La scuola del 1800 si conferma: profitto e studio, ma senza l’elettronica, quindi… fuori del mondo!

E’ di oggi la circolare del ministero della Pubblica Istruzione con le disposizioni per l’esame di maturità. Tra le varie indicazioni su plichi, fotocopiatrici, armadi, ambienti sani alla bisogna, etc., colpiscono le raccomandazioni contro l’uso delle apparecchiature elettroniche in sede d’esame. Pena, l’esclusione dagli esami. Alla Polizia Postale il compito di vigilare. Le scuole saranno così un bel castello dorato e isolato, la cui elaborazione immaginiamo sia stata affidata a consulenti scolastici formatisi sui testi del 1800 e sui dettami delle disposizioni dell’ultima riforma degna di questo nome, quella di Giovanni Gentile, ministro di quando nell’Italia della prima meta’ del secolo scorso il potere era esercitato dai governi Mussolini. Del resto, non potrebbe essere altrimenti, considerato quello (e come) che viene fatto studiare nelle scuole, dalla prima elementare fino all’ultimo anno di un qualsiasi istituto superiore. Certo, la cultura di base non è da sottovalutare, ma non possiamo neanche sottovalutare che nelle tre fasi della vita scolastica (elementare, media e superiore) c’è una ripetizione delle cose già studiate, ovviamente più funzionali a ragazzi più grandi, ma pur sempre le stesse. Così come non possiamo sottovalutare che non si arriva mai a studiare se non -per esempio in storia-, a stento, fino alla fine della prima guerra mondiale (cento anni fa temporalmente, ma diecimila anni fa rispetto all’evoluzione dell’umanita’). Ripetiamo: non ci stupiamo, anche pensando che nel 2015 c’è ancora l’insegnamento della religione cattolica, pur se volontario e con zero alternative per chi non si presta a questa volontarietà. Siamo forse strani quando crediamo che la scuola sia oggi (e non solo) valutata più una questione tra insegnanti, ministero e legislatori, piuttosto che il luogo in cui i nostri figli si formano e si educano? Crediamo proprio di no. In tutto il mondo l’elettronica rappresenta quanto non è necessario qui ricordare perchè tutti lo sanno. La vita e la conoscenza è migliore per tutti da quando esiste Internet e i relativi strumenti per connettersi. Dovunque si fanno e si mettono in pratica progetti dove alla base c’è la totale e diffusa accessibilità della conoscenza e delle informazioni. Dovunque, ma non nella scuola italiana. Dove sembra proprio che l’essere considerati o meno maturi o degni di passare da una classe a quella superiore, sia solo un fatto di memoria, in competizione con gli strumenti dell’elettronica. Tutti vorrebbero un figliolo bravo come Internet e in grado di fare a meno dei relativi strumenti di connessione? Se così fosse, invece di bambini, ragazzi e adolescenti, avremmo solo dei mostri… Quindi, c’è qualcosa che non torna in ciò che viene fatto studiare e nei mezzi dello stesso. Per restare in ambito mauturità: come si fa a dire che uno è maturo perchè ha preso un bel voto avendo dimostrato di avere una bella memoria e una discreta intelligenza ad organizzare la stessa? Piuttosto che uno che, avvalendosi di tutto ciò che gli offre il mondo in cui vive e che abitualmente usa una volta che ha varcato la soglia della scuola, riesce a dimostrare di essere preparato, intelligente, attento, curioso, informato? Tutta qui la differenza. Per cui -ribadiamo- stante vetusta e dannossità dell’attuale sistema scolastico, il ministero non poteva far altro che vietare ciò che ha vietato. Ma il problema è tutto in questa vetusta e dannosità, che ci fa male economicamente, umanamente, socialmente. Chissà perchè, a parte secchioni e leccaculo, e con alcune eccezioni, quasi tutti gli scolari e studenti odiano la scuola.

Vincenzo Donvito, presidente Aduc