrangers (Consiglio del contenzioso degli stranieri, Belgio) la sospensione dell’esecuzione delle decisioni di rifiuto di visto in base alla procedura nazionale di estrema urgenza. Tale organo giurisdizionale ha deciso, avanzando domanda di applicazione del procedimento pregiudiziale d’urgenza, di chiedere alla Corte l’interpretazione del codice dei visti, nonché degli articoli 4 (proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti) e 18 (diritto di asilo) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Nelle sue conclusioni presentate in data odierna l’avvocato generale Paolo Mengozzi giunge anzitutto alla conclusione che la situazione della famiglia siriana di cui trattasi è regolata dal codice dei visti e, pertanto, dal diritto dell’Unione.
Egli ritiene altresì che, nell’adottare una decisione ai sensi del codice dei visti, le autorità di uno Stato membro danno attuazione al diritto dell’Unione e sono, pertanto, tenute al rispetto dei diritti garantiti dalla Carta.
L’avvocato generale Mengozzi sottolinea a tal riguardo che i diritti fondamentali sanciti dalla Carta, il cui rispetto si impone a ogni autorità degli Stati membri che agisca nell’ambito del diritto dell’Unione, sono garantiti ai destinatari degli atti adottati da siffatta autorità indipendentemente da qualsiasi criterio di territorialità.
Alla questione se uno Stato membro sia tenuto a rilasciare un visto per motivi umanitari, allorché ricorre una situazione nella quale esiste un rischio certo di violazione, in particolare, dell’articolo 4 della Carta, l’avvocato generale risponde affermativamente e ciò indipendentemente dall’esistenza o meno di legami tra la persona e lo Stato membro richiesto.
L’avvocato generale si oppone ad un’interpretazione del codice dei visti in base alla quale quest’ultimo conferirebbe agli Stati membri unicamente una semplice abilitazione a rilasciare tali visti. La sua posizione si fonda tanto sul tenore letterale e sulla struttura delle disposizioni del codice dei visti quanto sulla necessità per gli Stati membri, nell’ambito del loro margine di discrezionalità, di rispettare i diritti garantiti dalla Carta nell’applicare tali disposizioni.
In tale contesto il margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri è necessariamente inquadrato dal diritto dell’Unione.
Per l’avvocato generale è innegabile che in Siria i ricorrenti erano esposti, quanto meno, a rischi reali di trattamenti inumani di estrema gravità rientranti manifestamente nell’ambito di applicazione del divieto previsto all’articolo 4 della Carta. Alla luce in particolare delle informazioni disponibili sulla situazione in Siria, l’État belge (Stato belga) non poteva concludere di essere esonerato dal soddisfare il suo obbligo positivo a norma dell’articolo 4 della Carta.
L’avvocato generale Mengozzi propone, pertanto, alla Corte di rispondere al Conseil du contentieux des étrangers dichiarando che lo Stato membro, al quale un cittadino di un paese terzo chiede il rilascio di un visto a validità territoriale limitata per ragioni umanitarie, è tenuto a rilasciare siffatto visto se esistono fondati motivi per ritenere che il rifiuto di procedere al rilascio di tale documento condurrà alla diretta conseguenza di esporre il suddetto cittadino a subire trattamenti vietati dall’articolo 4 della Carta, privandolo di un mezzo legale per esercitare il suo diritto a richiedere la protezione internazionale in detto Stato membro.