La scuola risponde a Renzi con un grande sciopero: in 10mila sfilano a Roma

Ha avuto un successo oltre le aspettative la doppia manifestazione svolta oggi a Roma, per volontà di Anief, Unicobas e Usb, contro l’approvazione del disegno di legge 2994 sulla riforma della scuola: oltre 10mila personale hanno partecipato prima al corteo tra Piazza della Repubblica e Santi Apostoli e poi al sit-in davanti al Parlamento. Tantissimi lavoratori della scuola, di ruolo e precari, provenienti da tutte le regioni d’Italia, dopo che poche ore prima si sono svolti flash mob in tantissime città per celebrare lo stato di lutto, hanno espresso il loro dissenso verso quella riforma su cui presto si esprimerà l’Aula della Camera. Anche i dati sull’adesione allo sciopero sono confortanti, con alcune scuole che hanno dovuto sospendere la didattica per mancanza di personale.

È sempre più evidente che il personale della scuola ha compreso che non è di certo, come intende fare il Governo, trasformando i dirigenti scolastici da manager a capi d’azienda, che si risolvono i problemi organizzativi della scuola dell’autonomia. Occorre, piuttosto, dare ancora più seguito alle delibere degli organi collegiali, quindi decidere il futuro di ogni istituto in modo armonico e condiviso.

“La protesta odierna – ha detto davanti Montecitorio Marcello Pacifico, presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e candidato al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione – manda un messaggio chiarissimo ai governatori della Scuola e dello Stato: occorre tornare ad investire nel settore, assegnando all’istruzione pubblica risorse adeguate. Perché senza congrui finanziamenti è impossibile realizzare riforme. Allo stesso modo, occorre recuperare i 200mila posti in organico tagliati negli ultimi anni, di cui 50mila appartenenti al personale Ata, che potrebbero farci tornare a realizzare quel tempo scuola settimanale cancellato a seguito della riforma Gelmini e a ripristinare le quasi 4mila scuole autonome soppresse o fuse in modo incostituzionale.

“La presenza di tantissimi precari in piazza – continua Pacifico – conferma, inoltre, che questa riforma non risolverà affatto il problema del precariato: le 100mila assunzioni previste dal piano straordinario di reclutamento sono ampiamente insufficienti rispetto al fabbisogno. Rimangono fuori dalle immissioni in ruolo 70mila posti, che attraverso un serio censimento si sarebbero potuti riscontrare vacanti, anziché, come avviene oggi, reputare utili solo per contratti sino al 30 giugno. Se poi aggiungiamo i prossimi pensionamenti, si sarebbe potuti arrivare a 200mila assunzioni: allora sì che avremmo applaudito il Governo. Invece, con questo ddl si vorrebbe attuare il solito turn over e aggiungervi qualche decina di migliaia di assunzioni per allestire un organico funzionale snaturato: utile solo a utilizzare il personale neo-assunto per fare supplenze, in larga parte su cattedre non di loro competenza”.

“Mentre più di 50mila docenti, con titoli adeguati, quasi tutti abilitati e che ogni giorno prestano servizio nelle nostre scuole – continua il sindacalista Anief-Confedir -, rischiano di rimanere senza lavoro, perché perderanno la possibilità di fare supplenze e non saranno più chiamati. E che dire dei super poteri conferiti ai presidi, che faranno chiudere tante scuole visto che con la chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici, i nostri istituti si apriranno a raccomandazioni, clientelismo e nepotismo? Siamo di fronte ad un vero colpo di mano, perché si tratta degli stessi istituti dove fino a ieri i nuovi docenti erano prescelti in base ai titoli di studio conseguiti e al punteggio dei servizi svolti. Che scuola è quella di domani, dove il docente verrà scelto sulla base del parere discrezionale del preside?”.

È quello che sino sentiti chiedere i diversi parlamentari che oggi sono scesi a parlare con i manifestanti: perché i problemi che affliggono la scuola, con la riforma così come è stata strutturata, potranno solo ingigantirsi. “La giornata di oggi ci ha confermato quanto sosteniamo da settimane: il disegno di legge va cancellato oppure riscritto totalmente. Dando agli organi collegali, docenti e consiglio d’Istituto, maggiore autonomia. Non, di certo trasformando i dirigenti scolastici in ‘padri padroni’. Rispettando, tra l’altro, quanto indicato dalle norme scolastiche nazionali ed europee. Prevedendo una formazione adeguata per tutti i docenti ed il personale scolastico”.

“Perché non si può fare nessuna riforma della scuola senza ascoltare la voce del personale. Perché solo chi vive ogni giorno dietro le cattedre, nelle aule, nei laboratori scolastici, nelle segreterie e nei corridoi delle scuole ha il polso della situazione di cosa occorre cambiare per migliorare la scuola, dando suggerimenti utili a cambiare le regole. In caso contrario – conclude Pacifico –, se il Parlamento non dovesse seguire questa strada, la parola tornerà ancora alla piazza. E, se non dovesse bastare, al tribunale”.