CONTRATTI – metalmeccanici recuperano tutta l’inflazione persa, per i dipendenti pubblici aumenti ridicoli

Il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici 2016-2019, sottoscritto dai sindacati di settore con Confindustria, rende ancora più modesto l’accordo che si sta producendo sul comparto pubblico ed il personale della scuola: per i metalmeccanici, infatti, è previsto il “recupero del 100% dell’inflazione per tutta la durata del contratto e riconoscimento pieno degli scatti di anzianità”. Questo significa che a tutti i lavoratori di comparto “verrà riconosciuta l’inflazione con gli aumenti del contratto nazionale. Verrà calcolata expost, ovvero dopo che a maggio sarà reso noto dall’Istat il valore dell’Ipca (indice dei prezzi al consumo armonizzato a livello europeo), nella busta paga di giugno sarà erogato l’aumento dell’anno precedente”.

Anief-Cisal ritiene che il modello di rinnovo del contratto, introdotto poche ore fa per il settore metalmeccanico, possa essere adottato anche per i 3 milioni e 300mila dipendenti del pubblico impiego che, a seguito del blocco contrattuale che si trascina dal 2009, si ritrovano oggi uno stipendio arretrato di quasi il 20 per cento rispetto all’inflazione. Concedere agli statali solo 85 euro di aumento-miseria, come proposto dal Ministro per la Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, peraltro non si comprende con quali finanziamenti, poiché la dotazione di 1,48 miliardi di euro per il 2017 e 1,39 miliardi di euro dal 2018 previsti nella legge di bilancio sono ampiamente insufficienti, rappresenterebbe solo un “contentino” al comparto più corposo della pubblica amministrazione.

Se sono queste le condizioni – unitamente ad alcune modifiche normative del Ccnl – a cui dovranno sottostare i sindacati Confederali mercoledì prossimo, giorno della convocazione dei segretari generali, per giungere all’accordo definitivo sul rinnovo contrattuale della P.A., c’è davvero poco da festeggiare. A fronte di uno stipendio lordo medio di 1.700 euro, l’incremento minimo relativo all’indennità di vacanza contrattuale, pari al 10 per cento, sarebbe infatti di 170 euro a lavoratori e non certo di 85 euro medi come intende la parte pubblica. Se poi si volessero adeguare le buste paga dei lavoratori pubblici a quelle dei privati, la somma dovrebbe raddoppiare: l’aumento per far tornare le buste paga dei dipendenti pubblici sopra il costo della vita è, pertanto, pari ad oltre 300 euro.

“Non si tratta affatto di cifre esposte in libertà – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – , perché è stato di recente l’Istat a calcolare che nel 2016 gli stipendi dei lavoratori statali hanno raggiunto il punto più basso dal 1982. E sul ritardo clamoroso dei compensi che ricevono i dipendenti pubblici si è espressa di recente anche la Corte dei Conti; per non parlare dei giudici di alto grado, visto che la sentenza della Consulta (sulle pensioni quali retribuzioni differite), di un anno e mezzo fa, ne impone, per analogia, la perequazione automatica al di là della firma del contratto, e la stessa Corte Costituzionale nel 2015 ha reputato illegittimo il blocco dei contratti e degli stipendi pubblici”.

“Sono anni che diciamo, inascoltati, che i rinnovi di contratto si fanno rispetto all’Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato per i paesi dell’Unione, il cosiddetto Ipca: tuttavia, i parametri di riferimento adottati al tavolo contrattuale sono altri e, purtroppo, decisamente più sconvenienti per i lavoratori pubblici. Gli scatti di anzianità, poi, non si toccano ancora di più nella scuola dove – conclude Pacifico – rappresentano l’unica modalità di carriera professionale.

Anief-Cisal, pertanto, invita i lavoratori della scuola e del pubblico impiego a ricorrere in tribunale per recuperare per via giudiziaria quell’indennità di vacanza contrattuale che altrimenti verrà persa per sempre