Turismo e cultura: la regolamentazione delle Guide Turistiche discussa a Bruxelles

In occasione dell’incontro a Bruxelles sulle professioni, tra le quali quella di guida turistica, è bene ricordare che le 25.000 guide abilitate in Italia stanno già registrando un calo sensibile del loro lavoro, a seguito dell’approvazione dell’art. 3 della Legge 97/2013. Le “prestazioni temporanee ed occasionali”, permesse senza accertamento delle competenze, stanno assumendo una dimensione dilagante ed assistiamo ad usi impropri, quali la continuità di tale tipo di prestazione. Mentre le guide specializzate con anni di studio e di esperienza alle spalle rimangono senza lavoro, con gravi problemi per le loro famiglie, persone senza competenze accertate effettuano tutte le visite guidate inserite in un tour d’Italia, esibendo spesso tesserini di guida europea autoprodotti e quindi di nessun valore.

Per questo motivo, l’Associazione di Categoria Federagit- Confesercenti ha lanciato un APPELLO al Governo affinché si utilizzino nei confronti della Commissione Europea tutti gli argomenti che il diritto europeo consente, al fine di tutelare la corretta illustrazione del Patrimonio Italiano e l’occupazione qualificata in un comparto strategico per gli interessi dell’Italia.

In particolare, le guide turistiche abilitate chiedono che il Governo rivendichi con energia in Europa la specificità culturale italiana e l’unicità del suo immenso patrimonio culturale, il più esteso dei 28 Paesi dell’Unione Europea; l’Italia è il Paese del mondo cui è stato riconosciuto il maggior numero di Siti Unesco (50); che contrasti le indebite pressioni delle grandi multinazionali del turismo per ottenere la de-regolamentazione delle visite guidate, privando l’Italia di uno dei suoi beni più preziosi, e dei relativi introiti, versamenti fiscali e contributi previdenziali; che resista alle pressioni dei Tour Operator stranieri in materia di “prestazioni temporanee” delle guide europee, effettuate senza verifica delle competenze, affinché non diventino continuative; che si controlli l’effettiva temporaneità e la corretta applicazione della Direttiva Europea Professioni a questo riguardo; che si controllino gli abusi sempre più frequenti.

In base alla nuova Direttiva sulle Professioni 2013/55/UE, gli Stati europei devono presentare alla Commissione Europea una relazione sulle professioni che sono regolamentate nel loro paese. La regolamentazione deve essere giustificata da “un motivo imperativo di interesse generale”.

Secondo la Sentenza della Corte di Giustizia Europea del 26-2-1991 (Causa C-180/1989), la tutela e la valorizzazione del Patrimonio includono la sua corretta divulgazione: “L’interesse generale attinente alla valorizzazione del patrimonio storico e alla migliore divulgazione possibile delle conoscenze sul patrimonio artistico e culturale di un Paese può costituire un’esigenza imperativa che giustifica una restrizione della libera prestazione dei servizi“. Tale Sentenza stabilisce che: “i musei e monumenti storici richiedono l’intervento di una guida specializzata“.

La Direttiva 2006/123/CE stabilisce che uno Stato membro può subordinare l’accesso di un’attività ad un regime di autorizzazione (e permette deroghe all’esercizio dell’attività su tutto il territorio nazionale) se sussiste un “motivo imperativo di interesse generale” (Art. 9 e 10).

Tra i “motivi imperativi di interesse generale”, “come riconosciuto nella Giurisprudenza della Corte di Giustizia”, rientrano: “… la tutela dei destinatari di servizi, la tutela dei consumatori, la prevenzione della concorrenza sleale, gli obiettivi di politica culturale, compresa la salvaguardia dei valori sociali, culturali, religiosi e filosofici la conservazione del patrimonio nazionale storico e artistico la protezione o la promozione della diversità linguistica e culturale” (Art. 4 e Considerando n° 40 e 11).

Federagit-Confesercenti ribadisce dunque la necessità che l’Italia rivendichi con forza tali motivi imperativi riconosciuti dal diritto europeo.

Inoltre, si ricordi che il Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea stabilisce, per la libera circolazione dei lavoratori, “condizioni che evitino di compromettere gravemente il tenore di vita e il livello dell’occupazione nelle diverse regioni”.